«Mandare le persone in prigione per il possesso di marijuana ha sconvolto troppe vite, per un comportamento che è legale in molti Stati». Sono le parole che ha detto il presidente degli Stati Uniti Joe Biden in un videomessaggio pubblicato sul suo profilo Twitter, annunciando la cancellazione delle pene dei condannati per il reato federale negli USA di possesso di marijuana. Biden ha ricordato che lo aveva promesso durante la campagna elettorale per le elezioni presidenziali. «Cominciamo a riparare questi errori», ha proseguito nel video, riferendosi poi alle disparità di matrice razzista che alcuni cittadini hanno dovuto subire nei processi giudiziari. «Mentre i bianchi e i neri fanno uso di marijuana a tassi simili, i neri vengono arrestati, perseguiti e condannati a tassi sproporzionatamente più alti». Una persona nera infatti ha più del triplo delle probabilità di essere arrestata per possesso rispetto a una persona bianca, secondo un rapporto dell’A.C.L.U. che ha analizzato i dati sugli arresti per marijuana negli Stati Uniti dal 2010 al 2018.
Secondo il Washington Post con questa mossa il presidente dà una forte spinta per la legalizzazione di questa droga. Biden ha anche rivolto un invito ai governatori perché per quanto di loro competenza compiano atti di clemenza come il suo nei confronti di chi detiene la marijuana per uso personale. Ha poi detto che la sua amministrazione vuole accelerare una revisione del modo in cui la marijuana è categorizzata come droga, se debba essere ancora inserita nella tabella 1 del sistema americano di classificazione legale delle sostanze psicoattive, la stessa di eroina, LSD ed ecstasy, che contribuisce a determinare il tipo di pene previste. Cambiare categoria alla cannabis potrebbe anche rappresentare un cambiamento nel modo in cui la sostanza è considerata nel mondo, data l’influenza che gli Stati Uniti esercitano da decenni a livello internazionale sul tema delle droghe.
La cancellazione della pena riguarda tutti coloro che sono stati condannati con accuse federali di possesso di marijuana, da quando è diventato un crimine negli anni Settanta. I funzionari del governo hanno riferito al New York Times che sono circa 6.500 le persone condannate per il possesso tra il 1992 e il 2021, ma i dati non sono completi. La grazia non si applica invece alle persone condannate per vendita o distribuzione di marijuana. I funzionari hanno anche fatto sapere che non ci sono persone che stanno scontando una pena nelle carceri federali per il possesso di marijuana ma che l’azione di Biden aiuterà chi cerca di ottenere un lavoro, trovare un alloggio, iscriversi all’università oppure ottenere benefici federali a eliminare un ostacolo significativo.
Le dichiarazioni del presidente, che arrivano a un mese dalle elezioni di midterm e potrebbero accrescere il sostegno dei democratici, sembrano indicare, almeno nelle intenzioni, un cambiamento fondamentale nella risposta dell’America a una droga che è stata al centro di uno scontro tra cultura e polizia per più di mezzo secolo. Biden si è astenuto dal chiedere la completa depenalizzazione della marijuana, compito che spetta al Congresso. Ma ha detto che il governo ha ancora bisogno di poter contare su «importanti limitazioni al traffico, alla commercializzazione e alla vendita di marijuana ai minorenni». Comunque le sue posizioni allineano il governo federale a quelle già assunte da alcuni governi statali, che hanno ridotto o eliminato le pene per il possesso di cannabis. La marijuana è già pienamente legale in circa 20 Stati, e alcuni altri Stati hanno attenuato le sanzioni penali, secondo la DISA, la società di test antidroga che tiene traccia delle leggi statali sulla marijuana. La stragrande maggioranza degli arresti per marijuana ricade sotto la giurisdizione degli Stati, ma il reato ha rappresentato circa un terzo degli arresti per possesso di droga effettuati a livello nazionale da funzionari statali e federali. Secondo i dati preliminari dell’FBI, più di 170.800 dei circa 490.000 arresti per possesso di droga nel 2021 erano legati al possesso di marijuana.
Il presidente americano durante i suoi 36 anni al Senato ha contribuito ad approvare una serie di leggi che hanno gettato le basi per incarcerazioni di massa. In campagna elettorale si è scusato per alcune parti di una delle misure più aggressive che aveva sostenuto, la legge sul crimine del 1994, la cosiddetta legge dei “three strikes”, per cui chiunque venga condannato per la terza volta per qualsiasi crimine di una certa entità viene mandato in prigione per una pena compresa tra i 25 anni e l’ergastolo. La legge venne istituita tramite referendum, cavalcando una forte ondata di rabbia dell’opinione pubblica nei confronti di chi continuava a compiere reati gravi una volta scontata la pena. Solo nel 2004 il 60% di questo tipo di detenuti era stato condannato per crimini di droga e i “three strikers” per droga, nelle prigioni, rappresentavano un numero superiore di dieci volte quello dei condannati per la stessa legge, ma per il reato di omicidio.
Dopo l’annuncio della grazia da parte di Biden, si sono susseguite diverse reazioni. Alcuni critici repubblicani si sono scagliati contro il presidente. «Nel bel mezzo di un’ondata di criminalità e sull’orlo della recessione, Joe Biden concede una grazia generalizzata a chi commette reati di droga», ha dichiarato il senatore Tom Cotton, repubblicano dell’Arkansas. «È un tentativo disperato di distrarre l’attenzione da una leadership fallimentare». Altri gruppi invece hanno esortato Biden ad agire per dimostrare il suo impegno a riformare le iniquità del sistema giudiziario. Inimai Chettiar, direttore federale della Justice Action Network, ha definito la mossa del presidente «un passo davvero buono» e ha detto che la revisione del modo in cui i futuri crimini legati alla marijuana saranno perseguiti rappresenta la volontà di cambiare una decisione politica che equipara la cannabis alle altre droghe, «cosa che sappiamo non essere vera». Ma anche alcuni oppositori della piena legalizzazione della marijuana hanno lodato la mossa di Biden, affermando che si tratta di un buon modo per evitare di andare oltre. «Nessuno merita di finire in prigione per uno spinello», ha detto Kevin Sabet, che guida Smart Approaches to Marijuana, gruppo che si oppone alla legalizzazione. «Ma non dovremmo nemmeno vendere prodotti con THC altamente potenti, né promuovere e incoraggiare l’uso tra i giovani».
Già a luglio una mezza dozzina dei senatori più liberali del Senato aveva scritto a Biden una lettera in cui lo esortava a prendere queste misure. «L’incapacità dell’amministrazione di coordinare una revisione tempestiva della sua politica sulla cannabis sta danneggiando migliaia di americani, rallentando la ricerca e privando gli americani della possibilità di usare la marijuana per scopi medici o di altro tipo», scriveva il gruppo di senatori, tra cui i suoi ex rivali Bernie Sanders, indipendente del Vermont, ed Elizabeth Warren, democratica del Massachusetts.
L’articolo è tratto da huffingtonpost.it dell’8 ottobre