1. Molti di coloro che hanno votato per il Movimento 5Stelle, o ne hanno guardato senza pregiudizievole ostilità l’evoluzione, avvertono un disagio più o meno accentuato nel vedere una certa sua incoerenza, evidente nell’itinerario che ha portato dal primo Governo Conte alla sua più recente incarnazione come opposizione. Per capire sino a che punto tale impressione possa essere fondata e per andare, nel caso lo fosse, a diagnosticarne le cause è utile aver presenti alcuni aspetti circa la natura del Movimento 5Stelle, senza con ciò cadere nella tesi semplificante e manichea (particolarmente diffusa tra i sostenitori del Pd e specificamente in chi ha condiviso la leadership di Renzi e continua ancora a giudicarlo un “grande leader” o una “risorsa” della politica italiana) di chi pensa che il Movimento 5Stelle sia “il male assoluto”. Un giudizio, questo, che applica alle analisi socio-politiche il “modello Far West”: tutti i cattivi da una parte e i buoni dall’altra; mentre di solito il male sta anche nel bene e viceversa, con proporzioni diverse, ma mai in modo assoluto; e avere una visione chiaroscurale della realtà è il principio della saggia politica.
Chi ha conosciuto anche superficialmente le persone che sostengono il Movimento 5Stelle e/o che l’hanno votato, si sarà certamente accorto come esse siano assai eterogenee: ex della sinistra più estrema, ex-comunisti, ecologisti, vegetariani, antivax, ma anche qualunquisti, arrampicatori, persone semplicemente generose e in buona fede, ma senza arte né parte, cripto-razzisti, iene e agnelli ecc. Ed è assai probabile che si sia fatta la convinzione del Movimento 5Stelle come di un conglomerato di persone più accomunate da un grumo di risentimento e protesta verso l’ordine esistente e contro i partiti che hanno sgovernato l’Italia che da un programma chiaro, radicato in una storia, attingente la sua linfa da una tradizione di pensiero e di ideali. È stato (ancora forse è) un insieme di No, con qualche idea, spesso nebulosa, sui Sì, tuttavia non organicamente armonizzati in un progetto complessivo di società. A ciò si aggiunga anche il fatto che, per il modo in cui il movimento è nato ed è cresciuto, non ha avuto neanche il tempo di forgiare una vera e propria classe dirigente e si è esposto a chi – avendo capito il vento (ce ne sono molti che hanno questo fiuto) – è prontamente saltato sulla carrozza in corsa per trovarsi al momento giusto nel posto giusto e lucrare una posizione di deputato, di sottogovermo o qualche altra prebenda. Di questi esempi ne vediamo ogni giorno. È il pericolo cui è esposto ogni partito, ma ancor di più quei partiti “leggeri” che nascono sull’onda dell’emozione o della contingenza storica e non affondano le radici in un autentico movimento di popolo, in classi sociali e/o produttive radicate sul territorio, ma piuttosto sulla capacità di comunicazione mass-mediatica, sia essa effettuata tramite i social o internet, sia con le televisioni o i tradizionali organi di stampa.
Bisognava capire questa natura del Movimento 5Stelle prima di rapportarsi con esso. In effetti ci aveva provato Bersani, a seguito delle elezioni del 2013, che hanno segnato il primo vistoso e inaspettato successo dei 5Stelle, ma il suo tentativo si era scontrato con un movimento ancora stordito per la propria affermazione elettorale, attaccato a visioni palingenetiche e titaniche del voler fare tutto da solo, rifiutando ogni alleanza e compromesso politico, e quindi non in grado di assumersi responsabilità di governo al fine di non macchiare la propria purezza genetica. Dopo la catastrofica fine della legislatura e del Governo Renzi, la clamorosa vittoria alle elezioni del 2018 ha messo il Movimento 5Stelle di fronte all’alternativa di due possibili alleanze; e quando Luigi Di Maio, allora suo “capo politico”, ha sostenuto di essere disponibile ad allearsi indifferentemente col Pd o con la Lega, si è da parte di molti giudicato tale atteggiamento come un sintomo di generico qualunquismo; esso era piuttosto il segno della composita e differenziata natura del Movimento 5Stelle, che spingeva in una o nell’altra direzione. La soluzione che poi ne è venuta fuori, ovvero l’alleanza con la Lega, ha di fatto dato forza al qualunquismo e alle pulsioni più deteriori e messo la sordina e in minoranza le altre. Si può dire, per semplificare in una formula, che si è così portata acqua alla sua componente di destra e si è messa in minoranza o in sordina quella di sinistra. L’isolamento di Fico e l’emigrazione di Di Battista ne sono state il segno più visibile.
2. E qui veniamo al secondo punto del ragionamento. Se è vero quanto sinora detto, ci si può chiedere se non vi sia stata anche una certa responsabilità da parte di chi non ha voluto offrire un’altra sponda al Movimento 5Stelle, spingendolo o addirittura invocando a piena voce la sua alleanza con la Lega. È chiaro a chi si fa riferimento: al Pd a perdurante guida renziana perché, non dimentichiamolo, il programmato tavolo a cui l’ancora traballante segretario Martina aveva deciso di partecipare su invito 5Stelle è sfumato immediatamente dopo la sua bocciatura da parte dello stratega di Rignano in una intervista televisiva. E ciò in base a una valutazione del tutto negativa del Movimento 5Stelle («con Di Maio è impossibile qualunque accordo», «i 5Stelle sono il peggio della politica italiana, sono populisti, sovranisti, insomma il Male» ecc.).
Non si è invece preso in considerazione il fatto che il Pd poteva approfittare di tale alleanza per fare a sua volta un’autocritica per quanto di sbagliato fatto in passato e quindi proporsi rinnovato agli elettori, dicendo: «la batosta elettorale non è solo il frutto della “incomprensione” del popolo italiano per il gran bene da noi arrecato al paese, ma ha la sua ragion d’essere anche nei nostri errori: la legge Fornero si può ritoccare, la buona scuola può essere ulteriormente migliorata, il job act può essere rivisto in alcuni suoi punti», e così via. Insomma, poteva essere l’occasione buona per assumere una fisionomia più “di sinistra” e più vicina ai ceti subalterni, cercando di liberarsi da quella diffusa percezione che ne fa oggi il partito delle classi abbienti, della ZTL e degli industriali (o peggio) e così cercare di riconquistare quel “popolo” che lo aveva abbandonato. Ma a tale scopo bisognava liquidare l’eredità del renzismo, anche dopo che Renzi aveva deciso autonomamente di uscire dal Pd, lasciandovi proprie truppe di presidio atte a impedire qualunque evoluzione a lui sgradita. Di contro, grazie all’alleanza con il Pd, il Movimento 5Stelle avrebbe di sicuro smorzato le sue pulsioni demagogiche sia in fase “contrattazione” per la formazione del Governo sia nella sua pratica (così come sempre avviene) e – cosa ancora più importante – non avrebbe avuto lo sbilanciamento verso la propria componente di destra, qualunquista e sovranista, come invece è avvenuto in virtù dell’alleanza di governo con la Lega. Infine, il Pd avrebbe avuto il merito di non permettere che l’Italia fosse consegnata alla destra xenofoba e razzista di Salvini. Certo, questo nell’ottica dell’interesse del paese; se invece si sposa l’idea che “stiamo in poltrona mangiando popcorn, assistendo allo sfascio del paese, che così poi ritornano a noi”, allora si privilegia l’interesse di un piccolo gruppo di potere sulla pelle di un’intera nazione. Non mi sembra una grande prova di attaccamento all’interesse collettivo. Insomma, il Pd, e, in particolare, il suo gruppo dirigente renziano hanno mancato, dopo le elezioni del 2018, un’occasione storica e si sono assunti una grande responsabilità con la scelta di non volere in nessun modo dialogare col Movimento 5Stelle.
Il successivo Governo Conte 2 è sembrato costituire un raddrizzamento della barra, segnando una discontinuità politica che ha permesso al Movimento 5Stelle di maturare e di espellere le tossine leghiste e al Pd di imboccare una strada che lo distanziava progressivamente dalla funesta stagione renziana. Come è stato sostenuto di recente da Goffredo Bettini, «il Governo Conte II non era stato perfetto: alcune materie governate mediocremente; qualche lentezza e indecisione, qualche impuntatura […] che hanno reso il cammino più faticoso. Ma è stato il Governo più di sinistra degli ultimi anni, più collegiale nella sua conduzione, più vicino al sentimento dei cittadini sui temi sociali e della lotta alla pandemia. Non c’erano questioni di merito a giustificare la sua caduta. La vera ragione è stata che quel Governo aveva marcato un’autonomia e rappresentato un’increspatura rispetto all’establishment occidentale; non disposto ad accettarla e perdonarla. Il tritacarne mediatico investì anche me: la responsabilità era di aver sostenuto con chiarezza, coerenza e insistenza la linea che il Pd aveva scelto: l’incontro tra il Pd, un partito di sinistra, e il Movimento 5Stelle trasformato via via, grazie a noi e grazie a Conte, in un partito democratico in grado di assumere responsabilità di governo e di collocarsi senza esitazioni nel contesto europeo». Stava appunto avvenendo, seppur con ritardo, quanto poteva succedere in modo meno traumatico e più naturale in occasione della formazione del primo Governo.
Bisognava perciò impedire tale processo; a pensarci è stato il solito Renzi, che fece di tutto per farlo cadere. Il successivo “Governo dei migliori”, al quale il Movimento 5Stelle decise comunque di partecipare, ha visto un progressivo appiattimento del Pd sulla fantomatica “agenda Draghi”, in ciò spinto anche dalla crisi internazionale, e una crescente difficoltà dei 5Stelle ad accettarne i contenuti, sui quali – pur essendo il partito con la maggiore rappresentanza – incideva sempre meno.
3. La crisi di governo dovuta alle richieste del Movimento 5Stelle – che così riscopriva alcune delle ragioni insite nel suo codice genetico e “di sinistra” – e alla risposta negativa e per molti aspetti arrogante di Draghi, ha contribuito a far sedimentare nel Movimento la componente di sinistra, con la espulsione di opportunisti e filogovernativi centristi o di destra. Un leader che sembrava inventato, giudicato con gli epiteti più riduttivi e dileggiato in tutti i modi possibili, ha dimostrato invece capacità, è riuscito a maturare dopo le incertezze iniziali tipiche di chi si ritrova catapultato in un ruolo per il quale non aveva alcuna preliminare esperienza ed è infine riuscito a salvare il movimento dal naufragio verso il quale tutti lo davano per avviato. Al punto da ricevere addirittura gli elogi di Claudio Cerasa sul Foglio di qualche giorno fa.
Quanto poteva avvenire immediatamente dopo le elezioni del 2018 (o ancor prima, dopo quelle del 2013), è avvenuto con ritardo – per opposte responsabilità – con la finale conseguenza di portare alla vittoria la destra della Meloni. Conte e i 5Stelle si sono ritrovati vivi e vegeti dopo essere stati dati per defunti da molti commentatori, mentre il Pd è entrato in una profonda crisi nella quale ha smarrito ogni identità e ha ceduto la rappresentanza dei ceti subalterni a quel movimento che prima era lungi dall’incarnarli in modo compiuto. Si spera che tale mancato incontro tra Pd e Movimento 5Stelle non sia l’analogo della mancata reciproca intesa tra socialisti e popolari dopo la prima guerra mondiale, che portò all’ascesa del fascismo, con la benedizione dei liberali che si illudevano di poter utilizzare Mussolini a fini di ordine pubblico, così come oggi i benpensanti pensano che la Meloni possa costituire un “ritorno all’ordine”, buono a fronteggiare l’immigrazione e a salvaguardare i propri interessi consolidati.
A saperla leggera, la vicenda dei 5Stelle non è una incarnazione del male, una perversione della politica, un esempio di qualunquismo né di destra né di sinistra; si può piuttosto vedere in essa l’evoluzione di un movimento nato in modo caotico, in cerca di una sua precisa consistenza e collocazione, resa difficile dal fuoco di sbarramento e dall’ostilità di gran parte dei mass media ma anche da chi avrebbe dovuto comunque essere attento alle istanze e alla rappresentanza che bene o male erano da esso incarnate. La storia e la politica non si intendono senza capirne le sfumature, le complesse circonvoluzioni, solo trinciando giudizi con manichea visceralità. L’avventura dei 5Stelle ne è un esempio.
Buono mi garba pensavo che fosse un miomodo e invecee anche di altri