Paure e false paure
Nel mio mestiere, ho raccolto spesso frasi di questo tipo: «ho trovato vicino a casa un capriolo sbranato e mi ha fatto molta impressione». Persino i sindaci montani, sollecitati dai loro cittadini allarmati, chiedono come evitare “simili spettacoli” attorno ai paesi. Ma di cosa crediamo che si cibino i lupi? Può un carnivoro uccidere senza sangue, senza “fare impressione”?
È un esempio, tra i tanti, della mentalità di cui siamo impregnati. Eppure ogni istante in natura qualcuno mangia qualcun altro, che ce ne accorgiamo o meno. Dalla mantide alla cinciallegra, dal tonno alla faina, dal rospo al granchio, tutti azzannano e ammazzano per nutrirsi (e ho scelto apposta un esemplare per ogni classe: insetti, uccelli, pesci, mammiferi, anfibi e crostacei). Questa realtà ci angoscia e non vogliamo vederla. Le poche volte che la osserviamo ci facciamo sopra la morale: l’averla che infilza i vermi sulle spine o la vespa che inocula il proprio uovo nel ventre vivo di un bruco ci fanno orrore perché ci appaiono crudeli.
Il lupo è l’animale principe di questo atteggiamento. Incastrato come nessun altro nel nostro immaginario collettivo, lo proteggiamo e lo mitizziamo, lo detestiamo e lo diffamiamo. Sotto sotto speriamo che diventi vegetariano…
Nel 2019 il lupo incarna, ancora, una dualità esasperata. Da un lato, è il simbolo della voracità, della lussuria, della ferocia. Volete un esempio facile facile? Cliccate sui motori di ricerca su sinonimi di lupo: troverete “persona prepotente, crudele”. Dall’altro, gli attribuiamo valori positivi come la lealtà, la fierezza, il lavoro di squadra, la conoscenza dei segreti della natura e dei misteri della notte. Lo sa bene la pubblicità, che usa continuamente riferimenti lupeschi più o meno espliciti, ma anche qualsiasi giornalista, che appena può lancia “lupo” e tutti i possibili derivati nel titolo di un articolo ‒ cha parla magari di Valentino Rossi o di terroristi ‒ sapendo che sarà più accattivante di altri.
Secondo Harari (Da uomini a dei) addirittura una delle ragioni profonde della nostra ammirazione per i lupi risiede nell’invidia verso il loro essere rimasti gruppo familiare che occupa ogni funzione sociale, mentre noi abbiamo delegato tutte le funzioni non-individuali allo Stato e al Mercato.
Dicevamo delle paure. Potrò ancora andar per funghi nei boschi? I bambini potranno ancora giocare senza pericolo nei prati? Il Cappuccetto Rosso mai sopito dentro di noi si preoccupa. Eppure, la nostra specie non è una preda cacciata dal lupo, che oggi, al contrario di un secolo fa, ha tanto da mangiare. Eppure, è lui quello che ci teme, e con ragione, visto che la sua principale causa di morte sono gli incidenti e il bracconaggio. Eppure, la scienza documenta che sulla Terra gli animali selvatici che assassinano umani sono prima di tutto gli insetti (725.000 casi all’anno al mondo), seguiti dai serpenti (50.000) e dai cani (25.000). Già, proprio i migliori amici dell’uomo feriscono solo in Italia quasi una persona al giorno, spesso bambini e talvolta con conseguenze gravi. Poi, coccodrilli, ippopotami, leoni ed elefanti ammazzano circa 1700 persone all’anno. Per fortuna, questi ultimi agiscono lontano dall’Europa, ma non gli insetti. Negli ultimi anni aumentano in Piemonte le infezioni da zecche e addirittura le morti causate dai calabroni per allergie e shock anafilattici. Per non parlare di zanzare-tigre e altri esotici pungitori pericolosi.
Le nostre paure sono in parte giustificate dalla storia. Nel vecchio contesto rurale e alpino, i lupi si sono mangiati un bel po’ di bambini. È stato inevitabile, quasi “naturale”. Donne e uomini abitavano ovunque, in ogni collina, montagna, valle, poggio o prato d’Italia. E dove si insedia, la nostra specie disbosca, impone i propri armenti ed elimina chi la disturba. Le uniche prede possibili erano le poche pecore di ogni borgata o villaggio abitati da una ventina di famiglie, ognuna delle quali possedeva 4-5 capi. Ogni mattina, i bambini piccoli ‒ 6-7 anni al massimo, poi erano considerati abbastanza robusti per lavorare sul serio nei campi ‒ e soprattutto le bambine, le portavano al pascolo. Ce lo ricordano, tra tanti esempi possibili, Heidi e i tre pastorelli di Fatima: quando assistettero all’apparizione miracolosa della Madonna avevano 10 anni Lucia, 9 Francesco e appena 7 Giacinta.
Oggi queste condizioni non ci sono più, almeno nell’Europa occidentale. Non ci sono ragioni, dunque, per aver paura di un lupo incontrato in condizioni naturali. Certo, infilare il braccio dentro una tana abitata o maneggiare un lupo intrappolato, vuol dire affrontare i denti e la potenza di un killer professionista, non di un cocker un po’ arrabbiato. Dunque, la paura non è un sentimento sempre sbagliato. Aiuta ogni animale a rimanere vivo in un mondo ostile. E poi finiamola con la natura sempre bella e buona, disneyana. La natura punge, graffia, morde, sporca, puzza, ammala, ferisce, talvolta uccide. Per questo è così meravigliosa. Come noi. E se tu che leggi appartieni al genere femminile, rischi di più ad avere vicino un maschio familiare della tua stessa specie piuttosto che aggirarti da sola nel territorio di un branco di lupi. Veri.
Un giorno o l’altro, comunque, nonostante le rassicurazioni etologiche, capiterà purtroppo anche in Italia che un lupo assalga un umano. Forse per provocazione, forse per rabbia, forse per sbaglio, ma succederà. E allora in un attimo saranno spazzati decenni di progetti di conservazione, la notizia aprirà ogni telegiornale della sera e tanti esperti mai visti prima diranno la loro. Con buona pace dei professionisti che li studiano e li spiegano da anni, delle loro esperienze e competenze multidisciplinari, sarà immediatamente aperta la caccia indiscriminata.
La difficile posizione degli ibridi
Un aspetto poco conosciuto ma importante nella gestione della fauna è l’ibrido. Nel caso del cane e del lupo, ha rilevanti risvolti giuridici. Il lupo è protetto dalle leggi sulla fauna selvatica e sulla caccia. Il cane è considerato animale d’affezione e quindi ricade nell’ambito delle leggi specifiche. Tutto chiaro. Ma se una lupa si accoppia con un cane e genera figli ibridi, costoro, cosa sono? Giuridicamente, un casino! Chi gli sparasse, non può essere considerato bracconiere (non è specie protetta) e nemmeno un torturatore di cani (non è animale d’affezione). Sembrano cavilli, ma chi lavora sul campo ‒ veterinari, carabinieri forestali, guardiaparco ‒ deve affrontarli quotidianamente, perché a seconda dell’interpretazione che daranno, le strade dell’animale o delle eventuali indagini prenderanno direzioni diverse.
Oggi che la situazione del lupo in Italia è buona, l’ibridazione è considerato il principale rischio per la conservazione della sottospecie italiana. Non a caso, molte ricerche sono attive in questo campo e l’Unione Europea finanzia appositi progetti Life (Ibriwolf, ad esempio). Un rischio reale esaltato da numeri impressionanti: a fronte di circa 2.000 lupi stimati oggi nella nostra penisola, ISPRA certifica la presenza di oltre 800.000 cani vaganti, completamente rinselvatichiti e quindi ben più pericolosi dei lupi, diffusi soprattutto al centro e al sud.
L’impossibile “gestione”
Talvolta, sull’onda di emergenze locali e polemiche nazionali, si lanciano appelli per riaprire la caccia al lupo. A parte il fatto – attualmente insormontabile ‒ che si tratta di una specie protetta a livello europeo e internazionale, chi ha sperimentato uccisioni (presunte) selettive, ha rilevato che spesso sono controproducenti.
Se non si abbatte con sicurezza uno dei giovani, è probabile far fuori uno degli adulti Alpha. A questo punto gli immaturi del branco restano senza guida, senza disciplina. Allora facilmente si rivolgono alle prede più facili, cioè le pecore. Proprio quelle che si volevano proteggere facendo fuori qualche lupo. Come succede purtroppo nelle società umane, dove l’esempio più calzante – e tragico – sono le guerre per il potere che si scatenano alla morte di un capo, sia esso un imperatore romano, un imprenditore danaroso o un narcotrafficante. Come nei lupi, si verifica un periodo di disordine, i cui danni collaterali coinvolgono anche chi non c’entra (pecore, cortigiani, dipendenti, piccoli spacciatori).
Lupi e Curdi
Anni fa una V ͣ elementare mi chiese notizie sul ritorno dei lupi in Val Susa. Concentrai la mia esposizione sui tre fattori che hanno permesso l’espansione del lupo, a partire dall’Abruzzo, quando l’uomo ha abbandonato la montagna dopo la seconda guerra mondiale: la fine di uccisioni dirette, con fucilate, trappole o bocconi avvelenati; il recupero di un ambiente forestale misto e diffuso, inframmezzato da radure, non coltivato e non disturbato, adatto alla vita del lupo; e, infine, l’abbondanza di prede come cervi, caprioli e cinghiali reintrodotti dall’uomo, non più sterminanti da una caccia insensata e anch’essi favoriti dal ritorno del bosco. Argomenti noti a chi si occupa di natura, e, a giudicare dall’attenzione suscitata, ben esposti e interessanti.
Durante i commenti della classe al termine della spiegazione, un bambino disse, rivolto alla maestra: «Allora è come quando abbiamo parlato dei clandestini che sbarcano al Sud: anche loro scappano perché qualcuno li uccide o distrugge le loro case o perché non trovano più da mangiare. Proprio come i lupi». Noi “adulti” siamo rimasti colpiti. Non avevamo pensato a questo parallelo tra lupi e curdi [erano gli anni interessati da quell’emigrazione], a questa triste concordanza tra perseguitati umani e animali. I ragazzi in seguito hanno ovviamente allargato il dibattito, inglobando la storia e la geografia, e un sacco di altri argomenti, senza che gli insegnanti intervenissero più di tanto. Si sono poi fermati sul baratro di una domanda ‒ perché gli uomini sono cattivi? ‒ che ha fornito loro lo spunto per successivi lavori “portati” all’esame di fine anno ai quali fui, con molto orgoglio da parte mia, invitato a partecipare.