Il primo settembre 2016 l’allora settantanovenne re di Norvegia, Harald V, si è rivolto ai suoi concittadini, dal giardino del palazzo reale di Oslo, con un discorso appassionato e intenso, assai diverso da quelli formali di re e capi di Stato.
In quel discorso ha parlato di diritti degli omosessuali, di migranti, di accoglienza, di rispetto per le altre religioni. Ecco alcuni passaggi del discorso: «Sono norvegesi ragazze che amano altre ragazze, ragazzi che amano altri ragazzi, e ragazze e ragazzi che si amano tra loro. I norvegesi credono in Dio, in Allah, in tutto o in nulla». E ancora: «I norvegesi siete voi. I norvegesi siamo noi, la Norvegia è unita, è una, alla Norvegia appartengono tutti gli esseri umani che ci vivono per quanto diversi tra loro possano essere». Sui migranti: «I norvegesi vengono dal nord della Norvegia, dalla Norvegia centrale, dal sud della Norvegia e da tutte le altre regioni. Sono norvegesi anche coloro che sono venuti dall’Afghanistan, dal Pakistan e dalla Polonia, dalla Svezia, dalla Somalia e dalla Siria. I miei nonni vennero qui emigrando dalla Danimarca e dall’Inghilterra centodieci anni fa. Non è sempre facile dire da dove veniamo e di che nazionalità siamo. La casa è il luogo dove batte il nostro cuore, e non sempre può essere confinata all’interno delle frontiere nazionali».
Due anni fa, come oggi, si moltiplicavano in Norvegia i casi di intolleranza verso i migranti, di razzismo e di discriminazione. Forse anche per questo il discorso di Harald V è diventato virale e ha avuto, sui social, milioni di visualizzazioni.
Lo riproponiamo in un momento in cui il nostro Paese sembra muoversi nella direzione opposta.