«Non lacerare il Paese»: lettera al presidente del Consiglio

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prof. Mario Draghi,

Lei ha accettato l’incarico di formare il nuovo Governo e ne ha nominato i nuovi ministri, d’intesa con il Presidente della Repubblica. Deve, però, ancora presentare il programma del Governo all’opinione pubblica e a chi la rappresenta, dentro e fuori dal Parlamento.

Tra i nuovi ministeri uno è preposto ad Affari regionali e Autonomie e lo ha affidato alla on. Mariastella Gelmini, appassionata sostenitrice dell’autonomia differenziata, che considera addirittura «un bene anche per il Mezzogiorno». Nei contributi programmatici dei partiti che hanno dichiarato sostegno al suo nuovo Governo, permane, seppur defilato, l’obiettivo esplicitato e praticato dai governi cui hanno partecipato prima di partecipare al prossimo suo, di proseguire sulla strada parlamentare di realizzazione della cosiddetta «autonomia differenziata». Insistono quindi nel disegno di concedere alle 15 regioni ordinarie forme e condizioni particolari di autonomia rese possibili ‒ non certo obbligatorie! ‒ dal terzo comma dell’art. 116 della Costituzione in ben 23 materie, normate dal comma terzo dell’art. 117 Costituzione e già oggi praticate dalle regioni nell’esercizio della potestà legislativa concorrente. Se ciò avverrà, avverrà per di più fuori dal regime di esclusività o di concorrenza complementare con il Parlamento e gli organi centrali dello Stato.

Tale disegno Le viene riproposto nel pieno di questa drammatica crisi, di non facile né rapida soluzione, che investe in maniera drammatica, concomitante, concatenata gli ambiti sanitario, socio-economico e istituzionale e che l’Italia sta vivendo per il devastante impatto, sul preesistente stato di crisi, di Covid-19. Lei lo sa, gli italiani lo sanno. C’è una protezione vaccinale dei cittadini da assicurare oggi, in tempi stretti, e da rinnovare immediatamente domani, qualora si renda necessario affrontare altre varianti di Covid-19 o altri agenti infettanti. E in Italia siamo drammaticamente indietro nella produzione di vaccini e nella capacità di “aggiornarli” al variare degli agenti infettanti.

L’ISTAT va documentando una morbilità e mortalità indotte da Covid-19, a carico delle persone fragili e nel mondo del lavoro, assai superiori alla media degli ultimi 5 anni, e sono segnalati estesi e gravi fenomeni di riduzione delle cure per pazienti non Covid-19. Oxfam segnala un aumento di diseguaglianze anche in Italia e autorevoli agenzie stimano nel 2020 in circa 4 milioni il numero delle famiglie sotto la soglia di povertà, con un + 2 milioni rispetto al 2019, e il coinvolgimento di almeno 9 milioni di persone. In questi giorni ISTAT ha stimato una riduzione del PIL 2020 del 8,9% e una perdita di posti di lavoro di circa 450.000 unità sul già insoddisfacente 2019, con una disoccupazione aumentata al 9%, soprattutto a carico delle donne e dei giovani (+ 29%). Ed è ancora in vigore il blocco dei licenziamenti e il terziario è tutt’altro che fuori della devastante crisi che lo attanaglia per la depressione dei consumi tradizionali dalle varie forme di lockdown succedutesi dal 2020 e tuttora in corso a tempo imprevedibile. È una crisi mondiale, quella che si sta vivendo sul piano sociale ed economico, in un quadro assai critico dei contesti all’Italia più prossimi, come l’Unione europea e l’area del Mediterraneo sempre più “instabile”, con guerre e disumane repressioni antidemocratiche.

Per affrontare le crisi e rimuovere le diseguaglianze al suo interno e nello scacchiere mondiale, per quanto può e in attuazione del dettato della Costituzione, la Repubblica italiana deve ‒ attraverso la compattezza delle sue articolazioni istituzionali ‒ praticare l’unità e la solidarietà a vantaggio di cittadine e cittadini.

L’Italia, la Repubblica Italiana, non può certo distrarsi, disunirsi, lacerarsi nella realizzazione di forme di autonomia regionale differenziata ex comma 3 dell’art. 116 Cost., né accettare avventate e velleitarie iniziative regionali, da paese “balcanizzato”. Una lezione emerge, infatti, con chiarezza oggi e dagli ultimi 20 anni di gestione regionalizzata delle politiche amministrative: il nostro Paese è già andato fin troppo lontano sulla strada della autonomia delle Regioni, dalla sanità alla scuola, all’ambiente, al patrimonio paesaggistico, storico e culturale. Era evidente prima, è più evidente oggi, in piena emergenza epidemico/sindemica Covid-19. Sono sotto gli occhi della pubblica opinione e dei media, tradizionali e sul Web, le prassi divisive, sperequative che tendono a frantumare l’unità nazionale e l’uguaglianza di diritti e doveri di cittadinanza di tutte le persone in Italia, che deve rimanere la medesima, a prescindere dal luogo/regione di residenza.

In questi giorni assistiamo, addirittura, al tentativo di presidenti di regione, dei loro vice e di assessori regionali alla sanità di approvvigionarsi di vaccini in maniera autonoma sul mercato internazionale per le rispettive regioni, senza risparmiarci neanche farneticazioni sulla loro produzione autonoma nei rispettivi territori. Preoccupa che tali iniziative siano tollerate nei fatti politici e amministrativi dal governo dimissionario e dagli organi centrali dello Stato al punto che lo scorso 10 febbraio è dovuta intervenire direttamente la Commissione europea a bocciarle. L’Italia non può permettersi questi conflitti irresponsabili.

Gli autori

Comitato contro qualunque autonomia differenziata

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