A volte ritornano. La grande bufala del ponte di Messina

Volerelaluna.it

31/05/2023 di: , e

L’approvazione del decreto legge che rilancia il progetto del 2011 del ponte ad unica campata sullo Stretto di Messina non ne fa venir meno l’insostenibilità dal punto di vista ambientale, economico-finanziario e sociale (https://volerelaluna.it/commenti/2023/03/24/il-ponte-di-messina-una-balla-ad-alto-impatto-mediatico/). È, infatti, un’opera dal costo elevatissimo e ingiustificato (14,6 miliardi di euro, quasi un punto di PIL), di cui non è stata dimostrata la costruibilità, che non è finanziata e che si vuole realizzare con una procedura di Valutazione di impatto ambientale addomesticata e bypassando l’obbligo di gara per l’affidamento al general contractor. Lo dimostra il dossier di Kyoto Club, Lipu e WWF Lo Stretto di Messina e le ombre sul rilancio del ponte pubblicato il 26 maggio scorso (curato da Aurelio Angelini, Antonio Di Natale, Anna Donati, Giorgia Gaibani, Anna Giordano, Stefano Lenzi, Domenico Marino, Aurora Notarianni, Antonio Romano, Guido Signorino, Giuseppe Vivarelli e Alberto Ziparo).

C’è anzitutto il fatto – da solo decisivo – che i flussi di traffico attuali e previsti non ripagano l’opera. La relazione del gruppo di lavoro istituito nel 2021 dal Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile (MiMS) (su cui cfr. https://www.legambienteme.org/blog/wp-content/uploads/2021/06/Osservazioni-Associazioni-Relazione-MIMS-su-Attraversamento-Stabile-Stretto-di-Messina-27maggio21-1.pdf) ha, infatti, documentato che attualmente il 76,2% degli spostamenti su nave in ambito locale avviene da parte di passeggeri senza auto al seguito e coloro che ogni giorno si muovono tra le due sponde sono appena 4.500 persone. Quanto alle prospettive, per quanto riguarda il trasporto su ferro, l’utilizzo dell’infrastruttura sarà determinato, secondo quanto viene detto nel decreto legge sul ponte, in misura tale da perseguire la sostenibilità ambientale dell’opera. Mentre il traffico su gomma previsto sarebbe di 11,6 milioni di auto, a fronte di una capacità annua della infrastruttura di 52,56 milioni di auto (anzi di 105 milioni considerata la bidirezionalità dei flussi), con conseguente utilizzo del ponte all’11% della sua capacità: un dato estremamente modesto che non giustifica l’opera. Si aggiunga che anche i dati sull’occupazione indicati dal Governo sono ampiamente sovradimensionati. Sulla base di informazioni fornite da Webuild, il monte ore dei mesi lavorativi per la costruzione del ponte (ottenuto sommando il monte ore mensile parziale di ciascuna categoria di lavoratori: operai generici, saldatori, minatori, operai di macchina ecc.) sarebbe di 85.131 ore, che, considerato l’impiego orario mensile di ciascun addetto a 40 ore a settimana, porta ad un’occupazione media mensile di non più di 507 addetti.

Sotto il profilo della fattibilità, poi, il progetto di ponte ad unica campata redatto dal General Contractor Eurolink presenta una serie impressionante di controindicazioni, evidenziate anche dal già citato gruppo di lavoro istituito dal MiMS: l’ubicazione nel punto di minima distanza tra Sicilia e Calabria allontana il ponte dalle aree metropolitane di Messina e Reggio Calabria; ci sono incertezze sulla stabilità dell’impalcato collegate al vento e agli eventi sismici (in una delle aree a più elevato rischio sismico del Mediterraneo); il ponte sospeso ha una luce maggiore del 50% di quella del ponte più lungo ad oggi realizzato al mondo, con conseguenti dubbi e criticità circa la costruibilità; l’opera ha un impatto visivo notevole, anche in relazione all’altezza necessaria per le torri. Inoltre, nel progetto individuato dal Governo, le dimensioni del franco navigabile (cioè lo spazio che una nave può utilizzare per passare sotto un ponte) comporterebbe il blocco del transito delle grandi navi porta container in rotta dall’Oceano Indiano verso Gioia Tauro (che è il più importante scalo italiano di trasferimento di merci tra mezzi di trasporto). Inoltre, le grandi porta container in partenza da altri porti italiani (Genova, Napoli, Livorno e Salerno), dovendo circumnavigare la Sicilia, subirebbero un aggravio del costo e dei tempi di navigazione. E innalzare l’impalcato di 15 metri (per avere la certificazione del franco navigabile) comporterebbe una riprogettazione integrale dell’opera.

Anche gli aspetti economici sono ampiamente deficitari. Da un lato, non è possibile far rivivere il contratto con il General Contractor (GC) caducato ex lege nel 2013. Sarebbe, dunque, necessario ricorrere a una nuova procedura di gara, ai sensi della normativa nazionale ed europea, ché il valore dell’opera indicato dal Governo (14,6 miliardi di euro) eccede ampiamente il limite massimo entro cui si può procedere senza gara. Le carenze di analisi economica, inoltre, determinano l’indisponibilità della comunità finanziaria a sostenere il progetto con partecipazione al capitale di rischio. Conseguentemente il Piano Economico e Finanziario pone a totale carico pubblico il rischio finanziario sia dell’investimento che della gestione dell’infrastruttura (e la brevità del percorso di attraversamento – secondo lo stesso gruppo di lavoro del MiMS – non lascia prevedere un numero di pedaggi in grado di consentire un’operazione di project financing).

La procedura di valutazione di impatto ambientale, infine, andrebbe rifatta dal principio visto che sono passati oltre cinque anni senza che il progetto sia stato realizzato. Dunque il provvedimento VIA dovrebbe essere reiterato nel rigoroso rispetto – superfluo dirlo – dell’art. 9 della Costituzione che tutela il paesaggio, l’ambiente e l’ecosistema. Merita ricordare al riguardo che la Commissione Tecnica di Verifica dell’Impatto Ambientale VIA e VAS diede il suo parere sulla verifica di ottemperanza del progetto definitivo del 2011 elaborato dal general contractor Eurolink il 15 marzo 2013 rilevando che su 27 prescrizioni solo 6 risultavano ottemperate, 18 (tra cui gli aspetti geo-sismo-tettonici e idrogeologici) ottemperate parzialmente e una non ottemperata. Il parere formulò quindi una valutazione di incidenza negativa del ponte sulla Rete Natura 2000, tutelata dall’Europa. La creazione di una barriera trasversale, qual è il ponte, alla migrazione e la distruzione di aree di sosta e alimentazione contrasterebbero, inoltre, nettamente con la conservazione degli uccelli migratori. Lo Stretto di Messina è un’area cruciale per la migrazione afro-euroasiatica in cui transitano centinaia di specie diverse di uccelli (ad oggi censite oltre 300), con passaggi stagionali nell’ordine delle decine di migliaia di individui di rapaci (38 specie diverse) e nell’ordine dei milioni di individui per molte altre specie, sia durante il giorno che la notte. Dal punto di vista paesaggistico, poi, non c’è alcun rispetto dei vincoli e delle prescrizioni dettati dalla pianificazione territoriale locale che, d’altra parte, non contempla la realizzazione del ponte. Si aggiunga che i quasi 1,5 milioni di metri quadri di paratia verticale costituiti dal sistema piloni-trave-asse di attraversamento rompono l’unitarietà e la continuità scenografica del contesto dello Stretto con un impatto estetico-percettivo e ambientale dai profondi risvolti sociali, collettivi e individuali.

Infine, le norme introdotte dalla legge di bilancio 2023 e dal decreto lege n. 35/2023 (convertito in legge con modificazioni) sono a forte dubbio di legittimità costituzionale per violazione degli articoli 9 (tutela del paesaggio e dell’ambiente), 32 (tutela della salute) e 41 (iniziativa economica privata) perché la tutela del paesaggio e dell’ambiente, anche nell’interesse delle future generazioni, rientra tra i principi fondamentali e prevale nel bilanciamento dei valori (Corte costituzionale n. 179 del 2019). Opinabile anche il rispetto delle disposizioni in tema di tutela della salute (art. 32) e di funzione sociale dell’impresa (art. 41) nonché dei diritti inviolabili dell’uomo e dell’adempimento del dovere di solidarietà di cui all’articolo 2 Costituzione. Inoltre le norme che dispongono la realizzazione di un progetto, privo di valutazione ambientale in spregio alla vocazione naturalistica dei luoghi di rara bellezza e fragilità in ambiti tutelati delle direttive comunitarie per la più alta concentrazione di biodiversità al mondo, sono irragionevoli in quanto non considerano l’opzione zero.

Il testo integrale del dossier è scaricabile al link: https://www.kyotoclub.org/wp-content/uploads/Dossier-Ponte-.pdf