Stiamo assistendo, in questo periodo, sulla scena politica, a rivolgimenti, ribaltoni, tradimenti, in mancanza di un progetto complessivo, meno che mai di un progetto politico che miri a tutelare e garantire i diritti dei cittadini. E ciò che maggiormente mi colpisce è la totale assenza della sinistra in questo “dibattito”! È come se la Sinistra (e uso volutamente la lettera maiuscola) non esistesse più, i suoi valori fossero scomparsi e con essi fossero scomparsi i milioni di persone che vi hanno creduto. Ma è mai possibile una tale sconfitta, soprattutto ideologica? Ed è possibile che nessuno tenti una ripresa che miri a recuperare un’identità il più possibile unitaria?
Lo so, qui si innesta il principale dramma della sinistra (qui uso la lettera minuscola!) rappresentato dalla capacità di individuare come principale nemico il compagno che ha sempre lottato con me, ma che ha posizioni diverse su alcuni punti. Per non andare troppo indietro nel tempo, vorrei ricordare l’infausta scissione in Rifondazione Comunista, che ha portato alla sostanziale sparizione dallo scenario politico di entrambe le componenti che diedero vita alla scissione: ricordo di avere, in allora, scritto una lettera a entrambi i leader delle due fazioni per protestare contro quella scelta e dicendo loro che io, che non avevo alcuna tessera di partito, a quel punto mi vedevo costretto a prenderne due! Non ho avuto nemmeno il bene di una risposta. Negli anni la situazione è profondamente cambiata sotto il profilo degli schieramenti in campo e la sinistra si è ulteriormente divisa con iniziative estemporanee, di breve respiro; purtroppo anche i tentativi di maggior spessore intellettuale, quale “Cambiare si può”, sono stati travolti dall’entrata in quei progetti delle forze politiche che non avevano colto l’importanza, invece, di un’iniziativa che partiva dal basso e che aveva certamente bisogno del supporto delle forze politiche organizzate, ma non certo della loro supremazia nelle scelte. Nemmeno la scissione di Bersani e la nascita di LEU ha portato cambiamenti significativi all’idea di una ricomposizione di una vera Sinistra.
Tutto ciò ha portato, come conseguenza diretta, un allontanamento dal tema politico di molti soggetti che hanno preferito dedicarsi a “buone pratiche” sociali, come è il nostro caso ‒ di Volere la luna, intendo ‒, pur senza che ciò volesse dire rinunciare a occuparsi, ma dall’esterno, delle vicende più strettamente politico-partitiche. E oggi, in piena situazione pandemica e in piena crisi economica, sanitaria e sociale, ci troviamo costretti a scegliere, come cittadini, se accettare il governo di un ex banchiere centrale, di cui abbiamo duramente criticato le politiche che hanno portato, ad esempio, a una sorta di strozzamento della Grecia e che hanno contribuito all’inserimento in Costituzione dell’art. 81 sul pareggio di bilancio (ma che, sotto altro verso, ha salvato l’Italia da una crisi economica ancora più devastante), oppure affrontare immediatamente le elezioni, con la quasi certa vittoria di un centro-destra in cui all’arroganza di Salvini si sta sempre più sovrapponendo la visione fascista del mondo della Meloni.
Da un lato, è veramente triste che sia necessario ricorrere a un deus ex machina per superare l’impasse del Parlamento, non in grado di formulare una proposta politica tale da assicurare un’effettiva maggioranza, come se si fosse commissariata l’istituzione parlamentare. Dall’altro, è drammatico pensare che con l’attuale legge elettorale si arriverebbe quasi inevitabilmente a una maggioranza di centro-destra che non solo governerebbe in questa delicata fase, ma finirebbe per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica (Berlusconi?!).
Bella scelta! Io credo, però, che non vi possano essere dubbi nella scelta di Draghi, come male minore, soprattutto sotto il profilo della persistenza della pandemia, che verrebbe aggravata da un periodo di assenza di un governo nel pieno possesso delle sue funzioni e che, quindi, consiglia vivamente la presenza di un Esecutivo attivo. E credo che si debba valutare positivamente l’allontanamento della data delle elezioni politiche anche sotto il diverso profilo della possibilità che un arco temporale più vasto possa essere, ancora una volta, l’occasione per rimettere insieme valori e ideali che abbiamo smarrito (e magari anche per approvare una nuova legge elettorale). Si tratta, probabilmente, di un’utopia, ma credo che ci si debba provare; che, cioè, si debba approfittare di questa fase temporale sino al rinnovo del Parlamento alla sua scadenza naturale, per cercare di recuperare valori, ideali, spazio e agibilità politica in nome di una ritrovata unità. Certo, occorre rinunciare al mantenimento in toto del proprio bagaglio politico, accettare, cioè, di rimettersi in gioco con fiducia nei compagni di strada.
Ovvio che occorra ricercare un terreno comune su cui impiantare la nuova costruzione: non c’è altro terreno che quello offertoci dalla nostra Costituzione. I valori e gli ideali in essa rappresentati devono essere la base per la ricostruzione della Sinistra. Uguaglianza, antifascismo, tutela del lavoro e dei lavoratori, libertà di pensiero, antisessismo, lotta a ogni discriminazione, tutela dei diritti dei senza diritto e degli immigrati in particolare, pacifismo, giustizia giusta, sanità pubblica, istruzione pubblica: questi e altri valori devono essere al centro di un’iniziativa che ci consenta di tornare in mezzo alla gente per affrontare insieme i gravi problemi economici, sociali e sanitari che ci affliggono. Intorno a questi dovremmo cercare di coagulare le forze, rinunciando a difendere troppo puntigliosamente idee che possono essere valide, magari superate dai tempi, ma che, soprattutto, appaiono inutilmente divisive.
Che tutto ciò si chiami Partito della Costituzione, Campo largo, Ressemblement (!) poco importa. Ciò che dovrebbe emergere è un comune sentire su quanto costituisce la vera anima della Sinistra, senza di cui dovremmo prendere definitivamente atto della sconfitta culturale, oltre che politica, che abbiamo subito. Chiamiamo a raccolta tutte le forze genuinamente democratiche che hanno a cuore i valori costituzionali, rinunciamo a prerogative, sigle, presupposti ideologici (che potremo continuare ovviamente a coltivare) e a tutto quanto può dividerci, in nome di un tentativo estremo di salvare i veri valori della Sinistra.
D’accordo con Roberto Lamacchia. Il processo di ricostruzione della sinistra, un processo politico-culturale assai complesso (che ha bisogno di un confronto ampio che metta in moto energie intellettuali e coinvolga la società civile attiva), è indubbiamente di lunga durata, ma occorre anche una tappa intermedia che permetta di avere al prossimo confronto elettorale (spero vivamente che siano dopo le elezioni del Presidente della Repubblica) un soggetto votabile.