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30/06/2023 di: Paolo Barsi
Marcello Gori, il protagonista di questo romanzo, è un giovane viareggino inconcludente, «cullato da una rassicurante bambagia di irresponsabilità», come riconosce lui stesso. Rifugge, pur facendone parte, quella generazione di «ragazzoni imbecilli e ipertatuati la cui adolescenza si protrae per un ventennio, anche dopo la loro iscrizione al popolo della famiglia tradizionale». Impiega un decennio per laurearsi in Lettere ma – giura – solo per sfuggire all’eredità del bar di famiglia cui il padre, separato, avrebbe voluto destinarlo. La fuga da quel destino, casualmente – ma la casualità è la cifra delle sue in/decisioni – lo spinge a presentarsi a un concorso universitario per la borsa di un dottorato. Inaspettatamente “passa” ed entra da dottorando presso il dipartimento del professor Sacrosanti (omen nomen). Marcello gli riconosce doti di ottimo insegnante, se non fosse per «quel godimento quasi erotico che Sacrosanti trae dai rapporti di potere interni all’università». Purtuttavia incaricato dal suo “dominus” di dipartimento di preparare una tesi sulla figura di Tito Sella, un terrorista finito in carcere e poi morto, si immerge nello studio delle sue opere sino a sviluppare quasi un’identificazione con lui, al tempo stesso stimolato e “spinto” in questo dal contesto di dispute e intrighi interni all’ambiente accademico.
Lo stile ironico e il sarcasmo con cui l’autore descrive il mondo accademico, lo premierebbe già abbondantemente (qualcosa pur conoscerà avendo studiato a Pisa e conseguito un dottorato di ricerca), ma il romanzo si presta anche a una seconda spassosissima e intelligente lettura. Il confronto tra due generazioni: quella di Marcello, provinciale e irrisolta, e quella del terrorista Tito, idealista e incompiuta. Il racconto della Brigata Ravachol è un piccolo capolavoro di comicità da non perdere, così come il finale, che ha del paradossale.
Segnalazione di
Paolo Barsi
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