Elezioni: agli italiani non piace l’ambiente?

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Non sono un politologo, ma non è necessario esserlo per dare una lettura del voto di domenica in chiave di tutela dell’ambiente.

Avevamo tutti notato come questo tema fosse pressoché assente dalla campagna elettorale, anzi, era presente il tema del lavoro legato alle grandi opere, che con la tutela dell’ambiente fa letteralmente a pugni.

Non dico che il vero e proprio crollo del M5S sia dovuto alla sua assenza di politica ambientale, quando non a scelte di politica avversa all’ambiente, ma sicuramente quell’assenza ha generato molto scontento fra chi l’aveva votato. Diciamolo: in molti vedevano nel Movimento una formazione politica che si faceva finalmente carico delle problematiche ambientali un tempo proprie dei verdi. La sua opposizione a molti progetti ne sembrava la dimostrazione. Poi eccolo sottoscrivere, in vista della formazione del governo, un contratto da cui la tutela ambientale pressoché scompare. Eccolo operare un révirement sul TAP, su Taranto, sul Terzo Valico. Ecco il provvedimento sui fanghi in agricoltura e il condono di Ischia. Ecco il tentennamento addirittura sul suo cavallo di battaglia: il TAV. Che tutta questa politica in contrasto con la tutela ambientale, all’apparenza dettata dalla Lega e subita dal Movimento, gli abbia alienato simpatie è scontato. Anche se certo non giustifica in toto la débâcle.

E veniamo allo strapotere della Lega, che invece della distruzione del territorio ha fatto il proprio cavallo di battaglia. Salvini, subito dopo l’esito delle elezioni, ha tuonato “Avanti con le grandi opere”. E qui siamo sempre nel campo del parlare alla pancia della gente: grandi opere uguale lavoro. Non è neppure il caso di spendere parole sulla pochezza di questo mantra (una volta che l’opera è terminata, il lavoro finisce e i danni irreversibili restano), così come non lo è sul tema dell’immigrazione o della cannabis. Eppure evidentemente è quello che la gente vuole sentirsi dire. Ma, come la mancanza della parola “ambiente” non spiega la débâcle del M5S, così la distruzione del territorio non spiega appieno l’avanzata dei leghisti, pur se di sicuro aiuta.

Comunque il risultato è che adesso abbiamo un nord Italia completamente loro. Non ci sarà certamente, in Piemonte, un cambiamento sostanziale rispetto all’inguardabile precedente giunta piddina. Chiamparino era un fan sfegatato del TAV come lo è Cirio, né più né meno. Forse, dico forse, ci sarà un’accelerazione del degrado territoriale come già avviene in Lombardia e in Veneto, e una maggiore sponda al partito dei cacciatori.

Quello che può stupire, piuttosto, è l’avanzata di alcune liste civiche di “destra”, in Val Susa, teatro della lotta No Tav. A Susa ha perso Plano, piddino in odore di eresia, da sempre contrario al TAV. E Susa è proprio uno di quei comuni che più avrebbero da perderci con la linea ferroviaria: il suo territorio verrebbe completamente sconvolto dalla nuova stazione e dal traffico dello smarino. Sicuramente – come ebbe a dire Alberto Perino, prevedendo tra l’altro il crollo del Movimento – in valle c’è molto malcontento, per non dire incazzatura per come i grillini hanno gestito la questione TAV a livello governativo. E ne hanno ben donde. A fronte di un’analisi costi/benefici fortemente critica, non hanno avuto il coraggio di andare avanti, e la valle si è sentita tradita. Ciò può spiegare un certo astensionismo, ma non l’avanzata della Lega che, sotto questo aspetto, può essere letta solo come il comportamento di chi si taglia gli attributi. Basterebbe la recente analisi di Luca Mercalli per evidenziare quanto la valle abbia solo da perderci dalla realizzazione del tunnel.

E qui alzo davvero le braccia: inspiegabile.

Concludo con una considerazione di carattere generale. Io vado abbastanza in giro per la promozione dei miei libri e per dibattiti e spesso la considerazione che emerge fra il pubblico è che va bene tutelare il suolo, ma se non si costruisce più si perdono posti di lavoro. Io replico – e lo sottolineo anche qui – che non si può pensare a una società statica (che poi la nostra statica non è: basta vedere quanti posti di lavoro si sono persi in pochi anni grazie alla globalizzazione). Se un settore economico arreca danni, occorre chiuderlo.

Meglio un sistema economico che depreda il territorio, che inquina, che produce armi, oppure uno che salvaguarda il suolo, la salute di chi vi abita e non alimenta guerre? La risposta sembra ovvia, ma visto l’esito di queste elezioni, tanto ovvia non è.

Gli autori

Fabio Balocco

Fabio Balocco, nato a Savona, risiede in Val di Susa. Avvocato (in quiescenza), ma la sua passione è, da sempre, la difesa dell’ambiente, in particolare montano. Ha collaborato, tra l’altro, con “La Rivista della Montagna”, “Alp”, “Meridiani Montagne”, “Montagnard”. Ha scritto con altri autori: "Piste o peste"; "Disastro autostrada"; "Torino. Oltre le apparenze"; "Verde clandestino"; "Loro e noi. Storie di umani e altri animali"; "Il mare privato". Come unico autore: "Regole minime per sopravvivere"; “Poveri. Voci dell’indigenza. L’esempio di Torino”; "Lontano da Farinetti. Storie di Langhe e dintorni"; "Per gioco. Voci e numeri del gioco d'azzardo". Collabora dal 2011, in qualità di blogger in campo ambientale e sociale, con Il Fatto Quotidiano.

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