Lo storico Governo di coalizione in Spagna

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Lo scorso 7 gennaio Pedro Sánchez, leader del Partido Socialista Obrero Español (PSOE), è stato eletto Presidente del Governo spagnolo grazie al voto favorevole di una maggioranza molto risicata del Congresso dei Deputati: 167 voti a favore, 165 voti contro e 18 astensioni. Questa elezione è stata possibile grazie all’accordo relativo a un Governo di coalizione con Unidas Podemos e alla dura negoziazione con la sinistra nazionalista catalana rappresentata da Esquerra Republicana de Catalunya, la cui astensione, assieme e quella di nazionalisti di sinistra baschi, ha permesso che l’investitura divenisse effettiva.  

Questo nuovo Governo arriva dopo l’impossibilità di raggiungere un accordo a seguito delle elezioni generali del 28 aprile 2019. I risultati portarono, in quel momento, alla costituzione di un Congresso dei Deputati molto frammentato, dove esistevano due possibilità: un accordo tra PSOE e Unidas Podemos oppure un accordo tra PSOE e Ciudadanos. Pedro Sánchez, che aveva sempre sostenuto che Unidas Podemos fosse il suo partner di preferenza, ritenne tuttavia che le negoziazioni con entrambe le formazioni politiche non fossero feconde. In quel momento il PSOE voleva un Governo in solitaria, con il supporto esterno di Unidas Podemos o di qualche altro partito, portando come esempio di successo la formula portoghese, dove governa il socialista Costa, supportato dal Partito Comunista, dal Bloco de Esquerda e dai verdi (https://volerelaluna.it/in-primo-piano/2019/11/13/lo-stupido-e-la-democrazia-a-margine-del-voto-spagnolo-e-non-solo/).

Pedro Sánchez non ottenne il supporto sufficiente per poter essere investito come Presidente nel luglio 2019. La Costituzione spagnola prevede infatti che si debbano ripetere le elezioni entro due mesi dalla votazione della prima investitura, qualora non sia stato possibile scegliere il Presidente. Questo è stato il motivo per il quale gli spagnoli sono stati chiamati alle urne un’altra volta lo scorso 10 novembre.  

I risultati delle elezioni di novembre furono diversi a quelli di aprile: i votanti punirono con forza Ciudadanos. Tuttavia, dall’altro lato, VOX, partito di estrema destra, ottenne risultati spettacolari. PSOE e Unidas Podemos persero invece alcuni seggi, cosa che disegnava uno scenario molto più complicato rispetto a quello di aprile: l’unica possibilità per la formazione di un Governo era un accordo tra PSOE e Unidas Podemos con l’astensione dei nazionalisti catalani e baschi. In questa occasione, solo 48 ore dopo la proclamazione dei risultati, Pedro Sánchez e Pablo Iglesias, leader di Unidas Podemos, annunciarono che erano giunti a un accordo per formare un Governo di coalizione. 

Nei mesi seguenti, sino a gennaio, è stata negoziata l’astensione imprescindibile di Esquerra Republicana. Infine si concordò che, una volta formato il Governo di Spagna, si sarebbe creata una tavola di dialogo tra il Governo della Catalunya e quello spagnolo, al fine di discutere circa una soluzione del conflitto politico catalano. 

La conseguenza è stata la formazione di un Governo di coalizione tra PSOE e Unidas Podemos, composto da 23 membri, di cui 5 della formazione di cui è leader Pablo Iglesias. In Spagna non si è mai avuta un’esperienza di Governo di coalizione durante la vigenza della Costituzione del 1978. Le uniche esperienze furono durante la II Repubblica, quando era vigente la Costituzione del 1931. Si deve inoltre considerare che Unidas Podemos è una coalizione di partiti, formata da Podemos, Izquierda Unida e i comunes di Catalunya (il partito della sindaca di Barcellona Ada Colau). Dei 5 membri del Governo che sono di Unidas Podemos, due sono di Podemos (Pablo Iglesias, secondo Vicepresidente, e Irene Montero, Ministra dell’Uguaglianza), due di Izquierda Unida (Alberto Garzón, Ministro del Consumo, e Yolanda Díaz, Ministra del Lavoro) e uno dei comunes (Manuel Castells, Ministro dell’Università). Pertanto, si può dire che l’attuale Governo è formato in totale da quattro diversi partiti politici. 

Si deve segnalare che la frammentazione politica, in Spagna, è una conseguenza dell’irruzione di una nuova generazione politica sorta nel 2011 con il movimento degli indignados, denominato Movimiento 15M. Da questa mobilitazione sociale nacque Podemos, che irruppe con forza nel panorama politico spagnolo nel 2014; e anche Ciudadanos, che si vedeva come un partito progressista liberale che avrebbe potuto contrapporsi, da destra, allo spazio aperto da Podemos.

L’accordo programmatico di questo Governo di coalizione ha incluso proposte progressiste, come lo sviluppo di un reddito minimo vitale (simile al reddito di cittadinanza italiano), l’aumento del salario minimo sino ai 1200 euro alla fine della legislatura, l’approvazione di una legge sul cambiamento climatico e la transizione energetica e una riforma fiscale per aumentare le imposte alle persone più abbienti. Per iniziare, il primo accordo del nuovo Consiglio di Ministri dello scorso 14 gennaio ha portato all’aumento delle pensioni dello 0,9% e martedì 22 gennaio è stato approvato un aumento del salario minimo da 900 a 950 euro per il 2020, dopo una negoziazione tra Governo, sindacati e aziende. 

La Spagna si è unita così alla maggioranza dei Paesi dell’Unione europea, che hanno un Governo di coalizione. Negli ultimi anni non è strana la presenza al Governo di partiti che si collocano a sinistra di quelli socialdemocratici, che si integrano nel Gruppo Parlamentare GUE dell’Europarlamento: è il caso di Unidas Podemos.

Tuttavia, l’attuale Governo spagnolo ha una maggioranza parlamentare molto debole e finire la legislatura di quattro anni sarà molto complicato. Per iniziare, deve essere approvata la Legge di Bilancio 2020 e, per farlo, è nuovamente necessario il supporto dei nazionalisti baschi e catalani. Questi ultimi votarono contro la Legge di Bilancio firmata nel 2019 tra PSOE e Unidas Podemos, il che comportò le dimissioni di Pedro Sánchez e le elezioni anticipate dell’aprile 2019. Pertanto, si dovranno osservare con attenzione gli accadimenti dei prossimi mesi per sapere se la formula del nuovo Governo spagnolo avrà successo oppure no.

Gli autori

Andrés Dueñas

Andrés Dueñas è professore di Diritto Costituzionale all’Università di Valladolid

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