Nikolai N. Sokov è membro di spicco del Centro per il Disarmamento e per la Non-Proliferazione di Vienna, ma prima ancora fu dirigente presso il Ministero degli Esteri dell’Unione Sovietica e poi della Russia. Fu inoltre negoziatore russo per i trattati START I e START II per il contenimento degli arsenali atomici. E’ autore di testi accademici sulle minacce di guerra nucleare e commentatore presso prestigiosi organi scientifici come il Bulletin of the Atomic Scientists.
Sokov, in questa Lectio in dialogo con Paolo Barnard, ci rivela oggi un dettaglio inquietante, e piuttosto inedito, della nuova dottrina militare della Russia di Putin, che contempla il concetto di “de-escalation nucleare” la cui sostanza sta esattamente all’opposto di ciò che appare dal nome.
Vladimir Putin da oltre vent’anni ha messo in conto che se la NATO o gli Stati Uniti mai dovessero interferire in conflitti dove la Russia si sta giocando interessi di sicurezza nazionale – e questa definizione collima precisamente col conflitto odierno in Ucraina – la Russia avrà l’opzione di sferrare un limitato attacco nucleare contro target militari occidentali per costringere l’avversario a desistere dalle sue interferenze nel conflitto in cui Mosca è coinvolta.
Le implicazioni di questa dottrina firmata da Putin sono inquietanti, se si pensa che la NATO e gli USA, armando l’Ucraina, stanno creando le condizioni perfette per un attacco russo di “de-escalation nucleare”. Inoltre Sokov ci rivela altri aspetti della crisi che sono di primaria importanza, e una considerazione shock sul presidente Joe Biden.
Barnard: Dr Sokov, occorre un minimo di contesto prima di arrivare al nocciolo. Vladimir Putin ha per anni denunciato l’espansione verso est della NATO come una “minaccia esistenziale” al suo Paese, ne ha fatto una questione di vita o di morte per quella che lui chiama “Madre Russia”. A noi suona come propaganda per consumo domestico, e se invece ne fosse davvero convinto?
Sokov: Va capito innanzi tutto che ai tempi di Boris Eltsin l’espansione a est della NATO era percepita come una minaccia d’isolamento politico della Russia, non come un pericolo militare. Mosca temeva di perdere la sua importanzaall’interno dell’OCSE, di essere quindi tagliata fuori dalle decisioni centrali. Poi la grande svolta fu la guerra della NATO in Kosovo nel 1998-9, dove l’alleanza atlantica attaccò un’area d’influenza russa senza passare per una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, dove Mosca, esercitando il veto, credeva di poter fermare le ambizioni belliche degli USA. Quello fu uno shock per il Cremlino, significava che la NATO poteva attaccare ovunque a piacimento, quindi non più un’alleanza difensiva ma offensiva. Inoltre, sempre dal Kosovo, venne la realizzazione dell’immensa superiorità degli Stati Uniti nelle armi convenzionali a lungo raggio. Di fatto Mosca si rese conto che in un conflitto con l’occidente sarebbe stata sconfitta prima ancora di scontrarsi sul campo. Infine la questione ucraina: era chiaro al Cremlino che poco dopo l’ormai certa adesione di Kiev alla NATO quelle avanzatissime testate convenzionali a lungo raggio dell’occidente sarebbero apparse sul suolo ucraino, e qui io capisco come la leadership russa abbia iniziato a percepire la cosiddetta minaccia esistenziale al Paese.
B: Nel 2015 Putin incontrò la stampa internazionale a San Pietroburgo e gli disse in toni concitati “Come fate a non capire che la NATO sta sospingendo il mondo verso uno scontro irreversibile? Non so più come spiegarvelo a sto punto!”. Si riferiva al piazzamento dei sistemi di difesa missilistici Tomahawk a lungo raggio, che se presenti in Ucraina possono raggiungere Mosca in circa 4 minuti, rendendo una difesa impossibile.
S: Esatto. Si replicava, alle porte della Russia, quanto accaduto nei primi anni ’80 quando le due superpotenze piazzarono i missili nucleari a raggio intermedio INF in Europa, i quali avrebbero raggiuto l’URSS dalla Germania, e viceversa, in 7 minuti, concedendo un tempo di reazione microscopico in cui non era possibile verificare l’evento né contattare il leader della parte opposta. Con un’Ucraina che ospiti missili NATO questo stato di cose per il Cremlino sarebbe ancor più esasperato, 4 minuti come lei ha detto. Mi rincresce che ben due tentativi, nel dicembre 2021 e nel gennaio 2022, da parte di Washington e di Mosca di arrivare a un trattato per disinnescare questa minaccia a est finirono in un nulla di fatto. Questo è in breve il contesto, ma sia chiaro che non giustifica l’aggressione all’Ucraina.
B: Lei è, a quanto ci risulta, l’unico specialista di proliferazione nucleare che in questi giorni ha lanciato un allarme inquietante, e cioè la concreta possibilità che Putin, se messo alle corde in Ucraina, ordini un attacco nucleare del tutto… atipico, chiamato “de-escalation”. Può spiegare anche al pubblico di cosa si tratta?
S: Sì, in effetti sono stato l’unico, perché fui funzionario del Ministero degli Esteri sovietico e russo e conosco nel profondo il linguaggio che i nostri generali usano al di fuori delle dottrine militari ufficiali. Di nuovo si deve tornare in Kosovo nel 1999, quando il Cremlino capì che in un futuro scontro con gli USA e con la NATO l’unica sua chance sarebbe stato un attacco preventivo nucleare mirato e circoscritto. Questa idea apparve nelle discussioni sulla nuova dottrina militare firmata da Putin come presidente nel 2000 e prese il nome di “de-escalation” fra gli insider. Contrariamente a ciò che il senso comune suggerirebbe, usare un attacco atomico dimostrativo, e circoscritto a target specifici, funziona come deterrente/shock per costringere l’avversario più potente a fermare le sue operazioni con armi convenzionali contro la Russia, pena l’olocausto nucleare. Il tutto si basa sul concetto secondo cui nell’asimmetria delle forze e di chi ha più da perdere, vince il più debole e chi si sta giocando il tutto per tutto. Come la Russia nel caso ucraino.
B: Per cortesia specifichi: lei ha parlato di un attacco preventivo nucleare mirato e circoscritto. L’Italia ha basi NATO sul territorio… quali sarebbero i target della “de-escalation”?
S: Militari, basi militari…
B: Può fare dei nomi? Aviano per esempio?
S: Sì, Aviano è fra i target, perché i primissimi a essere colpiti da un attacco di “de-escalation” sarebbero proprio le basi aeree USA e NATO. Oltre ad Aviano, la lista ne prevede due in Polonia, quelle tedesche e soprattutto le britanniche. Ma nelle simulazioni fatte fino al 2013 c’erano anche basi in territorio americano. Come vede nella “de-escalation” non stiamo parlando del lancio di armi nucleari tattiche russe a raggio intermedio, ma di quelle a lungo raggio.
B: Lei ha scritto che “Questa minaccia vuole servire a dissuadere gli Stati Uniti e i suoi alleati dall’interferire in conflitti dove la Russia si sta giocando interessi strategici”. E’ la definizione da libro di testo della guerra in Ucraina. La NATO sta armando Kiev, ma l’alleanza si rende conto che sta creando la ‘tempesta perfetta’ per un attacco nucleare russo di “de-escalation”?
S: La mia sensazione è che, grazie al fatto che oggi la Russia ha in una certa misura chiuso l’enorme distanza con gli USA nell’arsenale convenzionale a lungo raggio di cui ho parlato, la prima reazione di Mosca a una prolungata interferenza NATO in Ucraina sarebbe il lancio di missili ordinari, non atomici. Ma purtroppo c’è solo questo gradino fra lo status quo odierno e invece uno scioccante attacco atomico russo di “de-escalation”. E’ troppo poco.
B: I media descrivono la guerra di Putin come un disastro, truppe in difficoltà, obiettivi non raggiunti. Inoltre ilpresidente russo ha inveito contro “i traditori e la feccia interna alla Russia”, intendendo i pacifisti di casa, e ha detto che vanno “purgati”. Putin è sotto pressione, forse sta perdendo la testa. Questo non rende un attacco di “de-escalation” ancor più probabile?
S: Guardi, tutto è imprevedibile in queste condizioni, non ho una risposta ai suoi timori. Fra tutte le opzioni che il presidente ha, la “de-escalation” è di certo la meno probabile proprio per definizione, ma esiste, e ciò che deve allarmare è la totale irrazionalità delle recenti decisioni di Vladimir Putin. Peggio: che il presidente dia il terribile ordine di lanciare missili nucleari a lungo raggio in un attacco di “de-escalation” diverrà enormemente più probabile sulla base delle condizioni che l’occidente porrà a Mosca per arrivare a una pace. Se Putin intuirà che fra le mosse di Biden c’è l’intenzione di provocare un cambiamento di regime in Russia, in stile libico per intenderci, allora davvero partiranno le testate atomiche.
B: I maggiori leader politici della NATO, come Biden, Sholz, Macron, Johnson, Draghi o per esempio Adrej Duda, sono al corrente della minaccia russa di attacco per “de-escalation”?
S: Certo, lo sanno, ed è precisamente il motivo per cui hanno rifiutato in blocco di proteggere l’Ucraina con la “no-fly zone”, mica il timore di un olocausto nucleare su larga scala come hanno detto i media occidentali. E’ la “de-escalation” che gli ha fatto mordere i freni, particolarmente nel caso di Macron che è colui che sta facendo il miglior lavoro per disinnescare questa polveriera. Invece chi ha fatto un errore drammatico è stato Joe Biden.
B: E cioè?
S: Quando Biden ha definito pubblicamente Putin un “criminale di guerra”, di fatto ha reso qualsiasi contatto futuro fra lui e il presidente russo impossibile…
B: Spieghi meglio…
S: Biden ha tranciato ogni possibilità di comunicazione diretta col leader di una superpotenza atomica con cui è sulla soglia di un conflitto armato storico, o addirittura dell’olocausto nucleare. Ne sono rimasto scioccato… questo è pericolosissimo. Ora per qualunque evenienza, anche la più drammatica, tutto è derubricato ai secondi livelli dei tecnocrati delle due superpotenze. Immagini: se si arriva a pochi minuti dal conflitto nucleare, Biden non può esser visto dall’opinione pubblica, o dalla legalità internazionale, chiamare sulla linea rossa e fare appelli a un “criminale di guerra”, al pari di Milosevic o Karadzic. Il presidente degli Stati Uniti si è messo in queste assurde condizioni mai verificatesi dai tempi di Kennedy e di Khruschev, le cui conseguenze possono essere fatali per l’umanità.
B: Ieri il Global Times, che è il foglio ufficiale in inglese del Partito Comunista della Cina, ha titolato “Le relazioni Russia-Cina sono il bene strategico più importante, che le provocazioni statunitensi non potranno danneggiare”. La continua espansione della NATO a est ha sospinto Putin sempre più nelle braccia della Cina. Non è questo un errore strategico ed economico gigantesco?

S: Assolutamente sì, è stato un errore strategico che ora paghiamo col fatto che la Cina, che a mio parere non ha affatto gradito la mossa di Putin in Ucraina, comunque lo sta spalleggiando. Era chiaro fin dal 2014, dopo i noti eventi a Kiev (la destituzione del presidente ucraino, la protesta detta Euromaidan, nda), che Russia e Cina avevano di colpo aumentato visibilmente la cooperazione militare negli spazi aerei strategici per entrambi, e avevano poi stretto una sorta di alleanza – senza vincolo di entrata in guerra per la reciproca difesa – contro la decisione di Stati Uniti e Gran Bretagna di fornire sottomarini nucleari all’Australia. E ora più la Russia sarà indebolita dall’occidente, più dovrà appoggiarsi alla Cina.
B: Tornando un’ultima volta su un attacco di “de-escalation”. Poiché ciò che lo giustifica nella dottrina militare russa è il timore di soccombere in un confronto di forze convenzionali a lungo raggio con l’occidente, Mosca sta correndo a un riarmo a tutto spiano. Ma il riarmo potrebbe incoraggiare ulteriori aggressioni russe. Insomma, l’ideale della pace sembra sempre più lontano.
S: Lei tocca un punto tremendo, che è passato semi inosservato dalla fine della Guerra Fredda. E’ accaduto che una volta calata la tensione per lo scontro nucleare fra i due poli, le diplomazie si sono totalmente scordate del forsennato riarmo a colpi di missili di precisione a lungo e medio raggio, che sono la componente più distruttiva in assoluto fra le armi convenzionali. Si sono moltiplicati all’impazzata e senza nessun controllo né accordi fra le superpotenze. Paradossalmente solo la Russia ha proposto delle limitazioni, che sono sempre state bocciate dagli USA. Lei ha ragione, la pace purtroppo ne soffrirà ancora per molto.
B: Da insider e da russo lei avrà una buona idea di qual è il sostegno popolare reale di cui gode Putin nel paese.

S: I sondaggi ancora oggi gli danno il 70% di consensi. E volendo anche essere scettici su quella cifra, di certo oltre la metà dei russi è con lui. Ma la cosa più importante in questo senso è che anche i russi che non condividono la decisione di Putin di fare la guerra, in ogni caso considerano la NATO e gli Stati Uniti una minaccia per il loro paese. Il gradimento per l’occidente non è affatto così diffuso in Russia come spesso la vostra stampa vuol far credere.
B: E come sono viste dai russi le sanzioni?
S: Ah! Quelle che hanno colpito gli oligarchi sono un vero e proprio regalo a Putin. La gente comune detesta gli oligarchi, ma anche Putin non li gradisce, e unicamente poiché essi di norma portano immense quantità di capitale fuori dalla Russia per investirle in occidente. Ora la confisca di parte delle loro ricchezze in Europa e negli Stati Uniti costringerà gli oligarchi a tornare a investire in Russia con la coda fra le gambe, a inchinarsi davanti al presidente, e questaè una vittoria sia per Putin che per il popolo che li accusava di sottrarre ricchezze al paese.
B: Ha un ultimo commento che ci vuole lasciare?
S: Le ore che stiamo vivendo sono eccezionalmente pericolose.
E’ il testo della Lecture tenuta da N. Sokov alla Scuola Capitale Sociale il 7 aprile 2022 in dialogo con Paolo Barnard.
A questo LINK è possibile ascolta in versione integrale la Lezione di Nicolai Sokov