L’appello rivolto un mese fa dal direttore generale dell’OMS ai paesi ricchi a non procedere con la vaccinazione dei più giovani e a destinare i vaccini alle fasce a rischio dei paesi poveri, a partire da anziani e operatori sanitari, ancora drammaticamente scoperti, è caduto nel vuoto. La notizia è durata lo spazio di un mattino. Nessuno dei tanti politici-opinionisti-scienziati che imperversano sui nostri schermi o sulle pagine dei giornali si è degnato di prenderla in considerazione e di commentarla, anche solo per provare a convincerci che la proposta non sta in piedi e che per raggiungere l’agognata immunità di gregge, o qualcosa che le si avvicini, è indispensabile estendere le vaccinazioni innanzitutto ai nostri adolescenti.
Ma è davvero così? Ed era così infondato e inopportuno il (peraltro timido) invito dell’OMS a ribaltare la scala delle priorità, provando ad assumere un’ottica veramente globale nella lotta al Covid?
La situazione in cui ci troviamo oggi ha qualcosa di paradossale. Lanciata in grande stile in Europa e negli Stati Uniti (con qualche eccezione, come la Germania, che ha deciso di non vaccinare i ragazzi della fascia d’età 12-17 anni: https://www.fanpage.it/esteri/la-germania-raccomanda-la-vaccinazione-dei-bambini-solo-in-presenza-di-patologie-pregresse/), la campagna di vaccinazione dei giovanissimi sta incontrando le prime resistenze. La morte della diciottenne di Sestri Levante, ma più in generale i (pur rarissimi) casi gravi di trombosi associati alla somministrazione di vaccini ad adenovirus e gli (altrettanto rari) casi di miocarditi rilevate dopo l’assunzione di Pfizer fanno sorgere dubbi sul reale rapporto costi-benefici dell’immunizzazione degli adolescenti da un’infezione che si tramuta in una malattia grave e potenzialmente letale solo nelle persone mature, o con altre patologie e fragilità. I dubbi aumentano se pensiamo che stiamo parlando di prodotti farmaceutici approvati con una procedura d’emergenza, sui cui effetti di medio-lungo periodo, nei giovanissimi, sappiamo per ora davvero poco (https://www.lastampa.it/2021/06/14/news/silvio-garattini-sbagliato-immunizzare-i-giovani-bisogna-avere-piu-informazioni-1.40386485).
Nel frattempo in quasi tutta l’Africa e l’America Latina e in buona parte dell’Asia i vaccini sono drammaticamente insufficienti e la sbandierata promessa di donare un miliardo di dosi ai paesi bisognosi entro la fine del 2022, da parte dei membri del G7, ben attenti a non fare nessuna concessione sulla sospensione dei brevetti e la condivisione delle tecnologie per la produzione di medicinali a basso costo, suona come l’ennesima presa in giro. Come scrive Nicoletta Dentico su il manifesto, di vaccini ne servirebbero, per immunizzare la popolazione dei paesi poveri, 11 miliardi di dosi, non le “briciole”, insufficienti e tardive, che vengono oggi lasciate cadere dalla tavola dei grandi, attraverso la “filantropia strategica” di Biden e il fallimentare programma europeo Covax (https://ilmanifesto.it/gioco-sporco-sulle-diseguaglianze-vaccinali/). I vaccini, oltretutto, servirebbero subito, entro fine anno (Biden ha promesso invece 200 milioni di dosi nel 2021 e 300 nel 2022), perché nel frattempo il virus corre e la probabilità che si sviluppino le paventate nuove, pericolose, varianti – non da noi, dove la circolazione è bassa – ma nei paesi rimasti ai margini della campagna vaccinale, è elevata. Varianti che, come ormai sappiamo, non si fermano certo erigendo muri e illudendosi di sigillare le frontiere.
«Prima gli americani» era lo slogan spudoratamente cinico di Trump. La nuova amministrazione americana, a braccetto con un’Unione europea mai così intransigente nella difesa dell’ordine neoliberale, ha invece oggi la sfacciataggine di levare alti proclami universalistici («la salute bene comune», «nessuno rimarrà indietro») mentre snobba i richiami dell’OMS a condividere davvero i vaccini e sigla un patto d’acciaio con i colossi farmaceutici, chiudendo la porta a qualsiasi deroga al sistema dei brevetti. Cinismo contro ipocrisia: difficile dire che cosa sia peggio (come documenta il bel volume di Leonard Mazzone, Ipocrisia. Storia e critica del più socievole dei vizi, Orthotes, 2020). Ma la sostanza rimane la stessa: un mondo diviso in due. Da una parte chi si accaparra la quasi totalità dei vaccini disponibili, nell’illusione di accelerare il ritorno alla “normalità” immunizzando l’intera propria popolazione, dalla culla alla tomba; dall’altra chi si vede negati non solo i vaccini ma, ancora più grave, l’accesso alle conoscenze e alle tecnologie necessarie per potenziarne la produzione e deve accontentarsi della (magra) beneficienza altrui.
Peccato che la politica del “prima gli italiani” (o i francesi, o gli americani) si stia rivelando, su una questione come questa, particolarmente miope, oltre che razzista e disumana. Perché dalla pandemia usciremo tutti insieme. O non ne usciremo.
Con tutto il rispetto per la Professoressa Pazè, mi pare francamente che sarebbe opportuno evitare accuratamente di incrementare la confusione che ammorba la vita delle Persone, esprimendo “opinioni” su questioni di stretta pertinenza scientifica. La Scienza, fortunatamente, non è “democratica”. Confusione nella quale si fiondano le iene che, spregiudicatamente, approfittano di queste condizioni. La scelta, o meno, di vaccinare i giovani e gli adolescenti, non dovrebbe essere messa in relazione alla necessità di risparmiare dosi per i paesi più poveri. Questa è una scorciatoia e, all’OMS, lo sanno perfettamente. Così come lo sanno perfettamente tutti i governanti dei paesi ricchi. La soluzione è una : liquidare la titolarità dei brevetti alle aziende che li detengono. Con due buone motivazioni. La prima è che la tutela della vita dell’Umanità non può essere compromessa dalla tutela di un brevetto, sia pure di valore immenso. La seconda è che i soldi par la ricerca sui vaccini, in massima parte sono soldi pubblici.
attribuire sensi di colpa ai bianchi per tutti i mali del mondo pare essere uno sport di moda, adesso anche in tema di sanita.
é assolutamente normale che uno Stato si preoccupi PRIMA della salute dei cittadini sul suo territorio (anche stranieri), soprattutto in una situazione di emergenza quale é una pandemia.
la tutela della salute é una priorita. il razzismo non c entra, e disumanita
ancora meno, considerato che abbiamo regalato molte dosi di vaccini ad altri Stati.
voler salvare il mondo é senz altro un nobile principio. a chi non piacerebbe farlo?
tuttavia questa utopia si scontra con un dato di realta: le risorse non sono infinite e al momento i vaccini non sono sufficienti per tutto il mondo. e non basta un post sui social per crearne miliardi.
forse per qualcuno (non adolescente e gia vaccinato?) i nostri adolescenti valgono meno di anziani di altri Stati. i nostri adolescenti sono il nostro futuro, cio che di piu prezioso abbiamo. anche loro sono indispensabili per raggiungere la immunita di gregge e per rallentare la circolazione del virus.
gli USA hanno promesso mezzo miliardo di dosi GRATUITE a paesi del terzo mondo.
a proposito di responsabilita: il virus é partito da noi o da un paese lontano che ha nascosto fino all ultimo la gravita della situazione?
“….prima gli italiani…” mi pareva fosse uno slogan di salvini. Ma qui non c’entra il sentimento di umanità. E’ importante che si vaccinino i kenioti, i filippini ecc ecc , proprio per proteggerci da nuove ondate di pandemia. E’ una visione egoistica, se vuole.
E’ vero, perché preoccuparsi di salvare o migliorare il mondo?
……Qui siamo tutti belli e sani e non c’è niente da pensare, basta lavorare e poi guardare la TV…….(Vasco Rossi).
…….IO Speriamo che me la cavo…. (Dell’Orta)