L’anno scorso in questo periodo ero nella elegante e gelida Praga. Da anni, in realtà, vivo a Praga, tra gennaio e marzo, per accogliere migliaia di ragazzi che partecipano ai viaggi della memoria e, sulla via per Cracovia, passano per quei luoghi che tanta storia hanno vissuto. Ho camminato a Terezín con loro, raccontando storie; quelle storie che fanno sì che non si parli solo di numeri, storie che diventano la trama dei nostri viaggi. I luoghi che visitiamo sono importanti, ma non sono nulla senza le storie di chi vi ha abitato, vi ha vissuto o vi è morto. La memoria ci parla della vita di queste persone ma anche di una società disintegrata dal regime nazifascista, dalle leggi razziali e dalle persecuzioni. Cerchiamo di spostare l’attenzione dal ricordo a quali sono gli insegnamenti vitali dello studio del passato, che acquista nuovo significato nel momento in cui diventa chiave di lettura del presente e sprone al nostro impegno quotidiano. Spesso siamo così concentrati a scongiurare il pericolo della ripetizione degli eventi (che invece sono accaduti ancora e accadono in molte parti del mondo, anche a un passo da casa nostra, anche qui, pensiamo all’orrore sepolto dal Mediterraneo) che troppo poco ci occupiamo a individuarne le cause e la situazione politica, sociale e culturale che ha creato le condizioni perché quell’evento si verificasse. Mi mancano gli occhi bassi dei ragazzi e delle ragazze, a fine giornata, occhi pieni di pensieri mentre guardano il lago ghiacciato di Lidice e in realtà guardano dentro se stessi. E credo che loro manchino a quei luoghi; quest’anno, senza ragazzə, restano solo custodi silenziosi.
Terezín, che per uno strano scherzo del destino ha la forma di una stella. Era una città fortezza costruita dall’imperatore d’Austria Giuseppe II, dedicata all’imperatrice Maria Teresa, per difendere il quadrilatero boemo dalle brame del re di Prussia Federico II. Nel novembre 1941 Heydrich, allora Protettore di Boemia e Moravia, fece trasformare la città in ghetto, e la caserma in campo di concentramento, un campo di transito, dove gli ebrei venivano radunati in attesa di essere deportati verso est, in Polonia, ad Auschwitz.
Una delle fotografie che si ricordano del ghetto di Terezín è una ragazza in piedi in mezzo a un gregge di pecore. La ragazza è sopravvissuta, diventando curatrice per l’editore Československý spisovatel, amica di molti scrittori cechi, tra cui Václav Havel e Milan Kundera. E mia. La ragazza si chiamava Doris Grozdanovičová e io ho avuto la fortuna di averla per un po’ nella mia vita. L’ho conosciuta a Praga grazie a Darina Sedláčková, direttrice dell’organizzazione Živá pamět (Memoria viva), che da anni si occupa di aiutare i sopravvissuti alla persecuzione nazista, con cui ogni anno cerchiamo di organizzare degli eventi in modo che i ragazzi e le ragazze in viaggio possano incontrarli. Doris, che ci ha lasciato nell’agosto del 2019, lo ha sempre fatto ‒ anche quell’ultimo giorno stava tornando da una ennesima conferenza a Terezín ‒ nella solida certezza di quanto fosse giusto e necessario, ricordare gli orrori del passato. Orrori che in Doris, come in molti dei sopravvissuti che ho avuto l’onore di conoscere, non erano mai motivo di disperazione, rancore o cinismo, ma diventavano un appello sincero ad amare la vita e un invito a costruire insieme un mondo di fratellanza, bontà e bellezza. Instancabile, si faceva fatica a portarla a casa a fine serata; ricordo una cena frugale in una taverna di Malostranská in cui lei, sottovoce, mi mostra le foto della sua famiglia, della sua collezione di pecorelle (a cui ne avrei aggiunte un paio anch’io), mi chiede di raccontarle dei miei figli, mi dona un piccolo Golem di metallo che ci potesse proteggere. Ricordo quanto era stata felice di venire a trovarci a Torino, ospite del Salone Internazionale del Libro, dove ancora una volta ha raccontato a centinaia di giovani la deportazione, i suoi anni di prigionia nella città ghetto di Terezín, la fortuna di essere scampata al peggio perché assegnata a badare alle pecore, la perdita dei genitori, la farsa della visita della Croce Rossa Internazionale presso il campo, la liberazione e il futuro incerto, e poi il fratello ritrovato e gli anni di lavoro come traduttrice. Torino l’abbiamo visitata dopo ore di Salone del Libro, che è un’esperienza estenuante per noi comuni mortali, ma lei doveva vedere tutto e poi cenare ancora una volta insieme e bere dal calice della vita ogni goccia, ogni istante.
Diffondere la testimonianza dei sopravvissuti e delle sopravvissute dell’Olocausto è doveroso e importante, conservare la memoria del male perpetrato solo settant’anni fa contro milioni di innocenti. Lo abbiamo ripetuto infinte volte e continueremo a farlo, perché è il nostro modo per costruire l’argine al male, al lato oscuro dell’essere umano che, come la storia continua a mostrarci, è sempre in agguato.
Doris verrà ricordata stasera, alle ore 18, presso l’Istituto Italiano di Cultura di Praga in occasione della première del documentario Terezín. Il grande inganno di Mary Mirka Milo. L’evento sarà in diretta sulla piattaforma Zoom, mentre il film sarà poi in visione tramite questo link inserendo la password: “Memoria”.
Sempre oggi, alle ore 11 e alle ore 18, il coro del Teatro Regio di Torino con “Dieci canti corali dal ghetto di Terezín” dedica un intero programma al compositore, direttore d’orchestra e pianista a Viktor Ullmann, ebreo di origini slesiane, rinchiuso a Terezín e poi deportato ad Auschwitz, dove fu ucciso. Streaming su www.teatroregio.torino.it .
Buongiorno,
non riesco a vedere il video su Terezìn, le password Memoria o “Memoria”, con o senza virgolette, non funzionano. Come posso fare?
Grazie