La Sea Watch 3 e i falsi dei social

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Quello che segue è un semplice vademecum informativo per trattare correttamente il tema della Sea Watch 3, senza ricadere in disinformazione, inesattezze, luoghi comuni e slogan di propaganda. Abbiamo preso i principali e più inflazionati commenti sui social network – Facebook, Twitter, YouTube e Instagram – per poi confutare le principali false informazioni e i luoghi comuni. Ciò al fine di garantire una corretta comunicazione e informazione, essendo convinti che, per parlare correttamente di un qualsivoglia argomento, è necessario consultare le fonti correnti ma poi effettuare i necessari controlli su ulteriori fonti ufficiali e accreditate.

 

Carola Rackete è una figlia di papà.

Falso.
Nasce nel 1988, è tedesca e laureata in conservazione ambientale alla Edge Hill University nel Lancashire.
A 23 anni è impegnata con l’Alfred Wagner Institute, uno dei maggiori istituti oceanografici tedeschi.
A 27 anni inizia il suo impegno sociale con Green Peace e la Artic Sunrise. A 28 anni inizia il suo impegno con Sea Watch.

Non c’è più rispetto per le leggi italiane.

Falso.
Le Convenzioni internazionali, al pari dei Regolamenti europei, costituiscono un limite alla potestà legislativa dello Stato e, in base agli art. 10, 11 e 117 della Costituzione, il diritto internazionale e le Convenzioni internazionali sottoscritte dal nostro Paese non possono essere derogati da scelte discrezionali dell’autorità politica.

Gli altri Paesi dell’Unione Europea non accolgono i migranti, siamo i soli a farlo.

Falso.
In quest’anno ad oggi la Spagna ha accolto 12.522 persone, la Grecia 17.565 e lo Stato di Malta 1.048. E va ricordato che Malta ha un totale di 460mila abitanti, l’Italia ne conta 60milioni. Per ogni altro dato e aggiornamento in tempo reale, rimandiamo al sito UNHRC, il quale monitora costantemente la situazione nel Mediterraneo e non solo. Francia, Germania, Portogallo, Finlandia e Lussemburgo hanno già dato disponibilità ad accogliere i 42 migranti della Sea Watch 3.

La Corte europea dei diritti dell’uomo sta con il Viminale e Salvini, e ha vietato lo sbarco.

Falso.
Il capitano della Sea Watch, non Carola Rackete che ne è il comandante, ha invocato gli articoli 2 e 3 (diritto alla vita e divieto di trattamenti degradanti e disumani) della Convezione europea dei diritti dell’uomo, chiedendo di esser autorizzati allo sbarco con un provvedimento provvisorio d’urgenza. La Corte di Strasburgo può infatti stabilire misure provvisorie straordinarie (cosa che, peraltro, fa molto raramente), laddove ci sia un pericolo imminente, un danno grave o irreversibile. In questo caso, dopo gli accertamenti (consistenti in domande a entrambe le parti), la Corte, il 25 giugno, si è limitata a respingere la richiesta di un provvedimento provvisorio e urgente, ma non ha affatto negato il diritto dei migranti allo sbarco. Al contrario ha sottolineato l’obbligo dello Stato italiano di continuare a fornire assistenza e ha previsto la verifica dell’eventuale inadempimento da parte dell’Italia agli obblighi della Convenzione, rimandando all’esito di tale giudizio ulteriori decisioni.

In dodici giorni la Sea Watch poteva arrivare in qualsiasi altro porto. È venuta qui per creare lo scontro politico.

Falso.
Le ONG che operano in mare devono rispettare la convenzione di Amburgo, nota come SAR (Search and rescue) e diverse norme sul soccorso marittimo, le quali prevedono che gli sbarchi debbano avvenire nel primo porto sicuro, sia per vicinanza geografica al luogo del salvataggio, sia dal punto di vista della salvaguardia delle persone trasportate.

Le norme sul salvataggio in mare non sono chiare e le ONG se ne approfittano.

Falso.
L’articolo 98 della Convenzione Unclos (United Nations Convention on the Law of the Sea) del 1982, titolato “Obbligo di prestare soccorso” (norma della quale ogni Stato deve esigere il rispetto da parte del comandante di una nave che batte la sua bandiera, nella misura in cui gli sia possibile adempiere senza mettere a repentaglio la nave, l’equipaggio e i passeggeri), prevede che il comandante debba compiere le seguenti azioni: a) prestare soccorso a chiunque sia trovato in mare in condizioni di pericolo; b) procedere quanto più velocemente possibile al soccorso delle persone in pericolo, una volta venuto a conoscenza del loro bisogno di aiuto, nella misura in cui ci si può ragionevolmente aspettare da lui tale iniziativa; c) prestare soccorso, in caso di abbordo, all’altra nave, al suo equipaggio e ai suoi passeggeri e, quando è possibile, comunicare all’altra nave il nome della propria e il porto presso cui essa è immatricolata, e qual è il porto più vicino presso cui farà scalo.

La Sea Watch poteva riportare i migranti soccorsi in Libia (al limite forzando l’attracco come ha fatto con noi) trattandosi di un porto sicuro.

Falso.
La Libia non è considerata un porto sicuro né dalla comunità internazionale, né dall’Unione Europea e il trattamento nei campi di detenzione e nei “salvataggi” è provato da registrazioni e testimonianze sia dirette, che di osservatori internazionali. L’UNSMIL (UN Support Mission in Libya) e l’UN Human Rights Office hanno pubblicato il 20 dicembre 2018 un dossier nel quale sono descritti violenze, soprusi, stupri, torture, estorsioni e omicidi ai danni dei migranti.

La Sea Watch poteva portare i migranti in Tunisia, che è un porto sicuro.

Falso.
La Tunisia non ha una legislazione definitiva e sicura sulla sicurezza internazionale e sull’accoglienza. Ne sono prova ciò che è avvenuto pochi giorni fa alla Maridive 501 e il trattamento riservato ai 75 migranti che si trovavano a bordo, documentato anche da The Guardian. L’episodio ha spinto la comunità internazionale ad avviare una indagine al fine di vigilare e tutelare il rispetto dei diritti umani. Medici senza Frontiere ha denunciato le condizioni disumane dei rifugiati, aggiungendo che «The nearest places of safety for rescues in the central Mediterranean are Italy or Malta». 

La Sea Watch 3 ha affondato una nave da guerra della GdF, ci sono dei feriti.

Falso.
La motovedetta della Finanza si è messa tra la banchina e il molo, al fine di evitare l’attracco. L’equipaggio della Sea Watch ha deciso di non fermarsi, ma l’incidente si è limitato a un contatto fra le due navi. Nessuno è rimasto ferito. Gregorio De Falco, ex comandante della Capitaneria di porto di Livorno, ha spiegato: «L’accusa di violenza a una nave da guerra non regge. La motovedetta della Guardia di finanza contro cui è finita la Sea Watch 3 non è una nave da guerra, che è un’altra cosa. È una imbarcazione militare che mostra dei segni caratteristici ed è comandata da un ufficiale di Marina. Peraltro, la Sea Watch era un’ambulanza, ovvero un natante con a bordo un’emergenza: dunque non era tenuta a fermarsi. Piuttosto, la nave militare avrebbe dovuto scortarla a terra». Allo sbarco, Carola Rackete e tutto l’equipaggio hanno porto le loro scuse per la manovra effettuata, priva di dolo. Anche l’imputazione di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina è stata esclusa, nell’analogo caso della Cap Anamur, nel quale il comandante Stefan Schimdt, arrestato nell’immediatezza, venne poi assolto.

Salvini, con il “decreto sicurezza”, ha fermato gli sbarchi.

Falso.
Nei soli 12 giorni in cui la Sea Watch 3 ha atteso l’attracco, sono sbarcate in Italia 312 persone. Da gennaio sono arrivati nel nostro Paese 2.447 migranti.

Siamo in emergenza, ci invadono.

Falso.
L’affermazione è in netto contrasto con quella di cui al punto precedente, eppure entrambe le frasi si trovano all’interno degli stessi post e commenti sui social. La diminuzione degli sbarchi nell’ultimo periodo è stata di circa l’85%. È però vero che l’emergenza percepita non è diminuita, ma anzi aumentata: chiaro segno di una politica volta a mantenere saldo uno dei punti cruciali della sua vittoria, a tutto discapito della sicurezza degli stessi cittadini.

Il decreto sicurezza è conforme a tutti i regolamenti internazionali e/o nazionali.

Falso.
Il contrasto di numerose norme del decreto sicurezza con la Costituzione e la normativa sovranazionale è sostenuto da molti studiosi (vedi, per tutti, Alessandra Algostino, Il decreto sicurezza, guai agli ultimi e a chi dissente e Lorenzo Martelli, Sicurezza)

Tutta l’accoglienza è a nostre spese.

Falso
Nel 2018, i contributi previsti dall’Unione europea per la crisi dei migranti in Italia si stimano sugli 80 milioni di euro. Per tutte le spese processuali che Carola Rackete e l’equipaggio dovranno affrontare si sono coperti già diversi crowdfunding, tra i quali quelli di Produzioni dal basso, della Rete Antifascista Italiana e di Franco Matteotti.

 

Fonti:

http://questionegiustizia.it/rivista/pdf/QG_2018-2_20.pdf
https://www.asgi.it/asilo-e-protezione-internazionale/libia-respingimenti
https://www.theguardian.com/global-development/2019/jun/19/migrants
https://www.euronews.com/2019/06/25/migrant-rescue-ship-sea-watch-3
https://www.ilpost.it/2019/06/27/porti-chiusi-bugia/
https://www.ilsole24ore.com/art/migranti
https://www.ilpost.it/2019/06/27/capitana-seawatch-carola-rackete/
https://data2.unhcr.org/en/situations/mediterranean
https://ec.europa.eu/home-affairs/what-we-do/policies/asylum/
https://www.ilpost.it/2018/06/12/dati-italia-immigrazione/
https://www.repubblica.it/cronaca/2019/06/30/news/sea_watch_vero_falso

 

L’articolo è pubblicato, con minime differenze formali, sul sito camminandoapassolento.org

Gli autori

Simone Cucco

Simone Cucco, 24 anni, studente di Psicologia a Torino, dal 2015 collabora con l'associazione Treno della Memoria. Nel 2017 ha fondato l'associazione di volontariato “Camminando a passo lento”, con l'obiettivo di creare informazione, al fine di sensibilizzare la cittadinanza su diversi temi. Ha partecipato al MUN di Associazione Diplomatici e compiuto due missioni in Kenya con Time4Life di Modena.

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