L’annuncio del Presidente Mattarella di aver conferito a Mario Draghi l’incarico di formare un nuovo governo sulle ceneri del Conte bis disfatto da Renzi, è stato accolto con esultanza dai principali mass media che, fin dalla nascita del governo giallo-rosso, si sono messi di traverso e negli ultimi sei mesi hanno condotto una campagna sempre più intensa per screditare l’azione del Governo e l’alleanza politica che ne era alla base. Esultanza condivisa dai mercati finanziari che hanno celebrato l’annunzio con una fiammata dei listini. A questo entusiasmo fanno da contraltare le voci che rimarcano il ruolo di vestale dell’ortodossia neoliberista svolto in passato da Draghi ed eccepiscono che il pilota automatico ha sostituito la Costituzione (https://volerelaluna.it/controcanto/2020/03/29/draghi-lupi-faine-e-sciacalli/).
Quali che siano i meriti o i demeriti, le virtù e le capacità del personaggio, noi, che non crediamo nell’uomo della Provvidenza, non possiamo non osservare con malinconia che l’operazione di calare un deus ex machina per risolvere l’incapacità del Parlamento di dar vita a una maggioranza politica e a un governo capace di governare, certifica il “commissariamento” delle istituzioni politiche rappresentative. Questa situazione nasce da una crisi profonda della politica. Come ha osservato Massimo Villone (il manifesto del 4 gennaio): «i mali di oggi vengono da una pessima legge elettorale che ha generato un Parlamento senza qualità, e soprattutto ha consentito a Renzi di portare nelle assemblee i suoi pretoriani e di avere così un peso che non ha nel paese» (https://volerelaluna.it/in-primo-piano/2021/02/04/proporzionale-e-meglio/).
Se non c’è da esultare per l’esito della crisi di governo, ci sono però degli aspetti positivi che devono essere valutati.
Il primo e più importante è che l’insediamento di un Governo Draghi scongiura il ricorso anticipato alle urne che in questo momento sarebbe esiziale per il nostro Paese. Il Presidente Mattarella nel suo messaggio ha spiegato i gravissimi inconvenienti che deriverebbero da una paralisi di quattro-cinque mesi dell’attività di governo mentre dobbiamo affrontare il passaggio cruciale della pandemia e del Recovery plan.
Ma ci sono altri motivi altrettanto importanti.
L’attuale legge elettorale (il Rosatellum adattato al taglio dei parlamentari) non assicura il rispetto della volontà popolare poiché con il 35-40% dei voti il centrodestra otterrebbe la maggioranza assoluta dei seggi, si assicurerebbe il Governo e la possibilità di eleggere un suo Presidente della Repubblica (https://volerelaluna.it/controcanto/2021/01/18/votare-con-il-rosatellum-un-suicidio-annunciato/). In questo modo si aprirebbe la strada al modello ungherese della “democrazia illiberale”.
Un altro aspetto positivo è che, a differenza del Governo Monti, nato con la missione di tagliare la spesa sociale per ridurre il debito, quello di Draghi nasce sotto il segno del rilancio di una politica espansiva assicurato dalle risorse europee. Qui viene in gioco la sensibilità del personaggio, che dovrà necessariamente fare delle scelte politiche e confrontarsi con delle esigenze sociali drammatiche che non possono essere oscurate, a cominciare dalla scadenza a marzo del blocco dei licenziamenti, come gli ha ricordato Mattarella.
Quel che è certo è che in queste condizioni, non è possibile fare un governo “tecnico”. Draghi per governare dovrà fare delle scelte politiche rilevanti. Manterrà o cancellerà il reddito di cittadinanza, come gli chiede Confindustria? Porterà avanti o seppellirà il progetto divisivo dell’autonomia differenziata, tanto caro alle destre? Nell’attuazione del Recovery plan, svilupperà i punti cruciali come la riduzione del divario Nord-Sud, la sanità, la scuola, l’ambiente, che stanno a cuore alle forze democratiche? (https://volerelaluna.it/controcanto/2021/02/04/draghi-renzi-e-la-dittatura-del-mercato/).
Molto dipenderà dalla maggioranza su cui potrà contare. È comprensibile il travaglio del Movimento 5 Stelle, ma è evidente che il Governo Draghi assumerà i suoi orientamenti sulla base delle forze parlamentari che lo sosterranno. In questo momento tutti i giochi sono aperti. La cosa peggiore sarebbe quella di ritirarsi dal tavolo di gioco e consegnare tutte le fiches alla destra.
Draghi: il debito buono e il debito cattivo.
Affidiamoci alla logica pragmatica. Da un seme può nascere una pianta di bellissimo aspetto e rigogliosa ma i cui frutti producono solo a pochi che li mangiano sapore molto gradevole e malessere sopportabile, invece a tantissimi un veleno con dolori insopportabili fino alla morte. Il pragmatico oggettivo verifica i frutti dell’albero e lo classifica velenoso.
Classificare il debito buono o cattivo mi sembra un criterio superficiale che perciò finisce con l’esprimere considerazioni che prestano attenzione solo ad un aspetto del problema facendolo risultare decisivo per i provvedimenti di chi ci governa o governerà. A me sembra, e se mi sbaglio correggetemi, che se contrarre un debito significa una modalità attraverso la quale, una persona o un insieme in qualche modo organizzato di persone, si rende capace dell’utilizzo di denaro lo possiamo definire buono o cattivo solo relativamente a come la somma di denaro viene procurata e non all’uso che ne facciamo. Estremizzando la problematica per renderla chiara, la cattiva azione di procurarselo rubando o vendendo droga oppure subendo l’azione cattiva di uno strozzino, non può essere resa buona da qualsiasi azione si faccia dopo con quel denaro.
Ritornando all’esempio dell’albero il denaro non deve essere inteso come un seme ma piuttosto come un concime. Se, secondo me, lo intendiamo come un seme facciamo crescere un albero chiaramente specializzato a produrre denaro e solo in modo residuale quanto serve ad altro ad esempio a far vivere meglio la popolazione. Giudicare in modo oggettivo il prestito-debito buono o cattivo investe tutto un insieme di considerazioni che riguardano i due soggetti interessati. Chi presta il denaro deve essere consapevole di quanto può prestare e di quanto può aspettare per la restituzione. È perciò che le condizioni di chi presta intervengono a chiedere misure organizzative dettate al debitore che riguardano i tempi e le modalità di restituzione. Ma le misure non dovrebbero limitare violentemente lo scopo buono del debito inteso come disponibilità di denaro, che, nel caso della comunità, è quello di migliorare lo stato di vivibilità diffuso nella stessa. Allora un buon debito può comprendere il fatto organizzativo che guarda a tutti gli aspetti contemporaneamente e si sviluppa nel tempo in sicurezza facendo coincidere con criteri duttili le restituzioni di denaro con il raggiungimento di obiettivi diversi dalla restituzione, come il risanamento dal malessere. Allora guardando le questioni nel modo più possibile oggettivo chi presiede all’organizzazione deve incidere sul sistema complessivo creando il massimo di comunione d’intenti. Le attività che sono gli alberi da concimare per riceverne il frutto devono essere coltivate con le tecniche migliori, quelle che stimolano la partecipazione accomunando la popolazione al raggiungimento dell’obiettivo. Poiché lo star bene del cittadino nella società attuale non può prescindere dall’aver disponibilità di denaro un obiettivo imprescindibile è la perequazione del reddito.
Secondo me, il presidente della Repubblica ha debordato dalle sue prerogative, incaricando Mario Draghi senza prima avere preteso la verifica definitiva in parlamento con la richiesta della fiducia da parte di Giuseppe Conte. Perché proprio Mario Draghi e non un altro? Indicando Mario Draghi ha dato un impulso alla crisi, mettendo i parlamentari di fronte al dilemma “prendere o lasciare”. Il presidente della Repubblica, secondo la nostra Costituzione e una prassi costituzionale consolidata, non è autorizzato ad esprimere l’indirizzo politico del Paese e può dare l’incarico per formare il nuovo governo solo dopo avere verificato la convergenza sulla persona della maggioranza del parlamento, cioè proprio il contrario di quello che Mattarella ha fatto.
Sono molto d’accordo con l’articolo. Ma chiedo all’autore: non sarebbe auspicabile invece un governo di transizione e poi andare alle elezioni a giugno, qualunque ne sia l’esito? Non è detto che vincano le destre…