Germania: la destra nazionalista e l’ordinamento democratico

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Il fatto politico del mese, in Germania, doveva essere il congresso straordinario della CDU, l’Unione cristiano-democratica della cancelliera Angela Merkel. In ballo, l’elezione del nuovo leader del partito, dopo che lo scorso febbraio la segretaria Annegret Kramp-Karrenbauer, succeduta a fine 2018 alla stessa Merkel, aveva annunciato le proprie dimissioni. A interromperne precocemente la carriera, sbarrandole la strada del possibile cancellierato, il pasticciaccio brutto della Turingia, dove i deputati regionali della CDU, contro la sua indicazione, formarono un’effimera maggioranza insieme alla destra di Alternative für Deutschland (AfD). In pochi giorni tornò l’ordine, l’orrendo connubio si ruppe, ma l’impressione fu quella della chiusura della stalla a buoi abbondantemente scappati. «Non hai il controllo del partito», le si rimproverò, e a lei non restò che trarne le conseguenze.

Causa Coronavirus il congresso democristiano è rinviato sine die, la competizione fra i tre aspiranti leader (Friedrich Merz, Armin Laschet e Norbert Röttgen) è congelata. Ma qualcosa di interessante sulla scena politica della Repubblica federale, tuttavia, accade lo stesso. Questo mese di aprile sarà ricordato per un fatto di rilievo all’interno dell’AfD, quella destra nazionalista la cui ascesa, sin qui irresistibile, giustamente spaventa dentro e fuori i confini tedeschi: si scioglie «der Flügel», la corrente più estrema della formazione nazional-populista.

Il gruppo in via di dissoluzione è quello che fa capo alle due personalità più discusse del partito, Björn Höcke e Andreas Kalbitz, rispettivamente alla guida della federazione della Turingia e di quella del Brandeburgo, due Länder roccaforti dei nazional-populisti. A volere la chiusura del «Flügel» (che, letteralmente, significa proprio «corrente») è la dirigenza del partito, con una presa di posizione ufficiale della segreteria nazionale.

Causa scatenante di questa evoluzione è la messa sotto sorveglianza della corrente stessa da parte del servizio segreto interno della Germania, l’Ufficio federale per la difesa della Costituzione, il Verfassungsschutz, organismo dello Stato che fra i suoi compiti annovera il monitoraggio di ogni espressione politica che metta in pericolo l’ordinamento democratico. La sorveglianza è, secondo la normativa, resa nota, ma naturalmente alcune delle modalità attraverso le quali essa avviene sono riservate e coperte. Strumento ambiguo, sia detto chiaramente, anche perché tutt’ora utilizzato contro “la minaccia” rappresentata dai settori più dichiaratamente marxisti della Linke, ma tant’è: in questa fase nel suo mirino sono finiti gli estremisti di destra. I vertici dell’AfD temono che il controllo del servizio di sicurezza interno possa allargarsi all’insieme del partito, e quindi vogliono tagliare in radice la possibilità che ciò accada, perché significherebbe non solo uno stigma politico, ma anche un’oggettiva complicazione per l’attività politica ordinaria: per fare un esempio, gli iscritti a un partito messo sotto osservazione dal Verfassungsschutz non possono, in certe circostanze, ricoprire ruoli funzionariali nell’amministrazione pubblica. Per evitare ogni complicazione, quindi, la dirigenza federale vuole che la problematica corrente cessi le proprie attività.

Per quanto la richiesta nasca da motivi opportunistici, questo passo segnala una contraddizione interna all’AfD che esiste sul serio. Fra l’ala rappresentata dal co-segretario federale Jörg Meuthen e quella dei dioscuri del «Flügel» si registrano differenze notevoli, quelle che passano fra un liberalismo euroscettico conservatore e un nazionalismo «suprematista» apertamente xenofobo e con venature fascisteggianti assai blandamente dissimulate. Il punto è che non è affatto detto che la maggioranza del partito sia più affine al vertice federale “moderato” che non alla parte più estremista, anzi è lecito dubitarne.

La forza del duo Höcke-Kalbitz è paradossalmente rappresentata proprio dalla disponibilità ad andare incontro, senza polemica, alla richiesta di Meuthen e del resto della dirigenza: dal 30 aprile non ci saranno più attività svolte nel nome del «Flügel». Ma questo è possibile perché la penetrazione nel corpo del partito appare ormai tale da rendere inutile l’esistenza di una corrente visibilmente separata. Insomma: sembra proprio uno di quei casi nei quali vale il motto: un passo indietro per farne due avanti. L’elettorato che sin qui ha scelto l’AfD non sembra affatto preoccupato dalla presenza della componente di destra radicale, e gli spregiudicati Höcke e Kalbitz, campioni della «rottura dei tabù del politicamente corretto», ne sono consapevoli.

La sordina agli estremisti fascistoidi può risultare un’arma a doppio taglio, quindi. Se la AfD potrà dal 30 aprile in avanti vendersi come “più presentabile”, essendolo tuttavia soltanto in virtù di un’operazione cosmetica, potrebbero aumentare, in prospettiva, le sue chance di rompere il cordone sanitario che, anche per iniziativa della cancelliera Merkel, le è stato sinora costruito attorno. E che, come insegna il caso della Turingia, ha in realtà già mostrato evidenti crepe.

Gli autori

Jacopo Rosatelli

Jacopo Rosatelli, dottore di ricerca in Studi politici, insegna nelle scuole superiori. Collabora con il manifesto, L’Indice dei libri del mese e Aspenia online. Insieme a Gianrico Carofiglio ha scritto, per Edizioni Gruppo Abele, Con i piedi nel fango. Conversazioni su politica e verità.

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One Comment on “Germania: la destra nazionalista e l’ordinamento democratico”

  1. Caro Jacopo,
    ho letto con molto interesse e ti ringrazio per le informazioni dettagliate e precise.
    Ho perplessità sui tuoi dubbi, relativi all’opportunità dell’operazione dei Servizi Segreti: sono sicuro che oggi la Germania sia il più consistente e conseguente baluardo europeo a difesa di democrazia, libertà e antifascismo.

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