Da quale pulpito signor presidente!

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Non era mai accaduto, neanche nei tempi più bui della guerra fredda, che la polemica fra Stati Uniti e Russia assumesse i toni usati da Biden nell’intervista televisiva dell’altro ieri, quando, rispondendo alla domanda di un giornalista, ha dato dell’assassino (killer) a Vladimir Putin, aggiungendo di averlo messo in guardia perché «pagherà un prezzo» per avere tentato di influenzare le elezioni presidenziali del 2020.

Probabilmente in senso tecnico la qualifica attribuita a Putin potrebbe anche essere fondata, ma non è questo il problema. Quando il Capo di uno Stato che possiede migliaia di testate nucleari, migliaia di missili, centinaia di sottomarini armati con testate nucleari si rivolge al Capo di un altro Stato che possiede ugualmente migliaia di testate nucleari, migliaia di missili, centinaia di sottomarini armati con testate nucleari e lo chiama “assassino” minacciando di fargliela pagare, si attiva uno scontro politico-militare che mette in discussione la sicurezza del mondo intero.

È un linguaggio da gangster che pregiudica le relazioni internazionali e la convivenza pacifica fra le nazioni, attivando un conflitto insensato di cui non abbiamo assolutamente bisogno. E poi ‒ diciamoci la verità ‒ quando si parla di omicidi politici o di interferenza nelle elezioni altrui, non è da quel pulpito che si possono impartire lezioni agli altri. Cosa vuole che siano, presidente Biden, le “interferenze” della Russia nelle elezioni presidenziali americane, rispetto ai colpi di Stato che la CIA ha organizzato nei paesi del Centro e Sud-America, per imporre dei Governi subalterni agli interessi americani? Ricorda, presidente Biden, come gli Stati Uniti hanno interferito nelle elezioni e nei processi democratici in Cile, fino a provocare il golpe dell’11 settembre 1973 con il quale fu rovesciato un Governo legittimamente scelto dai cileni e fu inaugurata una stagione di torture e omicidi su larga scala, a partire dall’uccisione del presidente Allende? Quando si attribuisce a un Capo di Stato la qualifica di assassino, come si potrebbe qualificare l’operato del presidente Nixon e del suo segretario di Stato, Henry Kissinger, responsabili del piano Condor, un’operazione diretta dalla CIA che coinvolse i militari di Cile, Argentina, Bolivia, Brasile, Perù, Paraguay e Uruguay, uniti nel progettare il sequestro e l’omicidio di decine di migliaia di persone? E non si trattava solo degli Stati americani, se è vero che il 25 settembre 1974 Henry Kissinger minacciò personalmente di morte Aldo Moro se non avesse posto fine alla sua politica di apertura ai comunisti, sentenza che fu effettivamente eseguita – anche se per interposta persona – il 9 maggio 1978. Non si tratta solo di eventi del passato. C’è una continuità storica che perdura nel tempo attraverso i passaggi da un’amministrazione all’altra. Con la differenza che, mentre in passato il ricorso alla violenza omicida avveniva in modo coperto, in tempi recenti, presidente Biden, il suo predecessore non ha esitato a praticare e ad esibire l’omicidio come strumento della politica, com’è avvenuto con l’assassinio del generale iraniano Qasem Soleimani il 3 gennaio 2020.

Quando si è a capo di una superpotenza che non ha mai lesinato il ricorso alla violenza anche in tempi di pace, bisognerebbe avere più prudenza prima di attribuire la qualifica di assassino a un altro capo di Stato. In realtà quest’uscita infelice di Biden è l’annunzio di una cattiva novella, il rilancio di un orientamento strategico che punta al conflitto con la Russia (e con la Cina) e nello stesso tempo la spia di un nervosismo per le crescenti difficoltà americane sui vari scacchieri internazionali. Non ultimo il fronte dei vaccini: la diplomazia dei vaccini intrapresa dalla Cina (con il vaccino Sinovac) e dalla Russia (con lo Sputnik) è un fattore di declino dell’egemonia americana e della potenza della sua industria farmaceutica. In seno al WTO gli Stati Uniti guidano il fronte dei paesi che si oppongono alla sospensione dei brevetti per consentire a Big Pharma di realizzare il massimo profitto dalla pandemia, sennonché la diffusione dei vaccini cinesi e russi è un fattore globale di contraddizione con gli interessi americani.

Di fronte alla gravità della crisi globale provocata dalla pandemia, la risposta non può essere quella della competizione fra contrapposti interessi di potere. Solo la condivisione del sapere e delle risorse può garantirci il futuro. Per questo dobbiamo evitare che l’Europa si faccia arruolare in una nuova guerra fredda.

Gli autori

Domenico Gallo

Domenico Gallo, magistrato è stato presidente di sezione della Corte di cassazione. Da sempre impegnato nel mondo dell’associazionismo e del movimento per la pace, è stato senatore della Repubblica per una legislatura ed è componente del comitato esecutivo del Coordinamento per la democrazia costituzionale. Tra i suoi ultimi libri "Da sudditi a cittadini. Il percorso della democrazia" (Edizioni Gruppo Abele, 2013), "Ventisei Madonne Nere" (Edizioni Delta tre, 2019) e "Il mondo che verrà" (edizioni Delta tre, 2022).

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One Comment on “Da quale pulpito signor presidente!”

  1. a parte il linguaggio che si addice piu al presidente della bocciofila del paesello sperduto e la verticale caduta di stile, ci sono altri aspetti preoccupanti di questa vicenda.

    il fatto che la russia abbia tentato di influenzare la campagna usa, come peraltro
    da sempre i servizi segreti occidentali mettono il becco in questioni elettorali in altri paesi,
    puo destare scalpore solo in pochi.

    probabilmente le stesse persone che rimangono attonite quando apprendono che i social influenzano
    le campagne elettorali, e nemmeno poco.

    come per esempio nel referendum brexit ove un social é riuscito a “tenere lontano”i giovani dal voto, giovani che notoriamente erano pro europa.
    togliere il loro voto dalla bilancia é stato sufficiente a far vincere i leavers.
    se quei giovani avessero votato, UK sarebbe ancora in EU, questo é acclarato.
    vi pare poco?

    sicuramente hanno avuto un ruolo anchenelle elezioni usa.

    stupisce, non poco, che il neo eletto presidente, attempato signore con lunga carriera politica dal quale ci si attenderebbe ben altro stile, si “vendichi” di tale intromissione nlla campagna elettorale a suo personale svantaggio (si, é bene ricordarlo, l intromissione non riguardava il presidente Usa, ma chi si candidava) e che adesso usi il suo ruolo di presidente quasi per “vendicarsi”.

    da notare che la russia preferiva un presidente repubblicano a uno democratico.
    questo la dice lunga su quanto i democratici – al di la dei proclami di amicizia e apertura al mondo- siano effettivamente friendly verso altre nazioni “diverse”.

    in effetti molti hanno notato che trump, pur con tutti i suoi limiti, é stato il presidente meno belligerante degli usa. ha infatti causato molto meno guerre del suo predecessore, il “premio nobel per la pace”, a cui si deve per esempio la primavera araba, con tutte le conseguenze che ha avuto e che prima non esistevano (leggasi: migrazioni) . anch essa sponsorizzata dai social, guardacaso.

    o i vari wikileaks, sempre riguardanti i democratici. e mai smentiti.

    dare dell “assassino”, piu che mettere luce sul presunto assassino mette in dubbio la credibilita di chi urla.

    come peraltro Putin ha fatto nemmeno velatamente fatto intendere.

    robada guerra fredda. spero di sbagliarmi.

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