Elezioni in Terra Santa

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Le seconde elezioni nazionali tenutesi quest’anno nella cosiddetta Terra promessa non sembrano promettere granché, se non la flebile speranza che si concluda, con il soccorso del Santo Benedetto, l’infame regno di re Bibi I con anche – auspichiamo – la condanna per i misfatti di cui è imputato. Certo, data la temperie politica che vige in Israele e nell’attuale contesto internazionale, è altamente improbabile che Netanyahu venga giudicato per i crimini contro l’umanità commessi nei confronti del popolo palestinese: ultimo, al momento solo progettato per coinvolgere i più fanatici ultranazionalisti haredim (ultraortotdossi), l’annessione banditesca di territori appartenenti alla Palestina.

La coalizione centrista lavan/kakhol (bianco azzurra) guidata dall’ex capo di stato maggiore Benny Gantz, nel caso in cui riuscisse a formare una coalizione di governo (ipotesi, peraltro, ad alta alea), potrebbe migliorare il clima sul piano della laicità. Ma difficilmente potrebbe far progredire l’idea dello Stato binazionale, l’unica soluzione praticabile, visto che ha distrutto definitivamente l’opzione dei due Stati per pagare con cinismo un tributo alla sua sfrenata ambizione. L’ago della bilancia parrebbe essere Lieberman, un falco che tuttavia ha rotto con Bibi, difende un’idea di laicità e non si piega ai diktat degli ortodossi. Vi è anche un’altra opzione, quella del governo di unità nazionale ma, secondo me, vivo politicamente Netanyahu, non ne verrebbe fuori nulla di buono.

In questo pasticcio un po’ all’italiana si è inserito l’appello accorato di David Grossman rivolto ai cittadini arabo israeliani, il 21 per cento della popolazione di Israele, che ancora hanno diritto di voto anche se discriminati, perché accorressero alle urne al fine di mandare a casa Bibi e dare una chance al futuro della società israeliana. Le parole di Grossman sono commoventi e condivisibili ma dubito che possano sortire un effetto significativo. Dopo anni di nefasta propaganda e di autentico lavaggio del cervello praticato dalla nascita alla tomba, ritengo che i cittadini ebrei di Israele non siano preparati a un vero cambio di marcia. Ma lo scrittore è uomo di alto profilo morale ed è suo dovere lasciare almeno una porta aperta alla speranza.

Gli autori

Moni Ovadia

Moni Ovadia è un attore, drammaturgo, scrittore e compositore di famiglia ebraica. Tale ascendenza influenza tutta la sua opera, diretta al recupero e alla rielaborazione del patrimonio artistico, letterario, religioso e musicale degli ebrei dell’Europa orientale. Politicamente impegnato nella sinistra è profondamente critico nei confronti della politica ultranazionalista del Governo di Israele e impegnato nella difesa dei diritti della Palestina e dei palestinesi.

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