Non c’è niente che faccia più arrabbiare alcune mogli che il ritardo dei mariti a pranzo. Erano poco dopo le 12 di mercoledì 15 settembre a Bussoleno, Valle di Susa, paese di residenza di Emilio Scalzo. La mattinata stava vivendo quel clima tipico settembrino incerto, sospeso fra sole e nuvole. E così che diventa anche il tempo di attesa di Marinella, “sospeso”, con la tavola apparecchiata e il cibo pronto. Dalla stradina l’unico rumore che arriva è un flebile miagolio: un gatto, probabilmente finito in qualche buco, in un anfratto non riesce più a uscire. Marinella decide di mettere fine a quel lamento e chiede a Emilio di intervenire e aiutare l’animale a uscire dalla trappola nella quale si è cacciato. Non poteva immaginare che in fondo alla strada si stava per aprire un’altra trappola. Due auto civetta e altre due volanti della polizia stavano aspettando Emilio. Ammanettato e caricato su una volante, Emilio sparisce nel nulla.
Marinella aspetta, telefona all’avvocato il quale è all’oscuro di tutto. Trascorrono un paio d’ore prima di venire a conoscenza di un mandato di arresto europeo con richiesta di estradizione in Francia. L’accusa: aver aggredito un gendarme francese durante una manifestazione per i migranti al confine fra Clavière e Monginevro. Il giorno dopo, il 16 settembre la convalida dell’arresto ed Emilio viene trasferito al carcere delle Vallette di Torino. A fine mese, il 29 settembre ci sarà un’altra udienza per decidere sull’estradizione. La misura cautelare in attesa del processo in Francia dovrà essere convalidata dalla Corte di appello. Il difensore esporrà la situazione del suo assistito (facendo riferimento anche a processi in corso ad ottobre in Italia, una situazione che si profila di fatto ostativa per una estradizione).
Marinella è abituata a tutto, anche vedersi arrivare Emilio senza scarpe perché ha lasciato le Timberland a qualche migrante al quale servivano per tentare di attraversare il confine. Magari a pieni nudi ma tornava.
Emilio è molto noto per aver trascorso tutta una vita di lavoro in piena rettitudine, pescivendolo ai mercati nei paesi della valle (https://volerelaluna.it/tav/2020/12/09/a-testa-alta-dalla-sicilia-alla-val-susa/). Conosciuto per la sua generosità per il suo altruismo e anche, sì, per il suo impegno nel movimento No Tav e per l’incontenibile naturale bisogno di allearsi con le persone più fragili, in questo caso i migranti, e aiutarle (due colpe, evidentemente, imperdonabili). È notizia di giovedì 16 settembre che altri due migranti afghani hanno rischiato la vita precipitando di notte nel lago artificiale nella diga di Rochemolles (Bardonecchia). Sono riusciti a uscirne da soli, si sono trascinati fino a un rifugio e, immediatamente soccorsi, sono stati portati all’ospedale di Susa. Un ragazzo di trentacinque anni è stato successivamente portato al Cto di Torino per emorragia celebrale. È una delle tante storie che ci sono su questi valichi alpini. Una di quelle storie dove Emilio non si sentiva di girarsi dall’altra parte.
Intanto in tutta la valle sono in molti a commentare l’arresto sbalorditi. La richiesta di estradizione richiama facilmente reati pesanti, nomi di malavitosi, mafia, traffici di droga. Da quando la notizia è diventa pubblica sono molti gli avvocati di Torino e non solo che si sono cercati in un tam tam per commentare. «L’estradizione del cittadino italiano verso l’estero è un caso limite perché sia la Costituzione che il codice penale la consentono soltanto se prevista da una convenzione internazionale. Ora il Mae, il mandato di arresto europeo, sembra consentirlo ma è incredibile che venga utilizzato per reati simili».
La straordinaria storia di Emilio Scalzo è descritta nel libro di Chiara Sasso A Testa Alta (Edizioni Intra Moenia, 2020, con introduzione di Livio Pepino e postfazione di Nicoletta Dosio) che può essere ordinato anche all’indirizzo emilio.atestaalta@gmail.com (con incasso devoluto alla cassa del movimento No Tav).
Bisogna assolutamente evitare che Emilio venga estradato in Francia!