Precari a Torino

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Che il lavoro giovanile sia, quasi sempre, un lavoro precario è una verità assodata e, per sfortuna, quasi accettata. Da quando, nei primi anni Novanta, si è affermata la “flessibilità” del lavoro, richiesta a gran voce dalla parte datoriale con la nobile motivazione di “far crescere l’economia” ma con il reale intento di incrementare i propri guadagni, la corsa a precarizzare il lavoro non ha più avuto sosta. Si sono moltiplicati i cosiddetti “contratti atipici” e la fantasia, applicata al rapporto di lavoro, ha preso il potere. Lo scivolamento dal lavoro dignitoso al lavoro-merce (segnalato già molti anni fa nel saggio di Luciano Gallino, Il lavoro non è una merce, Laterza, 2007) è stato uno dei fenomeni sociali più preoccupanti dell’ultimo trentennio.

Qui vorrei portare l’attenzione su un esempio, perché è soltanto attraverso la concreta durezza dei particolari che l’espressione “lavoro precario” trova una forma precisa. Dunque, l’Università degli studi di Torino (Direzione Bilancio e Contratti) pubblica a inizio del 2022 un “avviso per la predisposizione di un elenco aperto di operatori/trici economici/che per l’affidamento di servizi di assistenza tecnica veterinaria destinati alla Struttura Didattica Speciale Veterinaria” (qui il testo integrale, di ben 22 pagine: https://www.unito.it/sites/default/files/avviso_elenco_operator_economic_servizi_assistenza_vet_sdsv_prot_225532_2022.pdf). In premessa si specifica che la predisposizione di tale elenco «ha valore di indagine generale di mercato e non pone in essere nessuna procedura selettiva, concorsuale, né parimenti prevede la costituzione di alcuna graduatoria di merito delle figure professionali. L’inclusione nell’elenco non comporta l’assunzione di alcun obbligo specifico da parte dell’Università degli Studi di Torino, né l’attribuzione di alcun diritto all’operatore/trice economico/a, in ordine all’eventuale affidamento dei servizi». Questo giusto per mettere le mani avanti e affinché nessun aspirante operatore/operatrice si monti la testa.

Nel bando vengono individuati competenze e titoli di studio che operatori/operatrici dovranno possedere, suddividendo gli aspiranti tra dotati di competenze di base, o specialistiche, o ancora altamente specialistiche. Non mancano i dettagli, anzi, in questo senso, il bando è molto preciso. Riporto, per far comprendere meglio a chi legge, cosa si intenda per competenze “altamente specialistiche”: «Titolo di studio: diploma di un corso di laurea triennale in “Produzioni e gestione degli animali in allevamento e selvatici” o corsi della stessa Classe di Laurea (Classe L38); possono fare richiesta anche operatori/trici economici/che in possesso di titolo di studio di grado superiore attinente (bontà loro!). Esperienza professionale certificabile di almeno tre anni presso strutture pubbliche oppure cinque anni presso strutture private [etc.]».

Quanto verranno pagati i fortunati operatori/operatrici impiegati (non “assunti”, per carità!) presso le strutture dell’Università? € 7,00/all’ora (+ IVA di legge se dovuta) per competenze di base; € 7,50/all’ora per competenze specialistiche; € 8,00/all’ora per competenze altamente specialistiche. Come si può notare, le competenze “altamente specialistiche” vengono fortemente premiate con un euro in più all’ora rispetto alle “competenze di base”. Capiamo, peraltro, che l’appiattimento di retribuzione non è legato ad una Weltanschauung socialista leggendo il resto del bando. Infatti i candidati: a) devono munirsi di Partita IVA; b) devono dichiarare di essere consapevoli «che l’elenco non costituisce graduatoria di merito e che l’inserimento nello stesso non comporta l’assunzione di obblighi specifici da parte dell’Università etc.»; c) devono «impegnarsi, in caso di affidamento, a produrre adeguata polizza assicurativa professionale per responsabilità civile verso terzi, nonché adeguata polizza assicurativa a copertura degli infortuni». Quanto all’orario di lavoro «la durata di ciascun turno che prevede orari diurni, notturni e festivi sarà stabilita mediante accordo tra l’operatore/trice economico/a e il/la proprio/a Responsabile di servizio. Salvo diversa pattuizione tra le parti, per turno diurno si intende un periodo di ore (anche non consecutive: sic!) nella fascia oraria 06-22, per turno notturno si intende un periodo di ore (anche non consecutive) nella fascia oraria 22-06».

In pratica il/la malcapitato/a dovrà contrattare singolarmente l’orario di lavoro, anche non consecutivo; se trova un/una responsabile irresponsabile e sadico/a, gli/le potrà accadere di lavorare dalle 22 alle 24 e poi dalle 3 di notte alle 6; verrà però remunerato tra i 7 e gli 8 euro all’ora, da cui detrarre, se vorrà, se potrà, contributi e tasse. Ma grazie alla polizza assicurativa sugli infortuni potrà (forse) ottenere un risarcimento per i danni procurati da un orario e da una condizione di lavoro stressanti. A consolazione degli operatori/operatrici c’è il fatto che la tortura avrà durata massima di un anno.

Due osservazioni: il bando si rivolge, è evidente, a giovani in cerca di prima occupazione. Sembra però scritto da un/una seguace del Sacher Masoch, perché soltanto nelle opere del grande scrittore di Leopoli è dato trovare contratti con tante e tali clausole vessatorie. Siamo inoltre abituati a considerare le multinazionali come le principali associazioni che campano dello sfruttamento selvaggio dei lavoratori: dispiace constatare quanto l’Università si adegui a questo andazzo, per giunta in peius. Lo riteniamo un segno certo del degrado civile e morale che attanaglia il nostro Paese e condanniamo la superficialità di chi ha controfirmato il Bando con nome e cognome, senza porsi ‒ è evidente – nessun problema, senza vergognarsi di essere «strumento cieco d’occhiuta rapina».

Gli autori

Giovanna Lo Presti

Giovanna Lo Presti, ricercatrice, si occupa di Letteratura italiana e del rapporto tra sistema scolastico e società.

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