È la frase che un ragazzo rom dice nella vignetta quotidiana di Biani su “Il Manifesto” di qualche settimana fa, rovesciando il punto di vista dei versi di Martin Niemöller: «Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei, e stetti zitto perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare».
Le parole e i fatti
Matteo Salvini, Ministro dell’interno e Vicepresidente del consiglio, ha proposto di censire i rom e di non rispondere agli SOS dei gommoni in difficoltà; ha chiuso i porti ai salvati in mare.
La proposta di censire i rom è indegna come fu indegno il censimento degli ebrei. «Col cognome che ho, potrei rispondere che la domanda è inutile, ma non risponderò perché la domanda è indegna», rispose Benedetto Croce. “Ebreo”, “rom”, “musulmano”, “negro” non sono condizioni giuridiche, come “cittadino italiano” o “apolide”, che hanno un confine netto. Trasformare una appartenenza soggettiva, o l’aspetto, che non ha confini biologici, in condizione giuridica, è di per sé discriminazione, razzismo.
L’indicazione di non soccorrere i naufraghi in mare, chiudere i porti, respingere in Paesi insicuri, come la Libia, creare centri di reclusione o campi di concentramento nei Paesi stessi da cui si fugge, da cui si vuole emigrare, non è solo violazione di trattati ma è, e credo voglia essere, violazione di un tabù, del buon senso, della nostra comune umanità.
Più che “prima gli italiani” il Ministro dell’interno sembra voler dichiarare “solo gli italiani” – italiani per discendenza, per “sangue”, s’intende. Del resto anche Trump e i governi del gruppo di Visegrad, che sono i riferimenti naturali e gli alleati politici della Lega “nazionale”, chiudono senza tante sottigliezze. Anzi introducono di nuovo discriminazioni tra i propri cittadini, o aboliscono misure protettive per i cittadini più deboli. Gli alleati naturali del Ministro dell’interno in politica estera costituiscono un blocco che si oppone di fatto all’Unione europea, non solo all’euro.
L’apertura alla Russia di Putin, l’opposizione alle regole ecologiche e sanitarie, è comune anche a Trump.
Sul contributo al riarmo richiesto da Trump ai Paesi subalterni della NATO, per ora, non abbiamo sentito nulla.
Si dirà che è un’operazione d’immagine: parole, pubblicità. Che non bisogna preoccuparsi più di tanto. Che criticare Salvini è inutile perché ciò che Salvini vuole è proprio attaccare le convinzioni, o le dichiarazioni, umanitarie ed ecologiche che diamo per scontate, e guadagnarci alle elezioni, come è riuscito a fare Trump. Si è letto che l’accordo con il gruppo di Visegrad è contraddittorio perché quelli lì dei profughi approdati qui non vogliono prenderne neanche uno; che la politica estera dell’attuale governo italiano è irrealizzabile.
Temo che le situazione sia peggiore di come viene descritta, che le parole di Salvini possano avere successo, che alcuni commenti non abbiano preso atto dell’accordo raggiunto dai due vincitori, ritenuti “incompatibili”, che invece si sostengono a vicenda; che ci siano già fatti gravi prodotti dalle parole del Governo. Di Maio ha sostenuto le peggiori uscite di Salvini, il cui seguito sembra crescere. I nazionalismi estremi sono in crescita anche in Germania, Austria, Paesi Bassi, Francia. Le elezioni europee dell’anno prossimo possono essere un successo dei nazionalisti. Adesso vengono chiamati “sovranisti”, ma se “dimenticare di cambiare le parole quando cambiano i costumi” è disperante per gli storici, come ha scritto Marc Bloch in Apologia della storia, altrettanto disperante è che le parole cambino quando i costumi restano gli stessi.
Mentre scrivo c’è una nave di soccorso bloccata, altre deviate per la chiusura dei porti italiani, motovedette promesse alla Libia, il Paese da cui si fugge, per riportare indietro i fuggiaschi. Ci sono nuovi annegati a centinaia; ci sono decine, centinaia di migliaia di migranti in condizioni disumane. Mi rendo conto che c’erano annegati a centinaia e reclusi a centinaia di migliaia anche prima. Ma ora ci proponiamo di portare Frontex alle estreme conseguenze: rafforzare i Paesi che bloccano la migrazione. Ieri, almeno, portavamo il lutto per i morti in mare. Un papa è andato a gettare fiori in mare in loro memoria. Oggi non ci facciamo più caso e diamo per scontato che gli zingari sono zingari e vanno trattati come tali. Stiamo scivolando, un passo dopo l’altro, verso il fascismo, per usare la vecchia parola. Penso che dovremmo provare a opporci seriamente, anche criticando le omissioni e gli atti di governi passati che hanno reso possibile lo scivolamento. Non si tratta di criticare ritualmente le misure del Governo come ogni opposizione fa e deve fare, ma di opporci con argomenti e atti adeguati alle violazioni dei diritti umani e costituzionali, che non sono normale politica.
Il Capo e il popolo
Salvini è solo Ministro dell’interno ma parla come se fosse il Capo del governo, in un sistema istituzionale che non prevede un Capo del governo ma solo un Presidente del consiglio. Il Presidente in carica, dal canto suo, lascia dire di esserlo per mandato dei due Capi partito che lo hanno scelto e proposto al Capo dello Stato, che lo ha nominato. Uno dei due, del resto, come sappiamo, si definisce Capo politico, non Presidente o Segretario, del suo non partito, e dipende dall’azienda di informatica che a tale carica lo ha nominato, dopo un sondaggio in cui ha ricevuto qualche centinaio di voti. Si potrebbe dire che la Lega nazionalistica e il non partito hanno realizzato, finalmente, una partitocrazia compiuta, che, al di fuori di sé, rispetta solo il Presidente della Repubblica, almeno a parole, e il Popolo, di cui è mistica espressione. Si potrebbe dire anche che sta rinascendo il doppio Stato: un potere totalitario che comanda con la copertura di una maschera istituzionale. Non credo che la conquista e l’asservimento delle strutture dello Stato siano completi. Certo sono nei programmi di questo, e di precedenti, governi. Sono decenni, almeno dalla prima vittoria di Berlusconi, che i vincitori si comportano come se fosse in vigore una Costituzione, a loro gradita, diversa da quella realmente vigente, e che si propongono di fare approvare, senza riuscirci. Perciò da varie elezioni votiamo per candidati alla Presidenza del consiglio in un Paese che non lo elegge direttamente. Di Maio, proponendo al Presidente della Repubblica l’intero governo, ha solo portato la finzione alle estreme, grottesche, conseguenze. Non abbiamo un Capo legale, solo partiti che cercano di impadronirsi dello Stato manomettendo le leggi, come oggi in Polonia, e ieri in Italia, con il pensionamento dei magistrati.
Ma gli italiani perché sopportano, forse approvano, tutto questo? Siamo davvero diventati tutti razzisti?
Decenni fa, quando noi, primo tra gli altri Enrico Pugliese, spiegavamo i, rari, conflitti tra vecchi residenti e migranti con la “competizione per risorse scarse”, BrunoTrentin ci interruppe e ci ammonì: «Non fatevi illusioni. Ci sono al mondo tanti di quei razzismi basati sul colore, la religione, l’etnia, da bastare per due mondi. Prima o poi qualcuno li userà per i propri interessi e dovrete affrontarli». Quel qualcuno è arrivato – non da ieri, si potrebbe dire. Bisogna affrontarlo.
Non possiamo illuderci che il razzismo risparmi i lavoratori, gli operai, i poveri. Anzi, sappiamo che i più istruiti, almeno fino a quando lo richiedono le buone maniere, si nasconderanno, fingeranno di essere universalisti, mentre disprezzano gli stranieri appena arrivati, che sono anche i più poveri, i meno istruiti: brutti, sporchi e cattivi. I meno istruiti invece si schierano esplicitamente a difesa dell’unico vantaggio che hanno: essere simili alla maggioranza di quelli nati qui.
È amaro e noto l’episodio, citato da Loris Campetti (Ma come fanno gli operai) degli operai di Conegliano che obbligano a scendere dal pullman un loro compagno perché è del Bangla Desh. È del 2 luglio l’episodio, citato da “La Repubblica”, del profugo dal Darfur picchiato a Mirafiori, davanti alla parrocchia che lo ospita, perché è un «negro di merda». Sappiamo tutti dei sei feriti a Macerata perché neri.
Ma non bastano questi casi amari a spiegare i voti di Salvini e di Di Maio. Un quarto di secolo almeno di riduzione delle spese sanitarie, di allungamento della vita di lavoro (senza tener conto del tipo di lavoro, della minore attesa di vita per i più poveri), di vantaggi per la rendita e pressione sui salari, di politiche di destra praticate dalla sinistra, è fondamentale per spiegare la rivolta sociale, l’astensione, il voto a destra. Il razzismo e la xenofobia di alcuni aggiungono al disagio quel tanto di odio, di ferocia, che ci vuole per mobilitarsi. È sul piano sociale che bisognerà affrontare il confronto sui fatti. Ma intanto, nell’immediato, per non ritrovarci fascisti, dobbiamo impegnarci tutti, ciascuno per le cose su cui può agire, secondo il proprio lavoro e il proprio ruolo nelle istituzioni. C’è già chi ha annunciato che il suo equipaggio continuerà a rispondere agli SOS, come deve. Come si è capito dal rosso delle magliette in molti luoghi nei giorni scorsi, chi assiste, protegge, difende, continua a farlo, con orgoglio. Chi lavora con le parole non può tapparsi le orecchie sperando che la tempesta passi da sé. Dobbiamo opporci alle parole ereditate dai fascismi prima che si trasformino in fatti.
Luglio 2018
In pubblicazione su “Una Città”