Intervenendo su Il Manifesto lo scorso 6 agosto, Sergio Moccia ha argomentato con grande chiarezza l’inconsistenza giuridica delle misure contro le ONG contenute nel secondo decreto sicurezza. Salvare i naufraghi conducendoli in un porto sicuro è un dovere che discende dal diritto internazionale, consuetudinario e pattizio: fonti del diritto che nel nostro ordinamento acquisiscono rango costituzionale in virtù degli articoli 10, comma 1, 11 e 117, comma 1, della Costituzione. Qualsiasi legge si ponga in contrasto con tale dovere è, in quanto di rango subordinato, incostituzionale e, di conseguenza, soggetta ad annullamento da parte della Corte costituzionale. Si può dire di più, come fa Moccia: ostacolare l’adempimento del dovere di salvare i naufraghi (trarli a bordo, dirigere verso il porto sicuro più vicino, effettuare lo sbarco: il tutto nei più rapidi tempi possibili) può configurare un comportamento penalmente rilevante, ascrivibile sia a chi concretamente lo pone in essere, sia a chi ordina di farlo.
Anche il primo decreto sicurezza contiene misure patentemente incostituzionali. Su tutte, la norma che prevede la revoca della cittadinanza nei confronti di chi è condannato per gravi reati di terrorismo, ma solo se si tratta di soggetto che è divenuto cittadino nel corso della sua esistenza (se è stato «naturalizzato», come si dice con orribile espressione), non anche se cittadino lo è per nascita. Una previsione discriminatoria, che scardina il principio di uguaglianza creando cittadini di serie A e di serie B: di fronte a determinati reati, si vorrebbe che la reazione dell’ordinamento dipendesse non da che cosa è stato fatto, ma da chi l’ha fatto.
Impossibile immaginare che l’incostituzionalità di tali misure non sia evidente anche a coloro che le hanno proposte e approvate. Bisognerebbe ipotizzare un livello di ignoranza davvero difficile da raggiungere. È chiaro che siamo di fronte a comportamenti brutalmente cinici e spregiudicati, attraverso i quali i leader dei partiti di maggioranza si sono spinti politicamente in territori su cui sanno benissimo di non potersi giuridicamente attestare. Il sistema costituzionale è costruito apposta per espungere le norme contrastanti con la Carta fondamentale. Chi dovesse vedersi applicare le norme sopra ricordate chiederà al giudice di sospendere il giudizio e sollevare questione di incostituzionalità, così attivando l’intervento della Corte costituzionale che farà prevalere la Costituzione sulla legge che la contraddice. In esito alla pronuncia della Corte, la legge diverrà totalmente inefficace, non potendo più trovare applicazione nemmeno nel giudizio che ha originato la pronuncia di incostituzionalità. Risultato: l’accusato andrà esente da ogni conseguenza per il proprio comportamento e nessuno potrà in futuro essere accusato per la violazione della legge annullata. Anni di reclusione, multe milionarie, confische dei mezzi di soccorso: Salvini e Di Maio possono sbizzarrirsi quanto vogliono: non produrranno che norme incostituzionali destinate a venir meno alla prima occasione.
Si tratta, tuttavia, di una magra consolazione. Occorre prendere atto che un nuovo atteggiamento si sta diffondendo tra alcune forze politiche: governare contro la Costituzione. Se un tempo si è lottato sull’interpretazione (più o meno socialmente avanzata) da attribuire alla Carta fondamentale e poi, nella stagione delle riforme, sul contenuto da dare alla Carta stessa, siamo oggi al cospetto di un’azione politica costruita tramite atti volutamente lesivi della Costituzione. Che una legge possa essere incostituzionale è, in una certa misura, nell’ordine delle cose: possono esservi incertezze interpretative o contrasti normativi che solo la concreta applicazione delle norme fa emergere. Ora la situazione è diversa: assistiamo alla violazione dolosa della Costituzione da parte di partiti che agiscono come se la loro volontà legislativa fosse priva di ogni vincolo.
È un’evoluzione inquietante, che può progressivamente erodere la credibilità dell’ordinamento costituzionale. La ferma reazione degli organi preposti alla garanzia della Costituzione è oggi più che mai necessaria. Significa che la Corte costituzionale dovrebbe cogliere la prima occasione utile per cancellare, senza indugi temporali, le disposizioni incostituzionali. E significa che il Presidente della Repubblica dovrebbe assumere un atteggiamento ben più incisivo della pratica – del tutto priva di conseguenze effettive – di accompagnare la promulgazione con rilievi e messaggi variamente indirizzati, ricordandosi che l’art. 74 della Costituzione gli attribuisce il potere di rifiutare la promulgazione delle leggi con un rinvio alle Camere che motiva la richiesta di una nuova deliberazione. Ce ne sarebbe stato bisogno in questi 14 mesi di Governo Conte. Ce ne sarà ancora più bisogno, probabilmente, nei mesi che verranno.
E’ proprio necessario attendere il caso concreto per rilevare l’incostituzionalità delle leggi finora approvate , quando Mattarella avrebbe il potere di respingerle e non lo fa? C’è qualche motivo (e quale) per cui il Presidente ignora le sue prerogative, ignora le numerose petizioni ricevute e si ostina a firmare il gran TUTTO, con patetiche raccomandazioni che non vengono né raccolte né rispettate? E’ sotto ricatto?
Possibile che la Costituzione venga cosi impunemente calpestata anche da coloro che dovrebbero difenderla e ne hanno la facoltà?
Ho l’impressione che il povero Mattarella non sia un uomo coraggioso e si trincea dietro la voluta figura del superpartes. Lo capisco, ma non condivido questo modo democristiano di non esporsi anche quando si viola la Costituzione ed i suoi sacri principi. Ha forse timore Mattarella del bullo Salvini? Le prerogative di Capo dello Stato gli permettono di censurare severamente tutti gli atti incostituzionali del governo. Perche’ non lo fa?