Quel che vorrei da un (nuovo) Governo

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Grande confusione sotto il Cielo. E sotto quel lembo di cielo con il suo azzurro indifferente che sovrasta l’Italia regna una sorta di marasma confuso. E hanno ancora il coraggio di chiamarlo “politica”. Oggi ho ricevuto un whatsapp con questo pensierino: «Un tizio che da ministro dell’interno ha fatto una legge che limita il diritto di manifestare invita all’insurrezione contro un governo che potrebbe formarsi perché lui ha sfiduciato quello di cui era vicepresidente. Se non fosse vero, sarebbe un film dei fratelli Marx». Solo che la loro era arte geniale e iconoclasta, questa è una melassa insopportabile, di una noia mortale. Pseudo proclami, opinioni, analisi, sproloqui, deliri si affastellano scomposti e confusi come in un bric-à-brac sconcio e insensato. Personalmente non capisco perché dovremmo occuparci di questo raggiro che serve solo a chi col mestiere della “politica”, con la corte del formicolante indotto, ci campa la famiglia. Ma a noi che ce ne cale?

L’Italia, l’Europa e l’intero pianeta hanno bisogno di ben altro. Fin quando vige questa sedicente democrazia che maschera malamente, con un posticcio malfatto, gli strapoteri di poche oligarchie c’è poco che si può fare per dare alla vasta umanità vita e non sopravvivenza.

Ma, per ora, non si vede all’orizzonte né un movimento così poderoso, né una leadership così autorevole che possano promuovere una radicale e profonda rivoluzione culturale che fermi l’economia che uccide esseri umani e natura, per farci entrare in un’altra era. Tuttavia gli ultimi, i deboli e le future generazioni hanno bisogno subito di un punto di riferimento, pur con tutti i suoi limiti, che li liberi dalla pandemia nazionalista che un maldestro maquillage fa definire sovranista e che semina paure irrazionali, odio, fobie, razzismi e un rigurgito di cattiveria feroce.

Il Governo PD-Cinque Stelle potrebbe dedicarsi alla bonifica del clima pestilenziale che abbiamo conosciuto in questi ultimi tempi per riattivare un minimo di pedagogia costituzionale rivolgendola a quella parte degli italiani che, ammorbati da una micidiale ignoranza di ritorno, non sono in grado di capire che non siamo né un popolo, né nazione. In centocinquant’anni e oltre non c’è l’abbiamo fatta a diventare tali. Noi siamo una eterogenea comunità nazionale definita dalla Costituzione Repubblicana.

La nostra Carta è ontogeneticamente e ineludibilmente antifascista. Il nostro sistema politico è una Repubblica parlamentare, ergo i Governi si fanno in Parlamento. La nostra democrazia si fonda sulla netta separazione dei poteri, la sovranità popolare non è plebiscitaria ma si esercita nei limiti e nelle forme della costituzione. Traduzione: in Italia, in ultima analisi è sovrana la Costituzione.

E soprattutto, più di tutto, la nostra legge fondativa chiede il rispetto dei diritti della persona umana, diritti civili e diritti sociali e fa propri quelli universali. I migranti da dovunque vengano devono essere considerati titolari della nostra stessa dignità e dei nostri stessi diritti. Se si abbandona questa cultura, che ha un’assoluta priorità rispetto a ogni altra azione politica, si spalancano le porte di una barbarie che l’Italia e l’Europa hanno già conosciuto e che invariabilmente porta con sé la messe dell’orrore e dei lutti infiniti.

Allora, quando un numero rilevante dei nostri concittadini mostra di voler plebiscitare un uomo che delira chiedendo pieni poteri, abbiamo un problema estremamente grave e rischiamo una patologia esiziale. Questo possibile Governo, una volta compiuti i rituali delle esibizioni muscolari, dovrebbe almeno iniziare a risalire la china per mettere un argine al disastro. Solo riconoscendo questa priorità, un Governo diventa democraticamente credibile e affidabile anche nei confronti dei propri cittadini.

Gli autori

Moni Ovadia

Moni Ovadia è un attore, drammaturgo, scrittore e compositore di famiglia ebraica. Tale ascendenza influenza tutta la sua opera, diretta al recupero e alla rielaborazione del patrimonio artistico, letterario, religioso e musicale degli ebrei dell’Europa orientale. Politicamente impegnato nella sinistra è profondamente critico nei confronti della politica ultranazionalista del Governo di Israele e impegnato nella difesa dei diritti della Palestina e dei palestinesi.

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