«Vi confesso che sono molto addolorato per la tragedia che ancora una volta si è consumata nei giorni scorsi nel Mediterraneo. Centotrenta migranti sono morti in mare. Sono persone, sono vite umane, che per due giorni interi hanno implorato invano aiuto, un aiuto che non è arrivato. Fratelli e sorelle, interroghiamoci tutti su questa ennesima tragedia. È il momento della vergogna. Preghiamo per questi fratelli e sorelle, e per tanti che continuano a morire in questi drammatici viaggi. Preghiamo anche per coloro che possono aiutare ma preferiscono guardare da un’altra parte». Così si è espresso Papa Francesco domenica scorsa dopo il Regina Coeli.
Parole pesanti come pietre che sono rimbalzate contro il muro di gomma della politica e dei media. Questi ultimi non hanno potuto ignorare l’evento ma si sono limitati a spargere qualche lacrima di coccodrillo sforzandosi di decontestualizzare l’evento per occultarne la cause e le responsabilità. Come hanno fatto i responsabili di Frontex, l’Agenzia europea per il controllo delle frontiere, che hanno avuto l’impudenza di diffondere un comunicato nella tarda serata di venerdì 23 aprile in cui – bontà loro – si dicono «profondamente rattristati da questa tragedia» e incolpano gli scafisti di aver stipato «persone disperate su una barca inadatta alla navigazione in condizioni meteo terribili e le hanno spinte in mare, mettendo i profitti al di sopra della vita». Può sembrare banale ma questo è proprio il caso del bue che chiama cornuto l’asino. Tutti i gruppi criminali mettono il profitto al di sopra della vita, ma sono le istituzioni politiche che devono porvi rimedio. Tutte le autorità europee sapevano da due giorni che nel Canale di Sicilia c’erano tre barconi messi in mare dai trafficanti libici. Eppure nessuno ha inviato navi per soccorrere i migranti in balia del mare grosso.
Quale rimedio hanno posto le istituzioni politiche italiane ed europee al fatto che la rotta di flussi migratori dall’Africa verso l’Europa attraverso il Mediterraneo centrale è quella con il più alto tasso di letalità al mondo, al punto che da quando l’Italia ha posto fine, nel 2014, all’operazione Mare nostrum sono morte in mare circa 20.000 persone? Nessuno. Al contrario, la politica perseguìta dalle istituzioni italiane con la complicità di quelle europee si è risolta in una preordinata, dolosa e perdurante nel tempo operazione di omissione di soccorso e di respingimento collettivo. Tutti i mezzi navali italiani o di altri paesi europei inseriti nelle missioni Triton e Themis di Frontex sono stati ritirati dal Mediterraneo centrale, mentre le navi delle Ong che cercavano di colmare il vuoto di soccorsi sono state boicottate e ostacolate in tutti i modi, fino al sequestro delle imbarcazioni o al loro fermo amministrativo nei porti. Frontex esercita solo una sorta di monitoraggio con mezzi aerei che, quando avvistano un’imbarcazione in difficoltà, la segnalano ai libici perché riconducano i migranti nei lager dai quali sono fuggiti. Se i libici non intervengono… pazienza! Se i trafficanti pongono il profitto al di sopra delle vite, Frontex e l’Europa intera pongono la “difesa delle frontiere” al di sopra della vita del popolo dei profughi, utilizzando i naufragi e la morte in mare come strumento per ridurre la pressione dei flussi migratori (https://volerelaluna.it/in-primo-piano/2020/11/21/il-nuovo-populismo-che-penalizza-i-soccorsi/).
Qualche giorno fa l’interprete più agguerrito di questa politica, l’ex ministro dell’Interno Salvini, è stato rinviato a giudizio per sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio per aver impedito lo sbarco di 107 migranti recuperati in mare dalla nave Open Arms, sbarco poi avvenuto solo dopo l’intervento dell’Autorità giudiziaria che, sequestrando la nave, ha posto fine a una sofferenza insostenibile (https://volerelaluna.it/in-primo-piano/2021/04/23/salvini-la-difesa-della-patria-e-lo-stato-di-diritto/). Si tratta di una situazione veramente singolare: non era mai successo che un ministro della Repubblica venisse incolpato di un reato così grave. Saranno i giudici a valutare la consistenza del reato. Ma è importante sottolineare che il salvataggio in mare si compone di due fasi che non sono separabili: il recupero dei naufraghi e lo sbarco in un posto sicuro. Se si impedisce lo sbarco, si impedisce il salvataggio. Dietro il divieto di sbarco c’è un messaggio di violenza bestiale: chi non ce la fa a superare il braccio di mare che separa l’Africa dall’Europa deve morire! Il rinvio a giudizio di Salvini è stato accompagnato da un imbarazzato silenzio nei palazzi della politica, che ha oscurato la gravità della vicenda, banalizzata come un fastidio per la navigazione del nuovo Governo. Lo scandalo è stato silenziato: non a caso, ma per occultare l’oscenità di questa politica, verso la quale partiti, governi, Stati e istituzioni europee sono sostanzialmente corrivi.
Tuttavia l’oscuramento non è servito, l’oscenità nascosta è venuta a galla, come i corpi dei profughi rimasti a fluttuare fra le onde.
Mauro Biani, La Repubblica
le vite in mare vanno salvate sempre, senza eccezione alcuna.
cio premesso, se si vogliono eliminare questi naufragi annunciati, occorre interrompere questi viaggi della morte.
partire con l intenzione di buttarsi in mare in vicinanza di una nave che é li apposta per portare persone in europa non so se sia tecnicamente un naufragio.
assomiglia al buttarsi volontariamente nella piscina di una villa, chiedere aiuto per essere salvato e poi PRETENDERE di vivere in quella villa tutta la vita. questo é un incidente o un atto volontario?
l unico modo per interrompere il massacro di questi esseri umani é convincere queste persone che con i barconi in europa NON si arriva piu.
questo lo si ottiene solo mettendo in sicurezza le persone (ripeto: va sempre e cmq fatto!) e riportandole
nei porti di partenza. a quel punto nessuno rischiera piu la vita per un viaggio, peraltro molto costoso, che – sicuramente – non porterá in europa.
se invece non si interviene e si lascia continuare questi viaggi della morte, i morti ci saranno sempre.
i messaggi di cordoglio e solidarieta continueranno a ripulire coscienze, ma non riporteranno in vita nemmeno una di queste persone morte, purtroppo.
sono vite perse.
se si continua ad “aiutarli” e si va prenderli praticamente a pochi km dalle rive libiche, significa portare fuori controllo queste migrazioni. cosa che peraltro é gia successo pochi anni fa. le conseguenze le conosciamo, e
non sono sostenibili.
oltre all importazione in italia di nuove varianti del virus, s intende.
“… e riportandole nei porti di partenza”. “Per essere torturate nei centri di detenzione”, questa precisazione è rimasta nella tastiera dell’anonimo/a scrivente, ma sicuramente era sua intenzione scriverla.
Difendere i confini può essere una strategia (ma difendere da cosa? quei disperati hanno armi? certo, la più subdola: virus! variati e pericolosi. S’intende). Un’altra potrebbe essere l’organizzazione di corridoi umanitari. Soprattutto perché il fenomeno migratorio (mondiale) caratterizzerà i prossimi decenni e non fermeremo certo quelle correnti con le manine sadiche di una Guardia costiera italo-libica.
Sulle conseguenze non sostenibili si possono leggere molte cose interessanti. Per esempio questa https://www.ilsole24ore.com/art/immigrati-rapporto-costi-benefici-e-positivo-l-italia-ecco-perche-AEltRrGF