Ungheria: la dignità dei senzatetto, il Governo, la Corte costituzionale

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Quando Kálmán Oláh, ex stenografa e segretaria per il Ministero degli Interni ungherese, è tornata in Ungheria dagli States negli anni Novanta, non credo si immaginasse sarebbe salita agli onori della cronaca come una delle prime persone colpite dal decreto senza fissa dimora del Governo Orbàn (su cui si veda: Ungheria, guai ai senza tetto).

Kálmán Oláh, 62 anni, malata di cancro e recentemente rimasta sola dopo la morte del suo compagno, a cui la casa che condividevano era intestata, trovatasi senza un posto dove stare, è infatti finita a vivere per strada nel quartiere dove prima abitava. Anche se presto avrà accesso a una pensione, e nonostante il fatto che abbia fatto causa per riottenere l’accesso alla casa dove ha vissuto per anni, per ora, date le sue condizioni di salute, e lavorando part-time come donna delle pulizie, non guadagna abbastanza per un affitto e così vive all’aperto.

Così, dopo avere ricevuto tre notifiche di sgombero dalla zona dove dormiva, alla quarta volta i poliziotti, trovandola una sera ancora lì con il suo cane, l’hanno portata in caserma e denunciata. Il giudice che ha valutato il suo caso mentre lei assisteva in video conferenza, non essendole permesso di stare in aula, ha detto che «nonostante Kálmán Oláh non intenda vivere per strada a lungo termine, questo non esclude la sua responsabilità» e quindi l’ha dichiarata colpevole di accattonaggio secondo la norma approvata in Parlamento poco più di un mese fa.

Infatti, secondo l’articolo XXII (3) redatto quest’estate, in un periodo in cui il Governo è stato particolarmente attivo nel legiferare contro le ONG, ed entrato in vigore il 15 ottobre scorso, «per proteggere l’ordine pubblico, la sicurezza, la salute pubblica e i valori culturali, un atto o un decreto del governo locale può, per quanto riguarda una specifica area dello spazio pubblico, disporre che usare lo spazio pubblico come dimora abituale sia reso illegale». Dunque la signora, in quanto senza fissa dimora, è di per se stessa illegale. Poco importa che sia pulita o che lavori quanto la sua malattia le permette, poco importa che le condizioni dei rifugi per senza tetto siano orribili, o che lei non possa essere considerata responsabile per aver perso la casa e avere un lavoro mal pagato. Poco importa cosa fa. Quel che conta è quello che è, una senzatetto che l’attuale governo ungherese ha reso piuttosto evidente quanto sia un elemento indesiderabile nella società.

In precedenza la norma proibiva lo stare per strada in certe specifiche aree della città, per esempio vicino ai monumenti, e prevedeva oltre alla prigione delle pene amministrative, mentre ora criminalizza il vivere per strada ovunque e dà ai governi locali il potere di stabilire che un senzatetto venga punito in qualsiasi momento e non con una semplice sanzione amministrativa ma con il carcere. La legge prescrive che, nel caso di una procedura iniziata contro una persona senza tetto, essa sia posta in custodia cautelare fino a quando il giudice non decida sul suo caso (entro un massimo di 72 ore) e che i suoi beni siano confiscati e tenuti dalla polizia fino a sei mesi. Certo, se la persona è disposta ad andarsene subito da dove si trova, le procedure giudiziarie non iniziano neppure, ma se viene trovata nuovamente per strada in tre diverse occasioni in un arco di 90 giorni allora la norma impone l’obbligo del passaggio alle vie giudiziarie.

È proprio per essere stata trovata per strada tre volte nell’arco della stessa serata, che Kálmán Oláh è stata portata di fronte a una corte e, anche se questa volta è stata lasciata andare con un semplice ammonimento da parte del giudice, se le dovesse capitare di finire di fronte a una corte una seconda e poi una terza volta, finirebbe obbligatoriamente in carcere.

L’approvazione di questa norma e la sua messa in atto sono state criticate da molte ONG ungheresi, tra cui l’Hungarian Civil Liberties Union, l’Hungarian Helsinki Committee e il City is for All. Anche Leilani Farha, Special Rapporteur dell’ONU, ha definito l’emendamento “assolutamente inaccettabile” in quanto non solo viola il diritto a vivere in un luogo adeguato ma, criminalizzando il vivere per strada e incarcerando i senzatetto senza offrire luoghi dignitosi dove stare (che sono inadeguati a lunghe permanenze e inferiori di due terzi al fabbisogno), viola la dignità delle persone, e in particolare di minoranze, privandole della salute fisica e mentale di cui hanno bisogno. Molti senzatetto sono infatti migranti, rifugiati o Rom, per non contare il numero di chi, appena maggiorenne e dimesso dall’istituto per minori dove stava, non ha i mezzi per vivere altrimenti.

Un primo tentativo del Governo di criminalizzare il vivere per strada, risalente al 2012, era stato ritenuto anticostituzionale dalla più alta Corte d’Ungheria e quindi modificato, proprio perchè violava la dignità umana. Questo nuovo emendamento, peraltro, sembra avere tutte le carte in regola per incorrere nello stesso vizio.

Innanzitutto, l’atto di dormire per strada, come è definito nella norma, è proibito, ma senza specificare in che modo debba essere punito, il che rende incostituzionale la criminalizzazione dell’atto. Gli obblighi imposti per legge a polizia e giudici limitano la discrezionalità di cui dovrebbero godere gli uni e gli altri nel prendere decisioni sui modi in cui garantire la sicurezza e comminare le pene, per di più considerando che il dormire per strada non costituisce di per sè un atto dannoso alla società, come la stessa Corte costituzionale ha stabilito già nel 2012. La custodia cautelare, la confisca e la distruzione dei beni confiscati, inoltre, limitano anch’essi in modo indiscriminato la libertà personale e il diritto alla proprietà privata. Lo stesso processo non sembra avere il grado di equità richiesto perchè un procedimento sia considerato non discriminatorio e giusto secondo la stessa Costituzione e l’articolo 14 della Convenzione Internazionale per i Diritti Civili e Politici. Non da ultimo, va segnalato che l’applicazione di questa norma porterà verosimilmente alla redazione di elenchi di persone registrate come senzatetto, cosa che ricorda un passato tragico di un’Europa a cui l’attuale Governo ungherese e altri in Europa sembrano guardare con nostalgia.

A fronte di questo accanimento legislativo, ci sono, in Ungheria, soggetti che cercano di garantire il rispetto dei diritti dei senzatetto. Tra questi spicca l’Associazione degli avvocati di strada che, oltre a garantire protezione legale, ha richiesto al Commissario dei Diritti Umani Ungherese (Ombudsman) di iniziare le procedure per valutare la costituzionalità dell’emendamento. Certo con una corte a grande maggioranza Fidesz (il partito del premier ungherese), sarà difficile che i giudici valutino incostituzionale la legge approvata dal loro stesso partito, ma non bisogna per questo non tentare di cambiare le cose.

Ogni regime, prima di manifestarsi in tutta la sua violenza, si accanisce sulle minoranze che nessuno considera. Nel passato, prima dello scoppio della guerra mondiale, in molte zone dell’Est Europa, i Rom semplicemente scomparvero dalla notte al giorno. Questo era un primo segnale, quasi un test per vedere quanto la popolazione avrebbe reagito, quanta opposizione i governi avrebbero incontrato intraprendendo politiche violente e discriminatorie. Quando i Rom furono deportati non incontrarono opposizione e così proseguirono nella loro violenza.

È importante evitare lo stesso errore, opporsi e difendere le minoranze adesso. Non solo per scongiurare il peggio, ma per salvaguardare la dignità di quelle persone che, loro malgrado, vivono in strada e per proteggere i senzatetto, qualsiasi sia la loro storia.

Occorre, dunque, fare pressione sulla Corte costituzionale, ricordando ai suoi membri che nella indipendenza, nel rigore e nella trasparenza sta la loro forza come garanti della giustizia e risiede il significato stesso del loro ruolo. Per questo do voce e mi aggiungo a chi chiede che organizzazioni internazionali e ricercatori mandino amici curiae alla Corte costituzionale per difendere i diritti di chi, senza voce, si sta vedendo strappata persino la dignità umana.

Ha collaborato alla redazione del testo Viktor Kazai

Gli autori

Elettra Repetto

Elettra Repetto è studentessa di dottorato presso la Central European University di Budapest, dove studia Diritti Umani e Teoria Politica.

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