Il giorno di Alexis Tsipras

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Tsipras si allenta la cravatta messa per per la prima volta per onorare la promessa fatta sull’uscita dal memorandum alla fine del suo discorso al parlamento di Atene

Di  su “Il Manifesto” del 23 giugno 2018

Fine dei memorandum per la Grecia. L’Eurogruppo ha dato il suo assenso e dopo otto anni il paese esce dall’emergenza. Le scadenze dei prestiti pari a 110 miliardi di euro sono state allungate di dieci anni, mentre è stato esteso, sempre a dieci anni, il cosiddetto «periodo di grazia», in cui se non si restituiscono i prestiti non scattano sanzioni.

ATENE RICEVERÀ inoltre l’ultima tranche del programma di sostegno, pari a 15 miliardi di euro. È stato mandato, quindi, un segnale di stabilità ai mercati, per incoraggiare gli investimenti a medio e lungo termine, e si è certificata la fine del commissariamento del paese da parte dei creditori. La Grecia rimarrà una sorvegliata speciale, con controlli periodici ogni tre mesi, per controllare che la lista di riforme stilata con la ex Troika venga attuata, ma il governo Tsipras ha di nuovo in mano la piena sovranità nella gestione del paese.

NON È STATA ACCOLTA la proposta francese, che avrebbe permesso di ripagare il debito agganciandolo – in modo permanente – all’aumento del Pil. Ma sono anche state vinte le ennesime resistenze tedesche, visto che Berlino, sino all’ultimo, ha cercato di opporsi all’allungamento delle scadenze dei prestiti.

Si tratta di un accordo sul debito, e non di un taglio, ma visto quello che il paese ha dovuto subire dal 2010 in poi, non è comunque poco. Certo, le privatizzazioni dovranno continuare e la Grecia, sino al 2022, dovrà garantire un avanzo primario del 3,5%. Una percentuale che in seguito scenderà al 2,2% sino al 2060. Ma la questione è che, anche psicologicamente, la Grecia può provare a voltare pagina. Sapendo, certo, che si dovrà fare di tutto per affrontare le forti e oggettive difficoltà a livello sociale.

IL GOVERNO dovrà impegnare tutte le sue forze per cercare di trovare delle nuove forme di sostegno al reddito, anche per i pensionati che (in base all’ennesimo e ultimo taglio imposto dai creditori), si vedranno decurtare nuovamente il proprio reddito dal prossimo gennaio. Nelle intenzioni dell’esecutivo si dovrebbe trattare di trattamenti pensionistici che superano i mille euro al mese (una cifra che per la maggior parte degli anziani è considerata oltre l’agiatezza), ma è comunque un colpo. D’altra parte si deve riconoscere che Tsipras è riuscito a rimanere in sella e a non consegnare il paese all’opposizione di centrodestra. In pochi giorni, con la firma dell’accordo sul nuovo nome dell’ex repubblica jugoslava di Macedonia e con l’uscita dal programma di sostegno, il leader di Syriza ha dimostrato di contribuire a dettare l’agenda, malgrado le critiche dell’opposizione di Nuova Democrazia, che prova a sfruttare il vantaggio registrato in tutti i sondaggi.

Ora, bisognerà vedere come Tsipras e la sinistra greca gestiranno questi risultati. Uno degli scenari è il poter andare a elezioni in autunno, per chiedere agli elettori di ridare fiducia a una forza che ha sacrificato parte dell’ideologia al principio di realtà, evitando, al paese, il tracollo economico e l’uscita dall’Euro.

UN’ALTRA POSSIBILITÀ potrebbe essere abbinare le elezioni legislative, a quelle Europee, nella primavera del 2019. Cinque mesi prima, cioè, della scadenza naturale della legislatura. Molto dipenderà anche dalle decisioni che prenderanno le forze moderate e del centrosinistra. Al momento, sembra possibile che quel che rimane del partito di centro Potàmi, (il Fiume), alla fine possa optare per un’alleanza con Syriza. Mentre tra gli ex deputati socialisti del Pasok, (ora confluiti nel Movimento per il Cambiamento), c’è ancora molta incertezza: una parte sembra voler tornare a ripetere l’esperienza di governo insieme ai conservatori di Nuova Democrazia (come avvenuto sino al 2015), altri esponenti invece preferirebbero un’apertura al dialogo con Syriza.

PER ORA, ALEXIS TSIPRAS ci tiene a sottolineare che «il paese abbandona il percorso spinoso dei memorandum, dell’imposizione di un’austerità estrema, della sottrazione di una grande parte della sovranità economica ai governi. Tutte cose che abbiamo vissuto negli anni passati». Per il futuro, la sfida – specialmente adesso – rimane quanto mai aperta.

 

 

Da Repubblica – 22 giugno 2018

Parlare di candidatura a Premio Nobel per la pace (come ha auspicato la rivista “Foreign Policy”) è forse prematuro. L’uno-due messo a segno da Alexis Tsipras nell’ultima settimana – prima il compromesso con Fyrom sulla Macedonia, ora la ristrutturazione del debito della Grecia – regala però al premier ellenico un profilo da “panda” della politica mondiale: quello, ormai rarissimo, di leader politico immune, o quasi, ai germi del populismo. Capace di vincere al voto (settembre 2015) senza vendere fumo agli elettori – anzi, garantendo nuova austerity malgrado il “no” dei greci nel referendum – e di firmare nel nome della stabilizzazione nei Balcani un accordo con Skopje che potrebbe costargli – causa opposizione del 70% dei suoi concittadini – la poltrona alle prossime elezioni.

L’evoluzione “pragmatica” del 43enne primo ministro di Atene – un “tradimento” per molti suoi ex-compagni della sinistra ellenica – non è stata facile. A gennaio 2015 Tsipras ha portato al governo Syriza con un programma al limite del mondo dei sogni: la fine dell’austerità (malgrado un debito al 176% del pil), il no alle ingerenze dei creditori (che avevano già prestato 200 miliardi alla Grecia) e la battaglia a Bruxelles contro la linea “dura” dei tedeschi e di Wolfgang Schaeuble. L’operazione Davide contro Golia non ha funzionato. Né Matteo Renzi, né Francois Hollande – i suoi potenziali alleati nell’Unione – si sono schierati con lui. Podemos non ha vinto le elezioni a Madrid. I Greci, spaventati dal muro contro muro di Yanis Varoufakis, si sono spaventati: in sei mesi hanno ritirato 42 miliardi dai loro conti correnti (il 25% del totale), l’economia (in crescita a fine 2014) ha rimesso la retromarcia. E la notte dopo la catarsi del referendum del 5 luglio, con la vittoria dell'”Oki” alle cure lacrime e sangue della troika, Tsipras ha preso la sua decisione: si è turato il naso, ha incassato l’accusa di aver fatto una clamorosa “kolotoumba” (capriola in greco) in patria e ha accettato – causa mancanza di alternative se non fuori dall’euro – la cura imposta dai creditori. Provando a contrattare – come ha fatto negli ultimi tre anni – qualche concessione per le fasce più deboli della popolazione.

Oggi Tsipras raccoglie i frutti di quella scelta all’insegna del realismo. La disoccupazione in Grecia, è vero, è ancora alle stelle (20%, sette punti in meno del 2015). L’overdose di austerità imposta dai creditori (“una medicina sbagliata” hanno riconosciuto gli stessi dottori che l’hanno somministrata) ha ridotto in condizione di estrema povertà una famiglia su cinque. Le tasse imposte per sanare i conti hanno fatto scivolare il premier nei sondaggi dieci punti sotto il centro-destra. Ma il barometro dell’economia punta verso il bel tempo – ad aprile e maggio sono stati creati 200mila posti di lavoro – gli investimenti stranieri stanno tornando, il taglio al debito consente di guardare al futuro senza troppi patemi d’animo. E le “misure sociali” strappate da Syriza ai creditori – tra cui l’assistenza sanitaria garantita a 2 milioni di persone che prima erano escluse – hanno in parte ammortizzato le conseguenze della crisi.

Il percorso con cui si è arrivati fin qui ha due altri aspetti sorprendenti: Tsipras è riuscito a imporre sacrifici ciclopici nel nome dell’euro senza che nessuno in Grecia si sia mai sognato di mettere in discussione la moneta unica. Ed è riuscito – in piena crisi economica – a gestire un’emergenza migranti ben superiore a quella vissuta dall’Italia senza che nel paese – al netto di Alba Dorata – sia mai venuta meno l’antica cultura ellenica dell’accoglienza e della Xenia.

L’accordo con Skopje – in questa Europa dove prevalgono gli interessi nazionali e i sondaggi contano più degli ideali – è un altro esempio di lungimiranza politica. Se Tsipras avesse dovuto badare al suo tornaconto, come usa oggi, non si sarebbe mai seduto al tavolo dei negoziati. Il 70% dei greci è contrario a intese con Fyrom sull’uso del termine Macedonia. Il suo governo è puntellato dai voti decisivi di un partner (i nazionalisti di Indipendenti greci) che vedono l’accordo come fumo negli occhi. Lui ha deciso di tirare dritto. Sostenuto da Ue e Usa, certo, ma anche convinto che questa finestra di opportunità, con due primi ministri di buona volontà e di centro-sinistra, era un’occasione unica per spegnere uno dei tanti focolai di tensione dei Balcani. “L’ha fatto per ottenere una contropartita economica sul debito”, l’attacca l’opposizione di centrodestra in patria, che pure negli anni passati era pronta a firmare con Skopje intese molto più al ribasso. In realtà Tsipras esce da questa partita con un risultato a due facce: positivo sul fronte internazionale, dove si è guadagnato consensi e credibilità. Negativo in Grecia dove ora ha meno margini di manovra sul fronte elettorale. La legislatura ellenica va a scadenza naturale nell’autunno 2019. Syriza stava valutando di convocare elezioni anticipate subito dopo l’uscita dall’ombrello della Troika per “capitalizzare” il successo. Le elezioni però coinciderebbero però con il complesso iter del via libera all’intesa con Fyrom. E il nuovo Tsipras anti-populista potrebbe scegliere di perdere una ghiotta occasione politica personale per non perdere il treno della stabilizzazione dei Balcani.

 

 

Da Il Sole24Ore del 22 giugno 2018

LUSSEMBURGO – Dopo otto anni di un programma finanziario segnato da riforme economiche, tensioni sociali e crisi politiche, la Grecia si avvia a ritornare sui mercati finanziari. Nella notte tra giovedì e venerdì i ministri delle Finanze della zona euro hanno negoziato qui in Lussemburgo un ultimo accordo per permettere al paese mediterraneo di godere di un atteso alleggerimento del debito pubblico. In cambio, Atene dovrà sottostare a un controllo passo passo della sua politica economica.
“La crisi greca termina qui, questa notte – ha detto il commissario agli affari economici Pierre Moscovici –. Siamo finalmente arrivati alla fine di un cammino, tannto lungo quanto difficile. E’ un momento storico”. Ha aggiunto il ministro delle Finanze greco Euclide Tsakalotos: “Sono felice. A questo punto, perché i sacrifici si dimostrino utili, il popolo greco deve vedere risultati concreti”. L’intesa è giunta dopo sette ore di trattative tra i creditori.
Tra le altre cose, la Grecia ha ottenuto un rinvio di 10 anni sul rimborso di 96,9 miliardi di euro di debito. Nel frattempo, Atene riceverà un nuovo prestito da 15 miliardi di euro perché abbia un salvaggente di 24,1 miliardi che gli permetta di non essere ostaggio del rifinanziamento sul mercato per un periodo di 24 mesi. I ministri garantiranno un versamento di 600 milioni ogni sei mesi fino al 2022 purché Atene rispetti i patti con i suoi creditori. Il denaro verrà dai profitti della Banca centrale europea sui titoli greci.
A complicare la trattativa è stata la decisione sul futuro del debito. Il Fondo monetario internazionale ha chiesto che il passivo greco (pari al 180% del prodotto interno lordo) fosse sostenibile. La Germania e altri paesi hanno limitato le concessioni ad Atene, spesso impopolari presso la loro opinione pubblica. Spiegava ieri sera un diplomatico che le attuali tensioni sul fronte migratorio nel governo Merkel hanno contribuito a irrigidire le posizioni tedesche sul versante greco.
In otto anni, la Grecia ha ottenuto aiuti economici per oltre 273 miliardi di euro nel corso di tre diversi programmi di aggiustamento economico, l’ultimo dei quali scattato nel 2015 dopo l’avvento al potere del governo Tsipras, il cui obiettivo in un primo tempo fu di evitare qualsiasi piano di riforme economiche. Dinanzi alle tensioni sui mercati, il premier Alexis Tsipras dovette arrendersi. Secondo le statistiche di Bruxelles, il paese ha adottato in questi anni oltre 800 misure economiche.
La Grecia ha quindi subito una notevole cura dimagrante. Dopo una lunghissima recessione, la crescita economica è tornata positiva: +1,4% nel 2017. Le previsioni sono di una espansione dell’economia dell’1,9% nel 2018 e del 2,2% nel 2019. Il paese ha poi registrato l’anno scorso un attivo di bilancio dello 0,8% del PIL, rispetto a un deficit pubblico del 15,1% nel 2009. Nel frattempo, tuttavia, tra il 2008 e il 2017 la popolazione attiva è scesa del 35% per via di una forte emigrazione.

“Dobbiamo ammettere che la Grecia ha fatto un ottimo lavoro”, ha detto il ministro delle Finanze francese Bruno Le Maire, a fianco del suo omologo tedesco Olaf Scholz. Ciò detto, i ministri hanno deciso di mettere la Grecia sotto particolare sorveglianza nei prossimi anni. Obiettivo: controllare che il paese rispetti i target di finanza pubblica (un surplus primario del 3,5% del PIL fino al 2022 e del 2,2% in media annua tra il 2023 e il 2060) ed eviti di annacquare le tante riforme adottate nell’ultimo decennio.
Il meccanismo di monitoraggio è stato fonte di accese discussioni nella notte tra i creditori. Alcuni governi hanno segnalato che un controllo eccessivo da parte dei partner avrebbe messo in allarme i mercati finanziari: “Sulla questione dobbiamo trovare un delicato equilibrio”, notava un diplomatico ieri sera prima che fosse finalmente raggiunta una intesa. Il monitoraggio prevederà rapporti trimestrali sullo stato dell’economia greca.
Nel caso in cui la Grecia dovesse decidere di annacquare recenti riforme economiche, i creditori saranno pronti a rivedere qualsiasi alleggerimento del debito pubblico. Viceversa, se la situazione economica dovesse peggiorare, i partner potranno introdurre nuove misure di alleggerimento. Tagli all’indebitamento nominale non sono mai stati all’ordine del giorno. Si farà comunque il punto sullo stato del debito greco nel 2032, anche perché l’FMI ha espresso “dubbi sulla sostenibilià a lungo termine”.
L’uscita della Grecia dal terzo e sperabilmente ultimo programma di aggiustamento è prevista il 20 agosto. Agli occhi dell’establishment, la parabola greca deve essere la cartina di tornasole con cui valutare la capacità della zona euro di sopravvivere, nonostante le difficoltà ad avere una moneta unica in 19 stati sovrani, ciascuno con il proprio bilancio nazionale. In questo senso, la vicenda greca dovrebbe essere simbolica al tempo stesso dei successi e degli insuccessi dell’unione monetaria.

 

Da The Medi Telegraph del 22 giugno 2018

Atene – Alexis Tsipras festeggia la fine del memorandum tra la Grecia e i creditori internazionali, indossando per la prima volta una cravatta. Intervenendo davanti ai deputati della sua coalizione di governo, il primo ministro ellenico portava una cravatta bordeaux su camicia bianca, con completo blu. Si tratta di una promessa mantenuta: Tsipras aveva detto, all’inizio del suo primo mandato da premier, che avrebbe messo la cravatta solo quando la Grecia avesse risolto il problema del debito. Nel corso degli anni, molti colleghi europei gli avevano regalato cravatte, tra cui Matteo Renzi. Nel suo discorso, Tsipras ha detto che l’accordo raggiunto all’Eurogruppo in Lussemburgo renderà nuovamente la Grecia «un paese normale». Secondo l’intesa, Atene può posticipare di 10 anni il pagamento dei 110 miliardi di euro di prestiti ricevuti dal vecchio fondo salva-Stati Efsf, e viene esteso di ulteriori 10 anni il “periodo di grazia” (in cui non scattano sanzioni se non si ripaga il prestito). Un’ultima tranche di aiuti da 15 miliardi darà al governo la sicurezza di coprire tutti i bisogni finanziari del prossimo anno.

«Un grande giorno»
«È un grande giorno per la Grecia e l’eurozona, ora dobbiamo festeggiare, la Grecia è tornata a stare sulle sue gambe, è pronta a camminare di nuovo da sola». Lo ha affermato al suo arrivo all’Ecofin il commissario Ue agli affari economici Pierre Moscovici dopo l’intesa raggiunta nottetempo sulla fine del programma e l’alleggerimento del debito. «I greci hanno sofferto molto in questi anni di crisi, non per il programma perché non è questo che ha creato la crisi», ha aggiunto. «Accolgo con favore l’accordo di ieri sul completamento del programma greco, è un momento storico», ha detto anche il vicepresidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis al suo arrivo alla riunione dei ministri delle finanze dei 28, sottolineando che «un elemento importante è l’accordo sull’alleggerimento del debito che assicura il ritorno della Grecia sui mercati finanziari e la stabilità finanziaria».

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