Dopo 60 anni di guerra alle droghe e 31 di applicazione del Testo Unico sulle droghe Jervolino-Vassalli, gli effetti devastanti di questa politica sono sotto gli occhi di tutti. La legge sulle droghe continua a essere il principale volano delle politiche repressive e carcerarie.
La legislazione sulle droghe e l’uso che ne viene fatto sono decisivi nella determinazione dei saldi della repressione penale: il contenimento del carcere passa necessariamente attraverso la decriminalizzazione delle condotte legate alla circolazione delle sostanze stupefacenti così come le politiche di tolleranza zero e di controllo sociale coattivo si fondano sulla loro criminalizzazione. Basti pensare che in assenza di detenuti per il reato di cui all’art. 73 del Testo unico sugli stupefacenti o di quelli dichiarati tossicodipendenti, non vi sarebbe il problema del sovraffollamento carcerario.
Dopo 31 anni di applicazione è chiaro che questo non è un effetto collaterale della legislazione antidroga, ma un effetto voluto.
10.852 dei 35.280 ingressi in carcere nel 2020 sono stati causati da imputazioni o condanne sulla base dell’art. 73 del Testo unico. Si tratta del 30,8% degli ingressi in carcere.
Sui 53.364 detenuti presenti in carcere al 31 dicembre 2020 ben 12.143 lo erano a causa del solo art. 73 del Testo unico (sostanzialmente per detenzione a fini di spaccio). Altri 5.616 in associazione con l’art. 74 (associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope), solo 938 esclusivamente per l’art. 74.
Restano drammatici i dati sugli ingressi e le presenze di detenuti definiti “tossicodipendenti”: lo sono il 38,60% di coloro che entrano in carcere, mentre al 31 dicembre 2020 erano presenti nelle carceri 14.148 detenuti “certificati”, il 26,5% del totale.
Sono, questi, alcuni dei dati contenuti nel dodicesimo Libro Bianco sulle droghe pubblicato nei giorni scorsi e promosso da La Società della Ragione insieme a Forum Droghe, Antigone, CGIL, CNCA, Associazione Luca Coscioni, ARCI, LILA e Legacoopsociali con l’adesione di A Buon Diritto, Comunità di San Benedetto al Porto, Funzione Pubblica CGIL, Gruppo Abele, ITARDD e ITANPUD.
Il rapporto oltre a contenere i dati (2020) relativi agli effetti della war on drugs sul sistema penale e penitenziario italiano presenta una serie di riflessioni sul sistema internazionale di controllo delle droghe, a 60 anni dalla firma della prima convenzione Unica sugli stupefacenti, e sulla Conferenza nazionale sulle tossicodipendenze mai convocata da 12 anni. Inoltre come ogni edizione contiene riflessioni e approfondimenti sul sistema dei servizi, sulla riduzione del danno e sulle prospettive di riforma delle politiche sulle droghe a livello nazionale e internazionale.
Quest’anno il Libro Bianco pone grande attenzione all’anniversario dei 60 anni dalla firma della convenzione unica sulle droghe del 1961. Il 30 marzo 1961 a New York infatti gli Stati, firmando la Convenzione Unica sugli stupefacenti, si diedero fra gli altri l’obiettivo di eliminare le produzioni illegali di oppio entro il 1984 e quelle di cannabis e coca entro il 1989. 37 anni dopo, nel 1998, di fronte al fallimento se ne diedero un altro: un mondo senza droghe entro 10 anni. Nel frattempo, l’uso di sostanze illegali è aumentato a velocità doppia rispetto alla popolazione mondiale e produzione e narcotraffico sono completamente fuori controllo. 60 anni di politiche proibizioniste non hanno avuto alcun effetto sui mercati illegali e sugli usi personali, mentre la war on drugs ha provocato più danni di quelli delle sostanze stesse, sia in termini sanitari che sociali, ambientali ed economici. Nella prima parte del Libro Bianco si ricostruiscono anche le motivazioni geopolitiche alla base delle convenzioni e la loro evoluzione e viene affrontato il tema della loro possibile riforma.
Il Libro Bianco, disponibile in versione cartacea in tutte le librerie e i rivenditori on line, è consultabile sul sito di Fuoriluogo, www.fuoriluogo.it/librobianco.