Il carcere visto da dentro

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È stato diffuso nei giorni scorsi il XVIII Rapporto di Antigone sulle condizioni di detenzione nel 2021 e nei primi mesi del 2022 (https://www.rapportoantigone.it/diciottesimo-rapporto-sulle-condizioni-di-detenzione) che evidenzia cambiamenti significativi nella popolazione carceraria. Alcuni dati per tutti.

Il totale dei detenuti presenti negli istituti, drasticamente sceso durante il primo anno della pandemia, è tornato a crescere. Si è passati dalle 53.364 presenze della fine del 2020 alle 54.134 della fine del 2021. A fine marzo 2022 i detenuti nelle nostre carceri erano 54.609. Il tasso di affollamento ufficiale medio era del 107,4% (e quello reale ben maggiore perché, a causa di piccoli o grandi lavori di manutenzione, la capienza reale degli istituti è stata spesso inferiore a quella dichiarata). Significativo il fatto che all’aumento dei detenuti è corrisposto un netto calo degli ingressi, che sono passati dai 92.800 del 2008 addirittura ai 35.280 del 2020, per poi risalire e fermarsi a 36.539 nel 2021. Il calo degli ingressi è certamente frutto delle misure adottate dal 2012 in poi per il contrasto del cosiddetto fenomeno delle “porte girevoli” (cioè l’ingresso in carcere di persone per periodi brevi o brevissimi), ma ad esso corrispondono condanne a pene sempre più lunghe: tra i presenti al 31 dicembre 2021, il 50% aveva subito una condanna definitiva uguale o superiore a 5 anni (a fronte di una percentuale del 40% di 10 anni prima) e il 29% a 10 o più anni (a fronte del 21% nel 2011). Ben 1.810 erano gli ergastolani: nel 2012 erano 1.581, nel 2002 990, nel 1992 408; sono, dunque cresciuti di 1.402 unità in 30 anni.

749 erano i detenuti sottoposti al regime di 41-bis a fronte dei 680 nel 2010. Ed erano ben 9.212 in alta sicurezza, suddivisi fra appartenenti alla criminalità organizzata di tipo mafioso per i quali è venuta meno l’applicazione del 41-bis, detenuti per reati di terrorismo anche internazionale ed esponenti legati alla criminalità mafiosa e alle organizzazioni dedite al traffico di stupefacenti.

I detenuti con meno di 40 anni di età, che sono stati a lungo maggioranza tra la popolazione detenuta, dal 2015 sono minoranza. La loro percentuale al 31 dicembre 2021 si fermava al 45%. Gli over 40 erano dunque il 55%, gli over 60 il 9,5% (mentre 10 anni prima non arrivavano nemmeno al 5%).

Dei detenuti in carcere alla fine del 2021, il 3% stava scontando una pena inflitta fino ad un anno, il 19% fino a 3 anni, il 18% da 10 a 20 anni, il 7% oltre 20 anni, il 5% l’ergastolo. Quanto alla pena residua, il 18% aveva un residuo pena fino ad un anno, il 52% fino a 3 anni, il 6% da 10 a 20 anni, l’1% oltre 20 anni (cui si aggiunge il 5% che scontava l’ergastolo). Un numero enorme di detenuti dunque, per la precisione 19.478, deve scontare una pena residua pari o inferiore a 3 anni. Una gran parte di loro potrebbe usufruire di misure alternative. Al 31 dicembre 2021, dei detenuti presenti nelle carceri italiane, solo il 38% era alla prima carcerazione; il restante 62% in carcere c’era già stato almeno un’altra volta e il 18% c’era già stato in precedenza 5 o più volte. La percentuale di chi ci è stato più volte cala per gli stranieri, ma sale per gli italiani, per i quali si immaginerebbe invece che i percorsi di reinserimento sociale siano più facili.

Ma l’adozione delle misure alternative alla detenzione è molto inferiore alle possibilità. Al 15 marzo 2022 erano in misura alternativa 32.460 persone. Di queste, 20.347 (il 62,7%) si trovavano in affidamento in prova al servizio sociale, 11.241 (il 34,6%) in detenzione domiciliare, 872 (il 2,7%) in semilibertà. Il 9,3% delle persone in misura alternativa (ovvero 3.017) era composto da donne. La misura della messa alla prova riguardava inoltre 24.402 persone. Molto limitata era l’area delle sanzioni sostitutive (semidetenzione e libertà controllata), che riguardava solo 129 persone. Sono 8.860 le persone sottoposte a lavori di pubblica utilità, quasi esclusivamente (93,1%) per violazioni del codice della strada.

Tutto questo avviene in una situazione di costante calo dei reati. I dati mostrano una netta diminuzione rispetto al 2019: 1,8 milioni di reati contro 2,1 milioni (con un meno 12,6%). Nel 2021 gli omicidi sono stati 289, 4 in più rispetto al 2020 ma 25 in meno rispetto al 2019. Nel 1990 erano 3.012, 10 volte in più rispetto a oggi. Da notare che la metà (144) sono stati commessi in ambito affettivo. Il 40% circa delle persone uccise (116) sono state donne (erano il 35% nel 2019), di cui la quasi totalità (100) uccise in ambito familiare/affettivo. In 68 casi a commettere il reato è stato un partner o ex partner.

Il Rapporto completo è consultabile all’indirizzo https://www.rapportoantigone.it/diciottesimo-rapporto-sulle-condizioni-di-detenzione.

Gli autori

Associazione Antigone

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