Ricordando Dossetti: appunti per “non scherzare” con la Costituzione

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Il 27 marzo 1994 in Italia si celebrano le elezioni politiche che portano il centro destra al governo del Paese. Qualche giorno prima, il 17 marzo, don Giuseppe Dossetti, grande padre della Costituzione, incontra i preti di Pordenone e consegna a questo incontro il suo irriducibile antifascismo:

«Ripensando con intelligenza matura a quell’evento [l’avvento del fascismo], ho confermato le prime impressioni infantili o da adolescente del medesimo, cioè l’impressione – per dirla globalmente – di una grande farsa: una grande farsa accompagnata da una grande diseducazione del nostro Paese e del nostro popolo, assieme all’impressione di un grande inganno, anche se seguito certamente con illusione da una maggioranza, che però sempre più si lasciava ingannare e fuorviare. Quindi c’è una cosa ben ferma nella maturazione sopravvenuta nella mia coscienza e nella riflessione su quegli eventi che la mia fanciullezza, quasi la mia prima adolescenza, aveva vissuto, una riflessione radicale nel profondo: un irriducibile antifascismo, non solo per il passato, ma anche per il presente e per il futuro e per tutto quello che può assimilarsi o preparare un nuovo fascismo. So benissimo che la storia non si ripete mai nella medesima maniera, però si possono dare circostanze simili o similari, che poi finiscono con l’avere esiti comparabili o perlomeno in qualche modo accostabili. E questo mi sembra il momento di dire che c’è una incubazione fascista. Non dico che il futuro si presenterà con gli stessi termini, ma dico che chi ha vissuto – ancora molto giovane – quella prima esperienza di questa grande farsa o di questa grande teatralità, di questo inganno della coscienza del popolo, trova oggi in certi settori della nostra società equivalenze impressionanti» (G. Dossetti, I valori della Costituzione, ed. San Lorenzo, 2010, pp. 5-6).

Il 15 aprile 1994 don Giuseppe Dossetti scrive al Sindaco di Bologna:

«Pur nel costante desiderio di completa e unanime pacificazione nazionale, che ha sempre ispirato tutta la mia vita e che tuttora fermamente mi ispira, tuttavia non posso non rilevare che attualmente i propositi delle destre (destre palesi ed occulte) non concernono soltanto il programma del futuro governo, ma mirerebbero ad una modificazione frettolosa ed inconsulta del patto fondamentale del nostro popolo, nei suoi presupposti supremi in nessun modo modificabili. Tali presupposti non sono solo civilmente vitali, ma anche, a mio avviso, spiritualmente inderogabili per un cristiano: per chi come me – per pluridecennale scelta di vita e per età molto avanzata – si sente sempre più al di fuori di ogni parte e distaccato da ogni sentimento mondano e fisso alla Realtà ultraterrena. Ciò però non può togliere che anch’io debba partecipare alle emergenze maggiori dei fratelli del mio tempo» (ivi, pp. 37-38).

Nell’agosto del 1994, il Ministro per le riforme costituzionali on. Speroni presenta una bozza di revisione della Costituzione. Oggi, a distanza di 25 anni, la revisione costituzionale non è al cuore del dibattito elettorale. Il centro-destra parla di un generico presidenzialismo. Noi siamo chiamati a scegliere ancora una volta la Costituzione, perché è costante il rischio che si possano distruggere i fili delicatissimi dell’equilibrio costituzionale. Si potrebbe passare a una revisione presidenzialista della nostra Costituzione, che punti a una democrazia autoritaria. Se vogliamo evitare questo pericolo, bisogna rafforzare quei partiti che vogliono affermare un corretto equilibrio tra il Parlamento e il Governo. In America il Presidente Biden ha parlato, a proposito di Trump, di “semifascismo”, in Francia l’on. Le Pen ha posto un’ipoteca sulla politica del Parlamento francese. In Italia oggi Giorgia Meloni semina autoritarismo da tutte le parti. Il voto può creare le condizioni per una forma drammatica di revisione costituzionale. La Costituzione nei suoi principi fondamentali non è a disposizione di singole forze politiche. Ha nel Parlamento la sua forza mite.

Don Giuseppe Dossetti, nella relazione pronunciata il 18 maggio 1994, in occasione dell’ottavo anniversario della morte di Giuseppe Lazzati, così indica il ruolo di credenti per il futuro del Paese:

«Evidentemente i cattolici sono oggi posti di fronte a una scelta che non può essere che globale e innegoziabile, perché scelta non di azione di governo ma di un aut aut istituzionale» (ivi, p. 48).
«Per questo ci vogliono dei battezzati formati ad essere e agire nel tempo continuamente guardando all’ultratemporale, cioè abituati a scrutare la storia, ma nella luce del metastorico, dell’escatologia. Purtroppo siamo più spesso abituati al contrario, cioè a immergerci continuamente e totalmente nella storia, anzi, nella cronaca: la nostra miopia ci fa pensare all’oggi o al massimo al domani (sempre egoistico), non oltre, in una reale dilatazione di spirito al di là dell’io. (Anzi, qualcuno poteva persino vantarsi di questo, come prova di concretezza e realismo: non accorgendosi che tutto si riduceva a rimedio empirico, ad espediente effimero)» (ivi, p. 56).
«Conviene ripensare alle cause profonde della notte, quali già Lazzati le indicava, agli inizi degli anni ’80, come realtà intrinseche alla nostra cristianità italiana. Anzitutto una porzione troppo scarsa di battezzati consapevoli del loro battesimo rispetto alla maggioranza inconsapevole. Ancora, l’insufficienza delle comunità che dovrebbero formarli; lo sviamento e la perdita di senso dei cattolici impegnati in politica, che non possono adempiere il loro compito di riordinare le realtà temporali in modo conforme all’evangelo, per la mancanza di vero spirito di disinteresse e soprattutto di una cultura modernamente adeguata; e quindi una attribuzione di plusvalore a una presenza per se stessa, anziché ad una vera ed efficace opera di mediazione; e infine l’immaturità del rapporto laici-clero, il quale non tanto deve guidare dall’esterno il laicato, ma proporsi più decisamente il compito della formazione delle coscienze, non a una soggezione passiva o a una semplice religiosità, ma a un cristianesimo profondo ed autentico e quindi ad un’alta eticità privata e pubblica» (ivi, p. 48).

Allora un voto per la Costituzione, senza nostalgie e senza riferimenti alla fiamma tricolore, ma solamente un’appassionata difesa dei valori profondi della Costituzione stessa, nei suoi principi, questi sì davvero non negoziabili. Ognuno è chiamato a portare la sua responsabilità. Senza una difesa appassionata per la Costituzione non c’è futuro per il nostro Paese.

Gli autori

Massimo Toschi

Massimo Toschi, attualmente presidente onorario del Movimento Shalom, è stato consigliere per la pace e la cooperazione del presidente della Regione Toscana e, successivamente, assessore alla Cooperazione internazionale, perdono e riconciliazione fra i popoli della stessa Regione. Nella sua attività istituzionale ha compiuto oltre 40 viaggi in altrettante “zone calde” del mondo, dall’Iraq al Burkina Faso, da Israele alla Palestina, dall’Eritrea ai Balcani, per promuovere e sostenere attività di cooperazione e di pace.

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