Ogni anno in Spagna si svolge la Caravana Migrantes, una manifestazione itinerante organizzata da Abriendo Fronteras, Carovane Migranti Italia e Ongi Etorri (associazione basca che si occupa di rifugiati): ha lo scopo di tenere alta l’attenzione sui tema della migrazione.
Quest’anno siamo nelle Canarie: nell’immaginario di tutti noi si tratta di una realtà di turismo, vacanza e benessere; ma è anche terra di approdo per le barche dei pescatori senegalesi, che giungono qui attraversando un tratto di oceano pur non avendo certo le caratteristiche per affrontare in sicurezza le sue onde. Dunque ancora un tratto di mare che diventa un cimitero per molte persone, in cerca di una vita migliore, che spesso restano ignote.
Chi riesce ad approdare arriva dal Senegal, dalla Mauritania, dal Marocco, alcuni dopo mesi se non anni di cammino, attraverso il deserto e sotto il ricatto dei trafficanti. E qui, come in Italia, non trova accoglienza ma centri di detenzione. Qui come in Italia tenta la strada della richiesta di asilo con prospettive quasi nulle di ottenerlo. E qui, come in Italia, si attiva una rete straordinaria di volontariato che offre cibo, abiti, aiuto per la lingua, assistenza legale: una rete di solidarietà e di lotta che pervade tante parti del mondo, che sto toccando con mano e che deve farci sentire ancora più determinati nei nostri interventi sulla frontiera italo-francese, piuttosto che in quelli in Sicilia o alla frontiera italo slovena.
Alla partenza della caravana, un’azione teatrale sulla spiaggia, al ritmo dei tamburi senegalesi, simula il tentativo di approdo, la richiesta tanto disperata quanto inutile di aiuto; intanto due signore passano indifferenti con il loro ombrellone sotto il braccio, i bagnanti restano stesi al sole tropicale da cui cercano di difendersi spalmandosi di profumate creme. Attori che partecipano all’azione? No di certo, ma ahimè la completano con una forte e lacerante dose di realismo. Nei giorni successivi, la caravana alterna manifestazioni, azioni teatrali, momenti di testimonianza nei luoghi significativi: il porto, la sede dell’agenzia di Frontex, la sede della guardia costiera, un cimitero che accoglie le spoglie anonime di giovani vite.
Carovane Migranti Italia da anni apporta il valore aggiunto della partecipazione di testimoni che giungono dalle realtà con cui collabora: le madri nordafricane che lottano per sapere la verità sui loro figli che hanno tentato la rotta mediterranea e il Movimiento Migrantes Mesoamericanos. Quest’anno ci accompagnano e raccontano le loro storie Imed, tunisino, Ruben e Don Lolo dal Messico e dall’Honduras. Storie pesanti, di perdita degli affetti, di impossibilità di sapere la verità, di ritrovamento di corpi smembrati, di desaparicion. Nell’indifferenza, quando non nella complicità dei Governi. Storie unite dal filo rosso (rosso sangue) di politiche migratorie di respingimento e di negazione dei diritti umani, di impedimento all’esercizio del diritto a migrare e a farlo in libertà e sicurezza. Politiche attuate anche dai Governi italiani che si sono succeduti e che hanno condiviso con l’Europa la scelta dell’esternalizzazione delle frontiere, finanziando la guardia costiera libica, la Turchia e perfino il Niger e chiudendo gli occhi sulle violenze perpetrate lungo la rotta balcanica.
Tutto questo deve suscitare l’indignazione e la protesta di chi crede nell’inalienabilità dei diritti umani: un’indignazione che va risvegliata, sollecitata. Rivendichiamo le nostre azioni di solidarietà come veri e propri atti politici che non si limitano a denunciare la necropolitica perché sanno proporre concretamente percorsi di vera accoglienza, che può essere attuata riorientando le risorse che già si spendono. Al contempo occorre informare, sensibilizzare, lanciare messaggi che sappiano sconfiggere l’indifferenza rappresentata da quegli ombrelloni sotto il braccio mentre una vita sta scomparendo tra le onde.
Per approfondimenti sulla Caravana 2021: Facebook @Caravana.AF; Twitter @Caravana_AF; Instagram carabanaabriendofronteras.