Alcune domande sulla guerra in Ucraina

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Le  analisi sulle cause della guerra in Ucraina possono essere molteplici e in forte contrasto tra loro ma, in ogni caso, è difficile trovarle sui principali media nazionali che parlano con una voce ormai unica e si limitano, acriticamente, a un’azione di propaganda  della  posizione del Governo italiano, fedelmente in linea con quella USA e data come verità assoluta, o a fare cassa di risonanza alle dichiarazioni altalenanti e contraddittorie del presidente ucraino Zelenskij, senza alcuna analisi critica rispetto ai vari e anche provocatori tentativi di coinvolgere altri Stati in un conflitto mondiale che risulterebbe un punto di non ritorno soprattutto per l’Europa. La guerra sta mettendo a nudo, altro effetto collaterale, la grave situazione della libertà di stampa e la pessima qualità dell’informazione nel nostro Paese, precipitata al numero 58 nella classifica recentemente stilata dal World Press Freedom Index, superato dal Gambia, e  ben distaccato dalla Germania 16ª posizione e Francia 26ª.

Oggi cercare di approfondire le ragioni di questo conflitto che, qualunque ne sia la soluzione, modificherà radicalmente e non positivamente l’attuale situazione geopolitica del Pianeta, non merita confronti ma l’attenzione del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica e dei Servizi, azioni di schedatura e censura, intimidazione e limitazione del libero pensiero al cui confronto le già intollerabili “liste putiniane” sono ben poca cosa.

Individuare il Male solo nella Russia, pur colpevole della gravissima aggressione all’Ucraina, distorce la realtà di un mondo ben lontano da come, idealmente, lo vorremmo perché oggettivamente è dominato dalle sfere d’influenza rigidamente determinate dagli interessi geopolitici di Russia, USA e Cina a fronte di un’Europa valida culturalmente e socialmente ma “vaso di coccio tra vasi di ferro”. In realtà l’imperialismo russo e degli Stati Uniti sono due facce della stessa medaglia: potenze dominanti che cercano di difendere o ampliare il proprio controllo geopolitico su Stati strategici per la loro posizione o per le risorse energetiche presenti nel loro territorio, e che presto dovranno “misurarsi” con l’espansionismo cinese.

Gli Stati Uniti non hanno esitato a reclutare nei propri Servizi, nel secondo dopo guerra, noti criminali nazisti in funzione anticomunista (persino Klaus Barbie il boia di Lione…), hanno organizzato e finanziato golpe e dittature militari feroci per rovesciare governi socialisti o non di loro gradimento in Sud America, tra cui il Cile e l’Argentina e, venendo all’Italia, non hanno esitato nel dopo guerra a utilizzare la mafia come sistema di controllo di alcune regioni del Sud, hanno ostacolato in ogni modo il progetto del “compromesso storico” e, come faticosamente emerso di recente, la NATO, che è a trazione statunitense, risulta coinvolta nella “strategia della tensione” (atti sulla strage di Brescia). Che dire inoltre delle inesistenti armi di distruzione di massa e della gravissima sceneggiata di Colin Powell all’ONU per giustificare la guerra in Iraq, con quella boccettina di vetro in mano che non conteneva antrace ma probabilmente zucchero o bicarbonato? L’altra faccia della medaglia, la Russia, non è meno colpevole o meno violenta per aver tenuto sotto il suo tallone di ferro Paesi ritenuti semplici satelliti e non liberi di scegliere il proprio percorso. L’invasione dell’Ungheria nel novembre 1956 come quella della Cecoslovacchia agosto 1968 che, demolitrice dell’ideale di un “Socialismo dal volto umano”, calpestò con i carri armati la “Primavera di Praga” sono crimini senza appello, così come il lungo periodo del totalitarismo stalinista.

Tutto ovviamente richiederebbe approfondimenti perché la Storia è una scienza quanto mai complessa e imperfetta, ma garantire spazio alle varie analisi, ai diversi punti di vista, non vuol dire giustificare una guerra bensì cercare di capirne le cause, perché al di là delle varie forme di ipocrisia, nel momento in cui il Governo ha deciso di inviare armi all’Ucraina di fatto stiamo partecipando alla guerra e ne siamo tutti coinvolti.

Quindi non si può liquidare come putiniano (in realtà questo aggettivo mostra debolezza e carenza di analisi o malafede di chi lo utilizza) chi individua nel continuo allargamento verso Est della NATO una oggettiva e provocatoria erosione statunitense della sfera d’influenza russa, chi vede nelle manifestazioni di Piazza Maidan del 2014 un colpo di Stato che portò alla caduta del governo filorusso del premier Janukovyc e l’inizio della dura repressione, operata da gruppi neonazisti, di chi al golpe si opponeva (la strage di Odessa è solo la punta dell’iceberg di molte violenze, sempre impunite, a cui seguì la guerra civile nel Donbass). Non si tratta di essere putiniani se si evidenzia che Gran Bretagna e USA hanno formato e finanziato in questi anni l’esercito ucraino in funzione antirussa. Del resto persino Papa Francesco ha sottolineato che «l’abbaiare della NATO alla porta della Russia» ha facilitato lo scoppio del conflitto.

E allora l’analisi diventa ancora più impegnativa e le domande, pur scomode,  sono legittime: che promesse sono state fatte agli Ucraini, oltre al sostegno logistico/militare e in armamenti, di un ingresso prioritario e  velocizzato nella NATO come nell’Unione Europea in caso di conseguente conflitto con la Russia? Gli Stati Uniti, così inflessibili e feroci come i Russi nella difesa della propria sfera d’influenza, sempre pronti a soffocare le aspirazioni di chi ha cercato di uscire dal “cortile di casa USA”, stanno utilizzando e prolungando la guerra in Ucraina per proprio tornaconto in una irrepetibile occasione, sacrificando l’Ucraina, di ridurre la sfera d’influenza della Russia? Come effetto collaterale di questa guerra gli strateghi del Pentagono utilizzano i rapporti di forza all’interno della NATO, favorevoli agli Stati Uniti, anche per alimentare le divisioni politiche degli alleati europei o per frenarne la ripresa economica scaricando sull’Unione Europea l’insostenibile peso di sanzioni che invece lambiscono e in alcuni settori favoriscono l’economia USA? Sono questi alcuni degli argomenti da affrontare e non la compilazione di liste di prescrizione.

Gli autori

Giovanni Vighetti

Giovanni Vighetti vive a Bussoleno ed è esponente del Movimento No Tav

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