I dati e le informazioni sui centri di detenzione per stranieri (ufficialmente Centri di permanenza per il rimpatrio o Cpr) sono da sempre frammentari e insufficienti. A questa carenza pone finalmente rimedio il report di ActionAid Italia e Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Bari Aldo Moro “Trattenuti” (https://trattenuti.actionaid.it/wp-content/uploads/2023/10/Rapporto-Trattenuti_10_03.pdf), realizzato, come scritto nell’introduzione, per gettare luce sull’efficacia e i costi di uno degli strumenti più controversi e meno trasparenti delle politiche migratorie italiane.
Nati nel 1998 con la denominazione di Centri di permanenza temporanea e assistenza (Cpta), tali strutture sono ufficialmente deputate a trattenere gli stranieri destinatari di un provvedimento di allontanamento in attesa della sua esecuzione. Tutte le compagini politiche susseguitesi al governo del paese dal 2017 in poi hanno visto nella detenzione amministrativa degli stranieri un tassello fondamentale di una efficace politica di rimpatrio. L’analisi contenuta nel Report mostra, invece, come i Cpr abbiano un impatto limitato sul numero di rimpatri effettivamente eseguiti. In particolare, i dati illustrati nel rapporto indicano che l’investimento crescente nella detenzione amministrativa degli stranieri, testimoniato anche dal progressivo aumento dei tempi di permanenza in detenzione, non ha inciso sull’efficacia della politica di rimpatrio. Al contrario, dall’Italia si rimpatria sempre di meno e con modalità sempre più coercitive.
Pur in presenza di una significativa riduzione dei servizi offerti, peraltro, si assiste a un maggiore ricorso alla detenzione amministrativa e, soprattutto, a tempi di permanenza più lunghi. Ciò aumenta la tensione e la conflittualità nei Cpr e incrementa i costi. L’ulteriore effetto è che, pur in presenza di un raddoppio del numero di Cpr operativi, il sistema continua a funzionare con una capacità ridotta.
Altro dato che emerge dall’analisi, è il disegno di progressiva diversificazione del sistema detentivo per stranieri che si sta realizzando. Accanto alla diversificazione dei termini di durata massima del trattenimento per categoria di detenuto, sta infatti emergendo un circuito detentivo specializzato nella gestione dei rimpatri accelerati delle persone appena giunte sul territorio italiano. In particolare, negli ultimi anni i Cpr sembrano essere diventati un ingranaggio della macchina dei rimpatri accelerati dei tunisini eseguiti direttamente dalle zone di frontiera. La percentuale di cittadini di altre nazionalità effettivamente rimpatriati è invece progressivamente diminuita, fino al punto di diventare trascurabile.
Le recenti evoluzioni normative lasciano inoltre presagire una situazione in cui il numero di richiedenti asilo trattenuti sarà destinato a crescere in maniera molto significativa in conseguenza del cambio di paradigma nella gestione delle domande d’asilo alla frontiera. In breve, avremo sempre più richiedenti asilo trattenuti in detenzione nei centri situati nei pressi dei luoghi di sbarco, soprattutto tra le nazionalità provenienti da paesi considerati “sicuri”. Lo scenario che sembra delinearsi è insomma quello di una progressiva ibridazione del sistema di accoglienza con il sistema detentivo destinato ai rimpatri nelle zone di frontiera. Tale ibridazione sembra andare di pari passo con l’emergere di un circuito detentivo parallelo a quello dei Cpr. In sostanza, si delinea una nuova geografia della detenzione, fatta di luoghi in cui trattenere gli stranieri assoggettati alle procedure accelerate di frontiera e situati in “locali” o “strutture apposite”, “diverse” e “idonee”, affidate alla gestione diretta delle Questure.
Qui il link al testo del Report: https://trattenuti.actionaid.it/wp-content/uploads/2023/10/Rapporto-Trattenuti_10_03.pdf