Il Rapporto 2023 di Caritas italiana sulle politiche di contrasto alla povertà in Italia, dal titolo “Adeguate ai tempi e ai bisogni”, pubblicato nei giorni scorsi, è una importante interlocuzione critica con le proposte di riforma al riguardo attualmente sul tappeto. Lo precisa, nell’introduzione, il direttore della Caritas italiana, don Marco Pagniello.
«Nessuna riforma è positiva o negativa in sé, dipende da come viene disegnata. Questa regola di carattere generale vale anche per la riforma delle politiche contro la povertà prevista dal nuovo Governo, ancor più dato che il suo profilo – al di la dell’annunciato passaggio da una a due misure contro la povertà – pare ad oggi piuttosto indeterminato.
Affinché la nuova riforma possa avere un esito positivo per le tante famiglie in povertà che vivono nel nostro Paese, Caritas Italiana ritiene necessarie tre condizioni: riuscire a trarre lezione dalle esperienze maturate sinora, avere a disposizione il tempo necessario ad affrontare temi complessi, promuovere un confronto costruttivo tra tutti i soggetti – istituzionali e sociali – interessati.
“Imparare dall’esperienza, migliorare le risposte” è, non a caso, il titolo del Rapporto Caritas sulle politiche contro la povertà in Italia (2021). Significa evitare approcci teorici o astratti e cercare di capire cosa ha funzionato e cosa no nelle risposte realizzate sinora, così da superarne le criticità e valorizzarne gli aspetti positivi. È la strada che proviamo a seguire anche in questo testo.
Il Rapporto comincia fornendo gli elementi di sfondo utili a contestualizzare le analisi successive, riguardanti le attuali indicazioni in merito all’intervento transitorio per il 2023 e alla riforma del 2024. Il principale obiettivo dichiarato dal nuovo Governo per questa riforma consiste nel sostituire il Reddito di cittadinanza con due misure, una rivolta ai poveri che non sono in condizione di lavorare e l’altra destinata a quelli che – invece – lo sono. Poiché si tratta di una novità per l’Italia, non è alla nostra penisola che bisogna guardare per imparare dall’esperienza. Il secondo capitolo, dunque, esamina quali sono stati i punti di forza e i punti di debolezza emersi nei Paesi che hanno introdotto soluzioni simili. I successivi tre capitoli, invece, vogliono mettere in luce alcuni messaggi ricavabili dalla recente esperienza italiana, con il Rei prima e il RdC poi, riprendendo i monitoraggi Caritas, così come l’ampia mole di contributi prodotti da una varietà di esperti e centri di ricerca negli ultimi anni. I capitoli sono organizzati in modo di rispondere alle domande chiave che la formulazione di una riforma solleva: a “chi” rivolgersi (definire utenti e importi, cap. 3), “cosa” fornire (percorsi di inclusione, cap. 4) e “come” farlo (riformare le riforme, cap. 5).
I soggetti coinvolti nelle politiche contro la povertà sono tanti: gli enti pubblici (in particolare Regioni, Centri per l’Impiego e Ambiti Sociali) sono titolari di specifiche attribuzioni in tema di progettazione, gestione e realizzazione di politiche di welfare per cui il loro coinvolgimento gioca un ruolo primario, essendo le istituzioni più vicine ai cittadini. Non di meno, i soggetti sociali – enti non profit, associazioni di volontariato, sindacati ecc. – in virtù del rapporto di prossimità che li lega ai cittadini, dispongono di conoscenze pratiche e possono suggerire ipotesi di soluzione a problemi di rilievo collettivo. Il coinvolgimento di questa molteplicità di attori nella predisposizione della riforma è necessario, per due motivi. Da una parte permetterà di beneficiare delle loro conoscenze ed esperienze e, dall’altra, creerà le condizioni per la realizzazione di un percorso di cambiamento condiviso.
La decisione del Governo di rinviare la riforma al 2024 è positiva e non scontata. Sovente, infatti, le norme vengono predisposte con troppa celerità, spinti dall’esigenza politica di mostrare all’opinione pubblica che si è in grado di affrontare un determinato problema rapidamente e senza esitazioni. Il risultato sono abitualmente riforme malfatte e, a pagarne le conseguenze, sono i cittadini. Questa volta non e andata così. Il tempo, dunque, c’è. Ora si tratta di farne buon uso, mettendo a punto misure efficaci, in grado di contrastare le povertà dei nostri tempi e contribuire alla costruzione di comunità capaci di includere».
Qui il link al testo integrale del rapporto: Rapporto 2023 di Caritas italiana