Un 25 aprile a Torino, aspettando il 1° maggio

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In questo 25 aprile la piazza, seppur rapidamente archiviata dai giornali mainstream, è tornata ad essere protagonista. Non è stata certo l’invasione che, nel 1994, «aprì una fenditura nell’embrione di blocco di destra, staccando sia pur provvisoriamente una Lega bossiana sconcertata da quella reazione dal basso nella sua Milano, dal corpo infetto di una destra in fieri» (https://volerelaluna.it/in-primo-piano/2023/04/24/non-e-un-25-aprile-come-gli-altri/). Ma centinaia di migliaia di persone hanno sfilato, cantato, gridato il loro antifascismo. E, di questi tempi, non è poco, almeno per ricominciare. La destra, che pure aveva preannunciato la propria partecipazione, ha alla fine disertato, almeno in prevalenza, palchi e cortei. Opportunamente ché una presenza non accompagnata da una esplicita critica di ciò che il fascismo ha significato nella storia del Paese e nella vita dei suoi cittadini «non sarebbe stato un riconoscimento dei valori della Resistenza ma, piuttosto, un oltraggio al patrimonio di idee e di princìpi che l’hanno ispirata e animata» (https://volerelaluna.it/allarmi-son-fascisti/2023/02/10/allarmi-son-fascisti-torino-deve-reagire/). Qualche piccola scaramuccia verbale c’è stata, qua e là, ma niente di più.

Un caso particolare, che merita una segnalazione, anche in previsione del prossimo 1° maggio, è quello di Torino. La fiaccolata della sera del 24 aprile ha avuto una partecipazione che non si vedeva da anni e, soprattutto, una marea di giovani. Anche la conclusione ufficiale è stata rigorosa e composta e – come richiesto esplicitamente da molti – senza presenze sul palco di rappresentanze istituzionali con ascendenze fasciste. Non è, peraltro, mancato un momento di tensione di cui non metterebbe conto parlare se non fosse rivelatore, anche, di improvvide scelte delle forze di polizia nelle modalità di gestione dell’ordine pubblico. Una decina di (isolati) provocatori “seriali” si è, infatti, intrufolata nella testa del corteo, e poi sotto il palco, con tre bandiere della Nato. La cosa ha provocato, ben a ragione, qualche contestazione verbale che si è acuita quando un gruppo di giovani di collettivi studenteschi ha tentato di avvicinarsi agli improvvidi nipoti di Gladio. Niente di particolarmente eclatante ma sufficiente a provocare l’intervento di una cinquantina di agenti di polizia in tenuta antisommossa che, invece di isolare i provocatori (evidentemente estranei alla manifestazione e al suo significato) ha manganellato chi li contestava… Fatto di non grande rilievo si è detto – seppur strillato, il giorno dopo, dalle locandine dei giornali torinesi – ma che getta un’ombra sinistra sul prossimo 1° maggio.

A Torino, infatti, la festa dei lavoratori è particolarmente sentita e si sviluppa in un corteo imponente e plurale con la partecipazione vivace e colorata non solo delle forze sindacali ma di tutta la galassia dei movimenti che contestano il sistema sociale e il modello di sviluppo che lo produce. Negli ultimi anni, peraltro, il corteo, è stato turbato da incidenti, anche gravi, conseguenti all’intervento delle forze dell’ordine teso a impedire, con estrema durezza, l’accesso del cosiddetto “spezzone sociale” (composto da centri sociali, forze politiche della sinistra, organizzazioni studentesche e di lavoratori, movimento No Tav e via elencando) alla piazza in cui si tiene il comizio conclusivo. È un fatto grave che segna, tra l’altro, una rottura nel (difficile) processo verso una difesa unitaria dei diritti e delle libertà di tutte e tutti. Per questo nelle scorse settimane il neocostituito Coordinamento Antifascista torinese ha chiesto alle organizzazioni sindacali (promotrici del corteo) di attivarsi presso le forze di polizia al fine di evitare che ciò avvenga anche quest’anno, in un contesto già di per sé assai delicato per la crisi economica, le connesse tensioni sociali e il clima di crescente repressione che si respira. «Non abbiamo mai messo in dubbio – si legge nella lettera del Coordinamento – e non lo facciamo ora che in presenza di reati competa alle forze dell’ordine intervenire per evitarne la prosecuzione ma siamo convinti che l’esercizio delle libertà fondamentali (anche quelle di dissentire e di contestare) sia componente essenziale della democrazia e incontri il solo limite del ricorso alla violenza. Riteniamo, conseguentemente, che siano inaccettabili interventi preventivi di polizia finalizzati ad impedire ad alcuni l’accesso a piazza San Carlo (o ad altra parte del percorso del corteo) e non imposti dalla commissione di reati».

In questo contesto l’improprio intervento di polizia al termine della fiaccolata del 24 aprile è un segnale inquietante. L’operato delle forze dell’ordine non è mai casuale (e, soprattutto, non avviene senza input e garanzie di copertura dell’amministrazione centrale e del ministro dell’Interno): il 1° maggio a Torino sarà, dunque, un banco di prova importante delle strategie del Governo in tema di gestione dell’ordine pubblico su cui è fondamentale la vigilanza di tutte e tutti.

Una versione più breve dell’articolo è pubblicata contemporaneamente su il manifesto

Gli autori

Livio Pepino

Livio Pepino, già magistrato e presidente di Magistratura democratica, dirige attualmente le Edizioni Gruppo Abele. Da tempo studia e cerca di sperimentare, pratiche di democrazia dal basso e in difesa dell’ambiente e della società dai guasti delle grandi opere. Ha scritto, tra l’altro, "Forti con i deboli" (Rizzoli, 2012), "Non solo un treno. La democrazia alla prova della Val Susa" (con Marco Revelli, Edizioni Gruppo Abele, 2012), "Prove di paura. Barbari, marginali, ribelli" (Edizioni Gruppo Abele, 2015) e "Il potere e la ribelle. Creonte o Antigone? Un dialogo" (con Nello Rossi, Edizioni Gruppo Abele, 2019).

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