Nell’industria dell’auto tedesca l’occupazione è minacciata dal crollo dovuto alle ripercussioni della pandemia. Una grave minaccia, se si considera che in Germania il settore automobilistico è di grande importanza sia per quanto riguarda l’occupazione, con 830.000 dipendenti, sia per quanto riguarda il PIL, con il 5% del totale. Inoltre ci sono altri circa 1,2 milioni di posti di lavoro che dipendono da questo settore.
Oltre a subire gli effetti della crisi legata al Coronavirus il comparto sta anche subendo una profonda trasformazione verso la mobilità elettrica, stimolata dalle preoccupazioni per i cambiamenti climatici. La transizione verso l’auto elettrica necessita meno manodopera e i processi di digitalizzazione porteranno a una diminuzione degli operai in favore di lavoratrici e lavoratori più specializzati.
Questi cambiamenti strutturali avvengono in concomitanza con la peggiore recessione economica del dopoguerra, tanto che in gennaio una ricerca della Piattaforma nazionale per il futuro della mobilità ha ipotizzato, nel peggiore degli scenari, una perdita di 400.000 posti nell’industria tedesca dell’auto entro il 2030, anno in cui entreranno in vigore le norme sulle emissioni dell’Unione europea.
La recessione da Covid-19 ha di nuovo reso necessaria una policy di sostegno al reddito e aiuto alle imprese: uno strumento importante contro la disoccupazione è la cassa integrazione guadagni (Kurzarbeitergeld), che in Germania può essere chiesta da un’azienda che abbia subìito una riduzione dei ricavi temporanea e inevitabile sia con la finalità di ridurre l’orario di lavoro, sia per una momentanea sospensione. Per facilitare l’accesso alla cassa integrazione durante l’emergenza Coronavirus è sufficiente che almeno il 10% dei dipendenti stia subendo una perdita di più del 10% della propria retribuzione. Il lavoratore oltre al salario ridotto percepisce un sussidio dall’Agenzia federale per l’impiego pari al 60% della retribuzione netta persa, con un’aliquota maggiorata al 67% per chi ha figli. La copertura prevista è comunque una delle più basse nell’Unione europea, per questo motivo il sindacato tedesco ha chiesto e ottenuto un aumento dell’aliquota stessa. Il sindacato ha chiesto anche un prolungamento della cassa integrazione, perché le prestazioni di integrazione salariale sono previste per 12 mesi, prorogabili a 21 senza superare il 31 dicembre 2020. Anche in questo caso il governo ha accolto con favore la proposta di estendere le prestazioni a 24 mesi, ma non superando il 31 dicembre 2021. È prevista inoltre una forma di cassa integrazione che ha la funzione di facilitare il passaggio a un nuovo datore di lavoro o a un’attività autonoma.
Non è detto però che queste misure siano sufficienti a evitare un aumento della disoccupazione a medio termine. Per questo motivo l’IG Metall, il sindacato dei metalmeccanici, sta puntando anche sullo strumento della riduzione dell’orario di lavoro. In vista del rinnovo del contratto collettivo dei metalmeccanici, il segretario generale dell’IG Metall, Jörg Hofmann, ha infatti già proposto l’introduzione della settimana di quattro giorni.
La trattativa per il nuovo contratto collettivo per i circa 4 milioni di metalmeccanici partirà all’inizio del 2021. Di fronte alle sfide riguardanti la crisi congiunturale e i cambiamenti strutturali la riduzione dell’orario di lavoro potrebbe rappresentare un rimedio per mantenere i livelli occupazionali durante e dopo l’emergenza Coronavirus. Sarà inoltre necessaria anche una compensazione dei salari accompagnata da incentivi per favorire processi di qualificazione professionale.
A livello aziendale ci sono già i primi casi in cui l’IG Metall è riuscita a imporre le sue richieste di riduzione dell’orario di lavoro, come nei casi di Bosch, ZF Friedrichshafen e Daimler. Secondo il sindacato tante aziende tendono a reagire all’emergenza Coronavirus in modo unidimensionale minacciando tagli occupazionali e talvolta usano la crisi legata al Coronavirus anche come pretesto per riduzioni di personale o delocalizzazioni già precedentemente progettate. La difesa dell’occupazione, anche attraverso la settimana corta, diventa quindi in questa fase il primo obiettivo del sindacato dei metalmeccanici.
L’IG Metall considera i suddetti accordi aziendali un punto di riferimento anche per le altre aziende come per esempio per la Continental e l’Airbus dove le trattative sono ancora in corso. Allo stesso tempo gli accordi firmati alla Daimler, alla Bosch e alla ZF contengono anche delle indicazioni chiare per le trattative per il rinnovo del contratto collettivo di categoria che partiranno all’inizio del 2021. Anche in questo caso le richieste di riduzione dell’orario di lavoro e di percorsi di qualificazione per difendere i livelli occupazionali staranno al centro della strategia sindacale.
L’articolo è tratto da www.collettiva.it
Finalmente si comincia a parlare di riduzione dell’orario di lavoro.
A me, tra l’altro, sembra l’uovo di Colombo che ci consente di affrontare anche il problema climatico.
Di lavoro ce ne sarà sempre meno, soprattutto a causa dell’automazione.
Inoltre se per ridurre l’emissione di CO2 non possiamo più volare, se dobbiamo eliminare certi consumi, ecc. le Compagnie aeree e molte Imprese dovranno chiudere.
Già ora troppi sono i precari, i lavoratori in nero, i disoccupati.
Speravo che questo periodo di lockdown ci avesse dimostrato che si può vivere diversamente sostituendo i nostri consumi con altri più sostenibili per la nostra Terra.
Durante la quarantena abbiamo letto più libri e c’è stato un grande consumo – sia pure tramite i media – di cultura, teatri, programmi di arte e di storia.
Vista la necessità ineliminabile di interventi di sostegno, (es. cassa integrazione, reddito di cittadinanza, altri contributi a sostegno del reddito) non sarebbe meglio ridurre l’orario di lavoro e spendere tutte quelle risorse per l’integrazione dei salari in modo che i lavoratori ricevano gli stessi salari di prima?
Conseguenze: Avremmo meno disoccupati, il reddito totale disponibile aumenterebbe, aumenterebbero quindi i consumi (per i bisogni primari ma anche consumi legati al tempo libero) , aumenterebbe quindi la produzione (indirizzata verso settori sostenibili) , quindi il gettito fiscale (che consentirebbe di compensare in parte le uscite per le integrazione salari).
Soprattutto attueremmo l’articolo 1 della Costituzione (il lavoro è un diritto!), e avremmo più tempo libero da dedicare alla cura di noi stessi e dei nostri cari (magari meno anziani nelle RSA…), salirebbe il nostro livello culturale, avremmo tempo per una democrazia più partecipativa.
Ne guadagnerebbe anche il pianeta: meno sprechi, una maggiore attenzione ai consumi (meno consumismo compensativo).
Purtroppo non ho sentito proposte “nuove” per inaugurare un nuovo sistema economico; vedo tanta pubblicità sulle auto, vedo incentivi alla rottamazione, vedo i mezzi pubblici vuoti e un peggioramento del traffico.
Insomma, se non moriremo di Covid, moriremo di clima.