“Restare umani”, il motto di Vittorio Arrigoni, è diventato l’obiettivo più concreto in tempi bui come gli attuali. Ed è indubbiamente corretto parlare di razzismo e di fascismo quando ci si riferisce alle parole e agli atti del ministro Salvini, purtroppo in buona compagnia, in Europa e nel mondo, nel seguire e alimentare le peggiori pulsioni umane (vi è una ignobile gara fra Trump e il ministro leghista a chi si mostra più feroce verso i/le migranti). Eppure, da parte di molti, c’è una sottovalutazione del razzismo fascista che trova sempre più spazio nella società, in seguito ai legami di una forza di governo come la Lega con organizzazioni apertamente fasciste come Casa Pound e alle affermazioni e agli atti che dal governo danno impulso a sentimenti nazionalisti e xenofobi (a cominciare dall’espressione, ossessivamente ripetuta, «prima gli italiani»). E le reazioni sono al di sotto di quanto sarebbe necessario, anche se sono cominciate a giungere delle risposte di livello nazionale (l’appello di don Ciotti – e di altri/e – che ha invitato le persone a vestirsi di rosso per mostrare la propria contrarietà ai respingimenti in atto, i digiuni di un gruppo di religiosi davanti a Montecitorio, una importante manifestazione a Ventimiglia, la “rete di solidarietà antirazzista” promossa dalla FIOM).
Il fascismo non è solo quello dittatoriale, di regime, che impone il partito unico e toglie di mezzo, in varie forme, gli strumenti di ogni possibile opposizione. È anche un sentire diffuso, che porta a comportamenti ostili, più o meno violenti, nei confronti delle minoranze, dei cosiddetti diversi, di quante/i non rientrano nel contesto imposto da chi influenza maggiormente il discorso pubblico e il senso comune (e quanto viene veicolato da gran parte dei media mette in cattiva luce migranti, richiedenti asilo, profughi, Rom, indicandoli come una minaccia e generando, quindi, ostilità verso di loro). Il comportamento di chi, come il ministro Minniti, ha inteso contrastare il sentire razzista diffuso assumendone delle buone dosi nei propri atti di governo (una specie di cura “omeopatica”, si potrebbe definire), ha aperto la strada a Salvini, che, in più, ci ha messo la cattiveria, il linguaggio volgare e violento, la tendenza a rendere normale il disumano (con frasi che sottolineano il suo agire “da papà e da ministro”). È così che il razzismo, elemento che caratterizza ogni tipo di fascismo, è pericolosamente cresciuto, e continua a crescere, nel Paese: lo producono la grave situazione sociale ed economica, da un lato, e, dall’altro, i veleni sparsi quotidianamente da Salvini e dai suoi complici.
Prendere in considerazione questo aspetto non significa adoperarsi per l’“Union sacrée repubblicana” (“tutti insieme appassionatamente” contro la barbarie, magari contrapponendo il “civile” Minniti al “barbaro” Salvini), ma impegnarsi per intrecciare alle indispensabili risposte sul piano sociale (volte a ribaltare quanto ha realizzato la cosiddetta sinistra “riformatrice” di Renzi e compari) una capacità di iniziativa politico-culturale in grado di misurarsi sul campo – quartiere per quartiere, paese per paese, città per città – con la disumanità oggi dilagante, che affonda, appunto, le sue radici nel razzismo e nel fascismo. Si tratta di unire alla lotta sociale quella delle idee, contrastando anche su questo piano le forze dominanti e il loro pensiero attualmente egemone. E la ricerca di tale intreccio, difficile ma indispensabile, costituisce, per me, anche la strada per ricostruire la sinistra.
Proprio in seguito al progressivo aumento di atti razzisti da parte del governo e di un diffuso senso comune ostile ai migranti, il 27 giugno si è tenuta, indetta dal presidente della Giunta regionale, Rossi, e dal sindaco di Firenze, Nardella, una manifestazione antirazzista che ha suscitato perplessità a causa dell’ambiguità e dell’incoerenza manifestate dai promotori dell’iniziativa su alcuni temi riguardanti, appunto, profughe/i, richiedenti asilo, immigrate/i, Rom. Perciò persone quotidianamente impegnate in attività solidali non sono state presenti in piazza Ognissanti a Firenze, dove si svolgeva la manifestazione, e altre hanno partecipato, perché comunque contro il fascismo/leghismo volevano esserci, ma sottolineando con cartelli e con una lettera aperta a Rossi e Nardella la loro posizione critica. La gestione dell’evento del 27 giugno, poi, ha messo in luce cosa significhi l’antirazzismo light che ha caratterizzato l’iniziativa: i Rom avevano preso sul serio la manifestazione ed erano presenti in piazza con una delegazione che comprendeva, oltre ad alcuni rappresentanti locali, Santino Spinelli, un Rom abruzzese docente universitario, e Diana Pavlovic, una Rom di Milano già candidata alle elezioni europee. Alla loro richiesta di poter fare un breve intervento nell’ambito di quelli previsti dopo i “comizi” iniziali di Rossi e Nardella (di vari migranti, del Rettore dell’Università di Firenze, di un operaio della Beckaert di Figline) è stato risposto che non era opportuno e non è stata data loro la parola.
È sulla base delle considerazioni fin qui esposte e dell’esigenza di dare segnali in controtendenza rispetto a ciò che avviene a livello istituzionale e sociale che alcune realtà fiorentine – la Rete Antirazzista, il Coordinamento “Basta morti nel Mediterraneo”, il Comitato “Fermiamo la guerra” – hanno pensato di dar vita a un’estate antirazzista, fatta di diversi interventi che mettano in luce la solidarietà, l’accoglienza, l’inclusione come aspetti fondanti della convivenza civile, anche alla luce della nostra Costituzione. Si è così dato vita a “flash mob” nelle piazze di Firenze volti a sensibilizzare sull’insensatezza disumana della chiusura dei porti alle navi che hanno a bordo persone soccorse in mare, mentre fuggono da situazioni di guerra, di persecuzione, di violenza e cercano di approdare in Europa; a proiezioni di film, presentazioni di libri, dibattiti, interventi musicali etc. negli spazi pubblici, in special modo in quelli all’aperto; a incontri con le concittadine e i concittadini Rom, per ricordare il “Porraimos”, ovvero lo sterminio della popolazione Rom e Sinti messo in atto dai nazisti (sterminio il cui anniversario ricorre il 2 agosto), per riproporre il superamento definitivo del campo del Poderaccio con l’inserimento abitativo, lavorativo, sociale di coloro che vi risiedono, per richiedere il riconoscimento, a livello italiano ed europeo, della lingua Rom e quindi dei Rom come minoranza linguistica. Questo, ripescando uno slogan sessantottino, «ce n’est pas q’un debut, continuons le combat».
L’estate antirazzista vuole essere lo stimolo a una mobilitazione ampia in città, che coinvolga associazioni, sindacati, realtà di base, forze politiche e sociali, singoli/e cittadini/e, per riaffermare, appunto, la necessità, estremamente urgente, di “restare umani”.