Migranti. Organizzare una cospirazione del bene

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Qualche giorno fa, a Firenze, è arrivato per il forum sul “Mediterraneo frontiera di pace” (https://volerelaluna.it/territori/2022/02/23/firenze-migrazioni-passerelle-e-luoghi-comuni/), l’ex ministro Minniti, quello del Memorandum Italia-Libia (https://volerelaluna.it/migrazioni/2022/02/15/revocare-il-memorandum-italia-libia/), che ha finanziato i lager e le relative torture. L’ex ministro è oggi in Leonardo, uno dei maggiori venditori di armi del mondo. Era un incontro che riuniva vescovi e sindaci per parlare di un mare “frontiera di pace”. Di pace, con Minniti. E si faceva riferimento a La Pira, a La Pira, con Minniti (https://volerelaluna.it/commenti/2022/02/23/firenze-tradisce-la-pira/). Papa Francesco doveva arrivare ma non è arrivato: si è risparmiato incontri imbarazzanti, forse non solo con l’ex ministro, anche con qualcuno della sua “ditta”, come la chiamava Don Milani.

In contemporanea Mediterranea Saving Humans organizzava con Luca Casarini un incontro con chi lavora per aiutare i migranti e dava la parola a uno dei rifugiati sopravvissuti alla detenzione nei lager libici. In sala, intorno a chi parla e a chi ascolta, nell’aria nel cuore e nell’anima, c’è la tristezza di questo tempo ancora di guerra, l’angoscia dell’impotenza di fronte alla geopolitica del potere, dove l’antico imperialismo da secolo breve segnala che il secolo non è poi per nulla breve. Parla David, da un luogo imprecisato. Ricercato, nascosto. E il suo racconto fa venire i brividi. Forse dice cose che già si sono lette e chi voleva sapere sapeva. Ma le storie, le vite raccontate, sono un’altra cosa. Non è un fatto di politica estera, in un certo senso nemmeno di politica dell’accoglienza. È questione di esistenza, di umanità, quindi davvero di politica. È la vita di qualcuno che ha un nome e una vita da raccontare. La racconta pacatamente, pacatamente ti spiega che con i soldi delle nostre tasse – i nostri soldi – si finanziano quei lager, quelle torture, le bande armate chiamate guardia costiera. Li paghiamo noi, seduti in platea ad ascoltare. E la vita di una persona che ti guarda e ti parla non è una somma indistinta di numeri. Minacciosa, magmatica, nemica. I miei studenti una volta parlavano male dei “cinesi invasori” della loro città. Dissi che non mi sembrava bello verso la loro compagna, orientale. Mi risposero: «Ma che c’entra lei, prof… lei è Jong, la conosciamo, è una di noi». Una persona, un nome, tutta un’altra storia. Dalla discussione viene fuori un disagio, una sofferenza. Ma forse alla fine anche una specie di terapia. C’è lo sdegno ovviamente, molti dicono che quelle parole fanno accapponare la pelle, un dolore viscerale, una rabbia. E c’è anche il senso di impotenza, di radicale insufficienza di quello che facciamo, mai all’altezza dell’orrore, del disumano. Un impegno condannato ad essere di parole, con il rischio di salvare davvero solo le nostre coscienze. Forse.

Alessandro Santoro, prete delle Piagge, dice che qui ci conosciamo tutti, si ascolta, si parla, si risponde al mega convegno istituzionale con Minniti. Siamo noi e noi siamo così, con il dovere di esserci, il senso dell’atto dovuto. Ma poi? Bisognerebbe parlare con quelli/e che non ci sono, incontrare gli assenti, quelli che passano per la strada. Essere radicalmente altro e fare diventare il mondo altro, almeno un po’, a partire da dove viviamo e lavoriamo, costruendo relazioni. Una specie di sovversione esistenziale.

Luca Casarini racconta anche lui, in un certo senso, la sua storia, un po’ da Holden Caulfield (Catcher in the Rye): quello che acchiappa i bambini che da un campo di segale cadono nel dirupo. E viene fuori la proposta, un po’ buffa ma di radicale ingenuità, cioè potente, di organizzare una cospirazione del bene. Ci si mette sulle frontiere, si attraversano, si fanno ponti. Si aiutano le persone che soffrono nei lager a fuggire e poi gli si va incontro e si portano via. Una sorta di politicizzazione dell’etica. Dice che la vecchia nave, la Mare Jonio, si vede che è rinata, è felice, ce lo fa capire. Vicini a terra ti ordinano ‒ “le autorità” ‒ di fermarti, fuori dal porto, di rispettare i Sacri Confini. Tu gli comunichi che neanche per idea, noi prima si attracca, si fanno scendere tutte e tutti, poi voi fate quello che vi pare. Prima gli umani. Ti processano, magari ti portano anche in galera per un po’. Chi se ne frega. Alcuni di quelli salvati in Italia o altrove abitano, vivono, lavorano, vanno a scuola. Ti chiamano ogni tanto per salutarti e allora sei felice, come la nave. Vivi finalmente anche tu. Le cose che si fanno hanno un senso, vincono il disincanto, la “malinconia di sinistra” come l’ha chiamata Enzo Traverso.

A un lavoro così arrivano a dare una mano anche ragazze e ragazzi, gli ontologicamente assenti dai convegni istituzionali e dai partiti. Dalla politica come antica militanza: farsi il culo oggi per prendere il potere domani e poi, dall’alto del potere, cambiare il mondo dopodomani. Quello che si fa deve avere senso per chi lo fa, aiutare altre e altri, dunque dare un po’ di felicità.

Quel dolore nello stomaco che si prova ad ascoltare certe storie ha a che fare con l’amore viscerale delle madri per figlie e figli. È una radice dell’umano. Che basta e avanza per combattere il disumano. Per essere sovversivi, cospiratori, naviganti felici, nell’etica del mare.

Gli autori

Andrea Bagni

Già docente di italiano e storia all'istituto Gramsci-Keynes di Prato. Vicedirettore della rivista "Ecole". Tra i fondatori di "Alba" e de "L'Altra Europa" ha partecipato da protagonista a numerosissime iniziative politico-culturali.

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2 Comments on “Migranti. Organizzare una cospirazione del bene”

  1. Beati voi che avete scelto di dedicare la vostra esistenza a portare sollievo ai miserabili! Beati perché avete trovato il modo di raggiugere due obiettivi positivi: il primo determinante per il poveretto aiutato è quello di portare ad un essere vivente un soffio di VITA ; l’altro obiettivo raggiunto è il sentirsi utili, nutrito dalla soddisfazione del compito difficilissimo adempiuto con tutto l’impegno ben profuso e dal riconoscimento naturale insito nelle manifestazioni di chi avete tratto in salvo. Dal mio punto di vista, siete gli unici uomini viventi al mondo da invidiare. Rimane purtroppo anche per Voi, l’eventualità di una sofferenza, aver coscienza che la soluzione dei compiti particolari che tanto spesso risolvete non avvicini la società Umana alla sua riorganizzazione per fare avvicinare anche il più possibile di altri Uomini al Vostro stato privilegiato di beatitudine. A questo si oppone la società umana costruita per i pochi miserabili straricchi e la massa enorme di miserabili poveri alleati in guerra perenne!

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