Nonostante l’ultima fallimentare esperienza di Lorenzo Fontana al tempo del Conte-1, è stato (re)istituito il ministero della Disabilità (peraltro senza portafoglio. Tradotto: trattasi di un dicastero “NON di spesa”…), guidato ora – nel neonato governo Draghi – dalla leghista Erika Stefani.
L’intero mondo della disabilità, più di tre milioni di persone, torna in questo modo ad essere pesantemente ghettizzato e umiliato. La nascita del ministero della Disabilità, azzerando di fatto le lotte per l’inclusione sociale della persona disabile, ripropone sostanzialmente uno schema in cui il disabile è visto non come soggetto attivo di diritti, facente parte a pieno titolo della comunità, bensì come una sorta di oggetto passivo di assistenza, cui dedicare una finta attenzione “speciale” in ragione della sua (supposta) “diversità”.
Si tratta di un’operazione che innalza ancor più antichi steccati culturali e spettacolarizza, per lo meno già nelle prime dichiarazioni trionfalistiche del leader della Lega, ciò che in realtà è solo lo spettro di uno stigma che speravamo definitivamente rimosso.
Non di un ministero raccattavoti, concepito in una logica spartitoria tra i partiti, si avvertiva il bisogno ma di un cambio culturale vero, che approcciasse nella maniera giusta la disabilità. Non servono gusci in cui contenere quella che a pieno titolo è una dirompente “questione sociale”, di cui l’intero Governo di un paese civile dovrebbe farsi carico (altro che un ministero di terza fascia…), ma strategie capaci di guardare alla persona disabile per favorirne la piena integrazione sul territorio, attraverso la predisposizione di misure concrete volte a scoprire nuovi interessi, sviluppo di abilità, occasioni di socializzazione, attività formative eccetera.
Non di clientele ministeriali avevamo nostalgia ma di politiche ed opportunità da sperimentare e valorizzare ai fini di una vera inclusione, perché includere vuol dire offrire l’opportunità di essere cittadini a tutti gli effetti. Vuol dire promuovere condizioni di vita dignitose, favorire un sistema di relazioni soddisfacenti nei riguardi di persone con difficoltà, facendole sentire parte di comunità e di contesti relazionali dove agire, scegliere, vedere riconosciuto il proprio ruolo e la propria identità. Tutte prerogative che nulla hanno a che vedere con una concezione parcellizzata e burocratica della disabilità che, perdendo di vista la qualità della vita, può solo accrescere la sofferenza e l’emarginazione.
Prestare la dovuta attenzione a una migliore qualità della vita richiede non ministeri ad hoc creati, oggi, nella speranza di ricevere, domani, rendite elettorali, ma leggi e provvedimenti concreti che facciano sì che i diritti, in questo come in altri campi, siano – per davvero – riconosciuti, rispettati e soprattutto applicati. Senza ciò i nostri figli continueranno a essere ingiustamente condannati, per la conclamata ignoranza della classe politica, a un iniquo destino di omologazione e pregiudizio, e le famiglie soffriranno lo stesso vergognoso abbandono in cui sono relegate ogni giorno, costrette a farsi carico, per i loro figli disabili, di ogni tipo di problema, soprattutto di quelli che non spetterebbe loro risolvere.
Questo è quanto ho sostenuto anch’io lunedì scorso ad un articolo del Manifesto online ” Una domanda su un aspetto secondario, la riconferma del ministero senza portafoglio sulla disabilità a che cosa serve? Non sarebbe stato meglio un accorpamento con il ministero con portafoglio del lavoro e del welfare state? “
ho un parente stretto gravemente disabile da molti anni.
lo specifico per bloccare sin da subito le critiche che ricevero, magari da persone
che non hanno vissuto nemmeno un minuto a contatto con una persona con disabilita.
la disabilita oggi in italia é solo un etichetta scomodissima che di fatto serve a tenere le persone disabili lontane dalla societa. per proteggerle direbbero altri. per proteggere la societa dicono altri.
in realta, se sei disabile non ti assume nessuno, puoi scordartelo, soprattuttto se la disabilita é psichica.
molte aziende preferiscono infatti pagare delle sanzioni piuttosto che assumerle. anche molte pubbliche amministrazioni. questa é la triste realta.
se sei disabile dovresti avere delle facilitazioni nelle assuznioni. in realta se non ti presenti come tale, pur essendo la stessa identica persona, paradossalmente hai piu probabilita di essere assunto.
gli stessi specialisti che li hanno in cura preferiscono tenerli a casa piuttosto che prendersi la responsabilita di farli lavorare a contatto con altre persone. troppo rischioso.
di fatto se hai una disabilita, sei un panda difettoso/pericoloso da tutelare. vieni messo in un recinto ben chiuso, all interno delle famiglie che devono fare i miracoli, o in strutture ad hoc.
questo é quello che succede.
per uscire da questo grave empasse a mio avviso occorre piu chiarezza e rispetto.
le persone con disabilita sono persone diverse. il politically correct vieta di dirlo.
ma purtroppo lo sono, nel senso che queste persone NON hanno tutte le capacita “basic” che le persone cosiddette normali hanno. hanno infatti delle gravi difficolta o limitazioni che impediscono loro
di essere/comportarsi come gli altri. non ne hanno nessuna colpa, sia chiaro.
dire che siamo uguali é sbagliato, illusorio. dire che sono uguali a noi equivale a dire che possono fare da se…
una persona con disabilita ha necessita e limitazioni che una persona senza disabilita non ha.
dipende dal grado e tipo di disabilita, certo.
in termini umani siamo tutti uguali. e, ma solo in teoria, con gli stessi diritti.
in pratica i disabili sono confinati nelle famiglie e nelle strutture.
poi ci sono i falsi disabili, i peggiori nemici dei disabili. quelli che tolgono IMPORTANTI e VITALI risorse ai disabili.
i diritti a tutela delle persone disabili e delle loro famiglie sono importantissimi.
servono solo se vengono rispettati e concretizzati (ad esempio garantendo che i disabili siano assunti davvero,
che gli spazi disabili siano usati dai veri disabili, sostenendo le famiglie economicamente e non solo, ecc).