I successi italiani agli europei di nuoto possono stupire solo chi non ha seguito la poderosa crescita del movimento (sul recente podio mondiale con Usa e Cina in un virtuale G3 delle vasche) e hanno una doppia faccia, interessando sia il Sole 24ore che la Gazzetta dello Sport. Una bidimensionalità che va abbracciata interamente per comprendere quello che sta succedendo a Roma in un tripudio di folla e in una città semivuota. Un evento che, secondo fonti Federnuoto, muove un indotto economico complessivo di 200 milioni di euro, richiamando nella capitale (e in Italia, di conseguenza) 20.000 persone tra addetti ai lavori, familiari, tifosi, promuovendo in sostanziosi termini percentuali il Pil nazionale e restituendo prestigio allo sport italiano né più né meno come la vittoria agli europei di calcio del 2021.
Il nuoto è oggi il primo sport nazionale per quanto sta esprimendo, per nulla traumatizzato dal ritiro della Pellegrini (se non per sottolineare che i 200 stile libero femminili sono stati una delle poche gare senza presenze azzurre in finale). Impietoso il confronto con gli europei di atletica perché in vasca il conto delle medaglie sarà circa il triplo di quanto raccolto su piste e pedane di Monaco, ristabilendo un equo rapporto di forze dopo la sperequazione olimpica (cinque inaspettate medaglie d’oro per l’atletica).
All’altezza della domenica di gare l’Italia ha già conquistato 26 podi staccando nettamente potenze natatorie come Francia e Gran Bretagna, guardata ma alla lontana dalla sorprendente Ucraina. Assi stagionati ma sempre validi come Paltrinieri e Minisini si accoppiano a talenti del presente come Ceccon e Miressi con un presagio di ottimo futuro da under 18 come Pilato e Galossi. La vasca di casa favorisce anche la resipiscenza di azzurri sottovalutati come Scalia e Pizzini (età media trent’anni). Il metodo Federnuoto (decentramento e federalismo ma con juicio) funziona e va dato atto al presidente Barelli, bypassando il suo incerto percorso politico in Forza Italia, di aver azzeccato un’equilibrata formula vincente con commissari tecnici strategicamente efficaci (al momento Cesare Butini) nonostante l’ormai metabolizzato lutto per la perdita di Alberto Castagnetti. Barelli è un bravo presidente nonostante la palese ostilità del numero uno del Coni Malagò che pure, da presidente onorario dell’Aniene, contribuisce con un congruo numero di tesserati vincenti in nazionale.
Così siamo il Paese del nuoto in un contesto dove la pratica natatoria è affidata ai privati dato che la scuola è assente. Un’Italia completa in tutti gli stili e anche geograficamente ben distribuita dato che le medaglie vengono da Veneto, Lombardia, Lazio e Puglia. Per onestà va detto che l’allargamento del numero delle gare (nei tuffi, nel sincronizzato, persino in vasca con la staffetta mista) agevola questo profluvio di medaglie. Uno come Paltrinieri può concorrere in cinque prove e, teoricamente, può vincerle tutte, aggiornando nel vecchio continente gli strepitosi fasti olimpici di uno Spitz o di un Phelps. Ma non sono europei di serie B come dimostra il record mondiale del fenomeno rumeno Popovici nella gara più prestigiosa e veloce, i 100 stile libero maschile: un successo a prova di imitazioni perché molto tecnici stranieri hanno chiesto di allenare i propri virgulti in Italia approfittando del centro federale di Ostia, oggi regno delle gare in acque libere con il coinvolgimento di una popolazione estiva superiore alle 100.000 unità. Forse un modo per impossessarsi di qualche segreto anche se l’Italia delle vasche non ha remore e paure visto come ha ospitato una bella fetta della nazionale ucraina, espatriata per ragioni intuibili.