FIAT Serbia, situazione attuale

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In Serbia, Paese dove si vive con problemi quotidiani e sotto stress, non fa grande notizia che il 23 novembre la Fiat abbia sospeso la produzione e che i lavoratori di tutti e due turni siano stati mandati in ferie lunghe, probabilmente fino a metà gennaio 2019. Oltre alle ferie di Capodanno, i lavoratori riceveranno in dicembre un salario ridotto al 65% per soli 6 giorni. In totale, nel 2018 i lavoratori Fiat sono stati a casa 40 giorni.

Non è la prima volta che la Fiat interrompe la produzione prima delle feste natalizie, ma quest’anno le modalità sono fonte di maggiori preoccupazioni perché il blocco della produzione avviene con largo anticipo e soprattutto per un mese intero invece che con più interruzioni periodiche come negli anni precedenti.

Viene spiegato che il motivo è la flessione della domanda del mercato e, com’è noto, la Fiat non produce scorte ma si adegua alle richieste del mercato. Quando sarà ripresa la produzione non si sa.

Questa interruzione porta comporta naturalmente ricadute anche sulla produzione dell’indotto.

Il sindacato dei lavoratori Fiat, tramite il segretario Zoran Marković fa pressioni costanti sulla premier Ana Brnabić per avere informazioni sul futuro della fabbrica. La premier aveva promesso che il management della Fiat avrebbe presentato i piani per i 5 anni successivi entro fine 2018, massimo ai primi di gennaio 2019.

Ricordiamo che Fiat Chrysler Automobili il 1 giugno in Italia e poi il 29 settembre a Kragujevac (dopo la scadenza del contratto stipulato 10 anni fa) ha dichiarato che la produzione a Kragujevac sarebbe continuata. Oltre al modello standard 500 L verrebbe prodotta anche la versione ibrida e quella elettrica mentre la produzione di un modello completamente nuovo dovrebbe iniziare nella seconda metà del 2019.

Ricordiamo il grande sciopero del 2017 quando gli operai, per protestare contro le cattive condizioni di lavoro, le carenze organizzative e i bassi salari, hanno abbandonato i posti di lavoro e hanno manifestato prima in fabbrica e poi davanti al Comune. Allora la premier Brnabić ha dichiarato rivolgendosi agli operai „forse il salario di 42.000 dinari (350 euro) non vi basta per vivere, però se la Fiat se ne va avrete ZERO dinari e verrete di nuovo davanti al governo serbo per chiedere la soluzione dei vostri problemi.“

Ha altresì dichiarato che lo sciopero era una vergogna perché i loro posti di lavoro erano pagati con soldi di tutti i cittadini serbi: affermazione corrispondente al vero quando si pensi alle ingenti sovvenzioni che sono state garantite alla Fiat nei 10 anni precedenti. Tale posizione della premier dimostra in quale stato siano i lavoratori dell’industria.

Tenendo presente tutto questo ci chiediamo se i problemi non dipendano dal rinnovo dell’accordo tra la Fiat e lo stato serbo. Non è un segreto che il management di Torino vorrebbe rinnovare il contratto senza modificare quello precedente. L’attuale governo serbo però, che ha spesso criticato il governo precedente per i termini dell’accordo, ritiene che alla Fiat non debbano essere più concesse agevolazioni e che quindi l’azienda debba iniziare a versare i contributi per 2.500 lavoratori nonché tutti i dazi, tasse e IVA. Da queste nuove condizioni anche la città di Kragujevac potrebbe finalmente trarre qualche vantaggio che finora non aveva. Tanto per fare un esempio, si può ricordare che dei 140 ettari di terreno che la fabbrica e le aziende dell’indotto occupano, 30 ettari sono di proprietà del Comune di Kragujevac.

Nel 2017 la Fiat ha prodotto e venduto 65.000 vetture 500 L (a fronte di una capacità produttiva di 180.000 unità) mentre i dati per il 2018 non sono ancora pubblicati ma si sa già che il numero sarà ridotto.

Lo Stato serbo partecipa con 33% del capitale. Nella fabbrica sono stati investiti 1,3 miliardi di euro ma non è noto in quale misura vi abbia contribuito ciascuna delle parti.

 

SERBIA – situazione attuale

Alcuni giorni fa a casa di ogni pensionato serbo è arrivata una lettera di ringraziamento firmata dal presidente Aleksandar Vučić nella quale lui ringrazia i pensionati per la pazienza, la responsabilità, il rispetto e l’affetto verso la patria dimostrati nel periodo precedente e perché con il loro sacrificio e le rinunce di una parte della loro pensione si è potuto garantire il futuro dei nostri figli.

Le reazioni sono state molto vivaci, per vari motivi. Innanzitutto il mittente è il partito radicale serbo il cui logotipo si trova sulla busta. Inoltre, è noto che solo il Fondo pensionistico possiede i dati dei pensionati, dati che dovrebbero essere protetti in base alla legge sulla privacy. E infine, i pensionati non accettano il fatto che il governo, senza chiedere il loro consenso, sin dal 2014 e fino a oggi, abbia decurtato del 10% tutte le pensioni, in base a criteri completamente sconosciuti.

Perciò tale lettera viene considerata una grave offesa oltre che una lesione dei diritti acquisiti.

In Serbia ci sono 2.583.000 lavoratori dipendenti e 1.720.000 pensionati che sono nella fascia più vulnerabile della popolazione secondo i dati ufficiali. Circa 290.000 sono i pensionati che ricevono il trattamento minimo di 14.338,00 dinari (120 euro) mentre 663.000 pensionati ricevono meno di 25.000,00 dinari (210 euro).

La situazione non è rosea nemmeno per quelli che lavorano, nonostante il fatto che il governo continui a dichiarare che la Serbia è un leader economico nei Balcani e che tutto “va molto bene per noi.”

Al contrario, la realtà dimostra che come salario medio la Serbia è quasi ultima in Europa e da anni non ci sono miglioramenti nella posizione a causa di una crescita economica trascurabile. Non sorprende il dato che il 25,6% della popolazione (uno su quattro) vive sotto la soglia di povertà. La categoria più a rischio sono i giovani tra i 18-26 anni: la maggioranza di quelli che lavorano ricevono il salario minimo (circa 200 euro), sono impiegati tramite agenzie interinali “importate” dall’occidente, non riescono a costruirsi una famiglia e a pagarsi una casa propria e sono costretti a vivere dai genitori.

Il tenore di vita reale è reso evidente dal paniere mensile calcolato per una famiglia di quattro componenti: per cibo, bollette, tasse, materiale igienico, istruzione, trasporto, farmaci è calcolata una spesa di circa 110.000,00 dinari (920 euro). Siccome il salario medio risulta di 46.000,00 dinari (390 euro), anche nella ipotesi (poco realistica) che tutti e due genitori lavorino risulta che ogni mese mancano circa 18.000,00 dinari (140 euro). I calcoli sono fatti sulla base del salario medio statistico; ben peggiore è quindi la situazione per le famiglie in cui i genitori ricevono solo il salario minimo di 24.800,00 dinari (circa 200 euro) che è il caso della maggioranza dei lavoratori nel settore industriale.

Un altro dato significativo: in Serbia ci sono 76 “cucine popolari” dove si distribuisce un pasto gratuito al giorno alle persone che non hanno nessun sussidio.

I giovani laureati che non vedono un futuro promettente studiano il tedesco e il norvegese sperando di costruirsi una vita fuori dalla Serbia. E i dati ufficiali mostrano che negli anni Duemila se ne sono già andati dal Paese 486.940 cittadini.

Dicembre 2018

 

Gli autori

Rajko Blagojević

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