Una delle ragioni più profonde tra quelle che dovrebbero impedirci di guardare ai nostri musei, e dunque alla storia dell’arte, come ad un grande giacimento di petrolio da sfruttare economicamente, è che l’arte – proprio come la letteratura – è uno dei più potenti antidoti al veleno del pensiero unico che domina la nostra epoca. Il patrimonio culturale è contro per definizione: perché contiene sguardi, testi, forme, figure che ci liberano dai dogmi, fanno cadere il velo dagli occhi, fulminano le parole vuote e untuose con cui ci compiacciamo dello stato delle cose e lusinghiamo i potenti. Ha scritto Virginia Woolf: «credo che se conoscessimo la verità sull’arte, invece di vagolare tra le pagine imbrattate e deprimenti di coloro che devono sopravvivere prostituendo la cultura, allora godere l’arte e fare l’arte diventerebbero cose così desiderabili che al confronto la guerra apparirebbe un gioco tedioso per dilettanti attempati bisognosi di un passatempo per tenere a bada gli acciacchi … Insomma, se i giornali fossero scritti da persone il cui unico scopo fosse quello di dire la verità sulla politica e la verità sull’arte, noi non crederemmo nella guerra, e crederemmo nell’arte».
Una delle ragioni per credere nell’arte, è che solo nell’arte troviamo uno sguardo sul nostro tempo che noi, da soli, non avremmo il coraggio e la forza per esercitare. Prendiamo la situazione della democrazia italiana di oggi. Sono tra i non molti che pensano che i modi, la sostanza e le implicazioni della nascita del governo Draghi rappresentino un pericolo serio per la democrazia italiana. Innanzitutto, per il rapporto che lega noi tutti all’idea stessa di democrazia: un rapporto allentato, sformato, compromesso. Ci stiamo dicendo che l’emergenza giustifica, anzi richiede, la sospensione della democrazia, il rinnegamento di tutto ciò in cui credevamo: ora ci va bene la banca sopra la politica, il nord sopra il sud, i maschi sopra le donne (come ha scritto Marco Revelli: https://volerelaluna.it/commenti/2021/02/16/mario-draghi-e-i-polli-di-renzi/). Ci vanno bene i fascisti al governo, e l’opposizione lasciata ad altri fascisti. Ci va bene negare i vaccini all’Africa, e ci va bene che la scuola resti a distanza anche dopo la fine della pandemia. Ci vanno bene i generali. Cosa ci sta succedendo?
Non trovo risposta migliore di quella che offre un quadro. Sì, un quadro: di quasi cento anni fa. L’ha dipinto George Grosz nel 1926, e il suo titolo è Eclissi di sole. È una allegoria politica: la rappresentazione dello stato della democrazia tedesca alla vigilia dell’ascesa del nazismo. Vediamolo.
Tutto si svolge al tavolo del potere: è un ritratto collettivo del governo. Ma i politici, i ministri, sono tutti dipinti senza testa: senza pensiero politico, senza autonomia, senza intelligenza. Senza occhi per vedere lo stato del Paese, senza un cervello per leggerlo e per provare a cambiarlo. Sono letteralmente ‘senza capo’: qualcun altro comanda al posto loro. Chi? Un generale, che ha deposto la sciabola sul tavolo. È un cristiano, ci dice la croce posta sul tavolo: dunque non sarà poi così cattivo! I tratti del volto e la corona d’alloro ci dicono che non è un generale qualsiasi, è Paul von Hindenburg: il presidente della Repubblica tedesca, la Repubblica di Weimar. Sarà lui, nel 1933, a nominare cancelliere Adolf Hitler.
Ma il presidente non decide da solo: ha un suggeritore, che gli sta accanto in piedi e gli sussurra all’orecchio. È un banchiere, col cappello a cilindro, che porta sottobraccio i frutti dell’industria che finanzia: Grandi Opere, e armi. È lui che comanda sul presidente, che a sua volta comanda su una schiera di politici senza testa.
Sul tavolo del potere c’è anche il popolo: è un asino, accecato dai paraocchi, che si nutre dei giornali asserviti al presidente e al banchiere. Un popolo prigioniero della sua stessa credulità, della sua ignoranza. Sulle poche voci libere, sui pochi dissidenti che da sotto il tavolo provano a rivolgersi all’asino, a svegliarlo, incombono le sbarre del carcere, e una scheletrica morte. Nulla sembra poter salvare il popolo dai suoi stessi capi: dai suoi padroni.
Su tutto incombe l’eclissi di sole, che dà il titolo al quadro. Il sole non dà luce perché è oscurato da un grande oggetto rotondo. Cos’è? Un’enorme moneta, con sopra il segno del dollaro: la «buona moneta», l’unico vero dio a cui il banchiere ha consacrato la propria vita.
Il potere del capitale ha sostituito ogni altro potere, l’avidità e il profitto governano il mondo. Pochi anni dopo, nel 1933, un grande economista scriverà: «Questa regola autodistruttiva di calcolo finanziario governa ogni aspetto della vita. Distruggiamo le campagne perché le bellezze naturali non hanno valore economico. Saremmo capaci di fermare il sole e le stelle, perché non ci danno alcun dividendo». Sono parole di John Maynard Keynes: quello stesso Keynes così spesso, oggi, citato a sproposito nel tentativo di farci credere che, no, oggi in Italia non ci sia nessuna eclissi di sole.
L’articolo è stato pubblicato anche su Il Fatto quotidiano
in realta il dollaro nel quadro rappresenta la diffidenza di Grosz al Daves Plan, accettato dall allora PResidente e supportato dalle banche.
a seguito della prima guerra la Germania doveva una cifra astronomica agli USA come riparazione dei danni di guerra, una cifra corrispondente a 40.000 tonnellate di oro. debiti talmente ingenti e molto oltre la portata dell economia tedesca di quel tempo che portarono poi all iperinflazione di primi anni 20 , al collasso economico e poi al nazismo.
l unico modo per ripagare i debiti di guerra era stampare moneta, con la conseguente ipersvalutazione del marco e iperinflazione, roba da una carriola di banconote per un kg di burro.
questo dovrebbe far riflettere anche oggi…
dopo l iperinflazione i creditori (gli USA) intervenirono con il Daves plan, una serie aiuti economici per consentire alla Germania di ripagare il debito, supportato dalle banche (e dal banchiere nel quadro). i l piano era un aiuto per i creditori, per far si che la Germania riuscisse a pagare tutti i debiti.
come é andata a finire lo sappiamo tutti: la germania collasso economicamente, poverta, disperazione, ascesa di Hitler al potere e un decennio di nazismo e un altra Guerra mondiale.
di qui la diffidenza di Grosz verso questo piano di “aiuti”.
Un mondo in mano alla finanza, ben contenta di dare aiuti in cambio di garanzie. Le garanzie non sono più in oro, così come accadeva quando c’erano stati sovrani e confini definiti e quando la valuta era legata al nobile metallo. Ora le garanzie sono la libera circolazione di merci e denaro, il taglio della solidarietà e dei servizi, la cessione dell’economia a garanzia. Un neofeudalesimo in cui la finanza fallimentare (la massa monetaria è oggi assai maggiore che ai tempi della repubblica di Weimar, ma investita in prodotti finanziari astratti) già vittima della serie di tracolli dell’ultimo ventennio, vuole coprire di denaro (numeri astratti, ricchezza inesistente) i cittadini e gli stati per appropriarsi dei loro patrimoni. “Dammi i tuoi beni che ti do’ il denaro”, sembrano dire: peccato che chi ha solo i soldi in mano non ha di fatto nulla, mentre chi ha terra, casa e imprese (e conserva il diritto esclusivo di coniare denaro) ha invece tutto. Ci mangeranno vivi mentre noi li ringraziamo per averci concesso un po’ di denaro a prestito, coniato a costo zero.