Neppure nel 2022 raggiungeremo la luna. Le premesse sono – se possibile – ancora peggiori di quelle di un anno fa. Per limitarsi al nostro Paese, la pandemia, nonostante i vaccini, corre come non mai; la povertà e la diseguaglianza aumentano (il Covid non ha colpito allo stesso modo, ma ha reso i ricchi più ricchi e i poveri più poveri); il lavoro manca ed è sempre meno tutelato; i poveri sono considerati degli scarti e si continua a respingere in mare bambini, donne e uomini condannandoli a morire o a subire violenze e torture; la politica ha anche formalmente decretato la propria incapacità e inconcludenza eludendo ogni richiesta di partecipazione e rappresentanza effettiva (sino a dimenticare le promesse di riforma elettorale in senso proporzionale) e affidando il governo al massimo esponente del sistema bancario (quello che ci ha portati nella situazione attuale) coadiuvato da un generale in tuta mimetica che evoca, almeno nell’immagine, esperienze autoritarie; la sinistra parlamentare si avviluppa nella sua crisi e si distingue dalla destra quasi solo per la sua collocazione nelle Camere; anche fuori dal Parlamento c’è, a sinistra, davvero poco. Lo abbiamo detto e scritto più volte.
Abbiamo anche chiaro quel che ci vorrebbe: un altro modello di vita e di sviluppo, costruito tenendo conto dei bisogni delle donne e degli uomini in carne e ossa, abbandonando il mito della crescita economica continua, realizzata a qualunque costo; una cura diffusa del pianeta e del suo futuro, affidata a politiche e comportamenti reali e concreti e non alle chiacchiere e ai compromessi di conferenze internazionali improduttive (mentre il clima cambia, il livello dei mari si alza, pochi mesi di siccità provocano incendi devastanti e modeste piogge producono esondazioni di fiumi e decine di morti); un lavoro per tutti, diminuendone la durata e lasciando così a ciascuno il tempo di coltivare i propri interessi e di curare i rapporti con i propri figli e i propri vicini.
Non ci sfuggono i flebili segnali positivi emersi nell’anno che si chiude (in particolare una qualche ripresa del conflitto sociale e un diffuso protagonismo giovanile in difesa dell’ambiente) ma sono, appunto, segnali limitati e insufficienti. E siamo consapevoli che questa debolezza e questa incapacità sono anche nostre. Non abbiamo bacchette magiche ma un’esperienza e qualche spunto di riflessione per l’anno che verrà. Ne propongo, qui, due.
Il primo lo traggo dal preambolo del nostro statuto, che abbiamo già richiamato nel pezzo di apertura del confronto aperto qualche mese fa sul tema del “che fare” (https://volerelaluna.it/che-fare/2021/09/22/volere-la-luna-che-fare-un-confronto-aperto/): «Volere la luna significa proporsi quello che può sembrare impossibile a molti, ma che in realtà dovrebbe essere normale: cambiare radicalmente il proprio modo di essere, di pensare, agire, cooperare e aggregarsi, tenendo fermi i valori di riferimento di un solidarismo radicale. Il mondo è cambiato, è ora di cambiare noi stessi. E il nostro modo di stare insieme. A cominciare da tre obiettivi primari: contrastare le diseguaglianze, promuovere ma soprattutto praticare forme di partecipazione solidale, favorire la rinascita di un pensiero libero e critico. Cioè non limitarsi a proclamare i propri valori, ma praticarli concretamente, con azioni positive quotidiane, creazione di occasioni di prossimità, di spazi, anche limitati, di relazione, di strumenti di comunicazione aperti e critici».
Il secondo mi viene da un frammento dell’esperienza – unica per intensità e durata – del movimento No Tav. Era il 2013. A Vaie (piccolo centro della bassa Valle di Susa) c’era un presidio No Tav costruito da giovani e vecchi del posto: luogo di riunione, di discussione, di giochi, di ospitalità per centinaia di ragazzi venuti negli anni da ogni parte d’Italia per conoscere e per partecipare. Una notte di fine estate il presidio è stato bruciato (come altri negli anni) nel silenzio dei media. I carabinieri hanno per qualche settimana indagato interrogando i ragazzi che ci giocavano, evidentemente ipotizzando che l’incendio fosse dovuto a qualche scherzo goliardico (sic!), e poi sono passati ad altro. Parallelamente, in meno di un mese, a fianco del presidio bruciato, ne è stato costruito uno provvisorio dove sono stati festeggiati Natale e Capodanno.
Intanto, sul presidio bruciato, è comparso un lenzuolo con una scritta: «Spiacenti … Ma i sogni e le idee non bruciano!». C’è, in quella scritta, più politica di quella che riempie un mese di quotidiani e di telegiornali. Non tanto nella seconda parte, di grande intensità retorica, ma non nuova. La cosa eccezionale sta nella prima parola: «Spiacenti …». Ironica contestazione del pensiero unico dominante. Una contestazione che unisce molti di noi: civili e miti (mentre molti – proiettando il loro astio e la loro arroganza – ci vorrebbero violenti) ma, insieme, irremovibili nei principi e refrattari tanto alle intimidazioni quanto alle campagne acquisti. Ricorda – quello «spiacenti» – il «preferirei di no» di Bartleby, lo scrivano di Herman Melville, che con la sua ostinata ed educata resistenza (fino a un’apparente irragionevolezza) riesce addirittura a far «vacillare le certezze più consolidate» dell’avvocato dei banchieri, suo datore di lavoro.
«Spiacenti», ma continueremo così anche nel 2022… È quanto offriamo al confronto e alle pratiche di chi vuole un mondo diverso a misura di donne e di uomini. Non raggiungeremo ancora la luna, ma proveremo ad avvicinarci. L’augurio è di essere in molti a provarci.