I duemila arrivi a Lampedusa ripropongono il problema, che non va considerato come se fosse un’invasione. L’emergenza migranti c’è, ma non nei termini in cui viene raccontata, perché non è emergenza invasione ma emergenza umanitaria e l’Italia, insieme all’Europa, ancora una volta non sembra essere sulla strada giusta. Da un lato va sottolineata con forza la assoluta necessità di salvare migranti in mare, dall’altro bisogna mostrare lungimiranza e pragmatismo ammettendo, una volta per tutte, che l’immigrazione, per un Paese demograficamente morto come l’Italia, è una benedizione e una necessità.
Benedizione e necessità da riportare immediatamente nei confini della legalità e del rispetto dei diritti umani che, al momento, non sono rispettati nei campi di detenzione libici, in mare dove mancano soccorsi e in Italia, dove i lavoratori stranieri senza permesso di soggiorno vengono trattati come schiavi. La situazione è disperata e non perché l’Italia non sia in grado di accogliere chi raggiunge le sue coste, ma perché le forze politiche populiste – Matteo Salvini e Giorgia Meloni – continuano sui migranti a fare campagna elettorale, mentre il ministro Di Maio e il presidente Draghi sembrano convergere su un maggiore coinvolgimento dell’Europa, a cui l’Italia chiede di unirsi al finanziamento della Guardia costiera libica. Non basta l’errore di aver dato noi soldi e imbarcazioni alle milizie libiche, ora chiediamo anche all’Europa di partecipare. Così come, a un’Europa che ci piace descrivere come egoista lontana e matrigna, l’Italia chiede di farsi carico di accogliere volontariamente una parte dei migranti giunti tra domenica e lunedì a Lampedusa.
Come sempre dimentichiamo che non siamo gli unici ad accogliere, che il fronte libico non è l’unica strada attraverso cui i migranti raggiungono l’Europa e ci accontentiamo di un racconto che non corrisponde alla realtà dei fatti. È giunto invece il momento di cambiare passo, possiamo e dobbiamo farlo. Filippo Grandi, alto ufficiale delle Nazioni Unite per i rifugiati, ha detto una cosa profondamente vera: gli arrivi degli ultimi giorni sono numeri gestibili. Le oltre 2.000 persone, arrivate in autonomia nelle ultime ore a Lampedusa, sono un numero che non può gettare nel panico un Paese come l’Italia che ha gestito flussi ben maggiori, con o senza pandemia. E arrivate in autonomia significa giunte in Italia da sole, senza le Ong a fare da pull factor, come abbiamo sentito dire per anni, e come ipotizzato da tante indagini della magistratura siciliana che a oggi non hanno portato a nulla di concreto.
Spesso mi chiedo come sia possibile cedere al più falso dei racconti: i migranti che tolgono lavoro agli italiani, gli italiani in difficoltà abbandonati a favore dei migranti, gli italiani che devono restare in casa mentre i migranti sarebbero liberi di spostarsi. È una follia collettiva da cui non riusciamo a uscire, una ragnatela che più ti muovi più ti imprigiona. E poi la consapevolezza che chi è chiamato a gestire il fenomeno migratorio spesso decide di strumentalizzarlo per generare odio e paura, perché con la paura si governa meglio, anzi, con la paura si comanda meglio. E l’odio è un sentimento facile da alimentare, la solidarietà al contrario si muove lentamente ed è vista con diffidenza. Chi odia è sempre percepito come autentico perché permane il retro pensiero secondo cui se odi sei schietto, coraggioso, diretto; mentre occuparsi dell’altro innesca il sospetto della manipolazione, della furbizia per ottenere consenso, benevolenza. Eppure è vero l’esatto contrario. Occorre più coraggio ad aiutare rischiando il fraintendimento, che a girare lo sguardo per non avere il quotidiano avvelenato e compromesso.
Con oltre 2.000 persone arrivate autonomamente a Lampedusa, mi aspetterei che il ministro Di Maio chiedesse scusa (formula tanto cara al suo partito) alle Ong per averle definite “taxi del mare”. Perché il fenomeno migratorio non lo puoi fermare bloccando le Ong, non lo puoi fermare con i post sponsorizzati da Salvini su Facebook o invocando, come fa Meloni da anni, improbabili blocchi navali (blocco navale tecnicamente significa che se l’imbarcazione non si ferma bisogna sparare).
Salvini e Meloni forse non si rendono conto di stare cavalcando una tigre inferocita che non si può più fermare, in questa ormai palese guerra fratricida a chi mostra la maggiore ferocia.
Il vero pull factor, oggi come sempre, è l’arrivo dell’estate e il mare relativamente calmo ma, come avverte Sergio Scandura dai microfoni di Radio Radicale, calmo solo in apparenza, perché pieno di insidie. E così pescherecci e gommoni stipati di persone arrivano prevalentemente dalla Libia, altri, più piccoli, dalla Tunisia. A nulla è servito il muro delle vedette libiche che dal mare, per settimane, hanno riportato migranti nei campi di detenzione: appena possibile dalla Libia si tenta la traversata ancora e ancora, perché la Libia è un inferno su cui l’Italia e l’Europa non hanno alcun controllo. A Lampedusa sono arrivati natanti stracarichi di persone partite da Zuara attratti non da buonisti favorevoli all’invasione dell’Europa, ma da prospettive di vita accettabili.
Sogno che, peraltro, condividono centinaia di migliaia di nostri connazionali che, ogni anno, senza fuggire da guerre o persecuzioni, decidono, con il cuore gonfio di sofferenza, di lasciare l’Italia. In Italia ogni anno una città di medie dimensioni svanisce per il calo delle nascite e per effetto dell’emigrazione, i migranti che arrivano non sostituiranno gli italiani – è davvero infantile pensarlo – ma occuperanno i posti vuoti in una dinamica del tutto naturale, una dinamica che esiste da quando esiste l’uomo. Il dramma sta nel non essere riusciti, dopo tanti anni, a muoverci dal primo gradino, quello in cui chi arriva viene trattato da invasore e quindi privato di diritti e ridotto in schiavitù.
La ministra Lamorgese annuncia una cabina di regia, che in verità dovrebbe già esistere, insieme a un nuovo patto per la redistribuzione di migranti che però, vale la pena ricordarlo, riguarderebbe soprattutto le persone soccorse in acque internazionali. Ma gli Sos che arrivano quotidianamente ad Alarm Phone da imbarcazioni ferme in mare senza acqua, cibo e carburante vengono sistematicamente ignorati, quindi di fatto si sta lavorando per redistribuire naufraghi che stanno morendo in mare e che il mare ci restituisce cadaveri.
Quattro corpi annegati, tra cui una donna e un bambino, sono stati ritrovati dalla Croce Rossa libica in corrispondenza di Gasr Garabulli, sulla costa a est di Tripoli. E così, sulla pelle dei disperati, si riaprono le danze macabre anche quest’anno. Ma se anche questa volta l’intenzione del governo è quella di appaltare a un dittatore come Erdogan e ai delinquenti libici la gestione dei flussi migratori verso l’Europa, ritengo doveroso che si passi per il Parlamento che deve assumersi la responsabilità politica di voler bloccare i flussi migratori rinchiudendo esseri umani in campi di concentramento. Se dobbiamo prepararci all’ennesima estate di morte e disperazione, all’ennesima propaganda che si alimenta di odio e paura, almeno il Parlamento, questa volta, se ne assuma la responsabilità.
Articolo pubblicato sul Corriere della Sera, del 12 maggio 2021