Lettera a Babbo Natale

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Caro Babbo Natale,

già l’anno scorso ti ho scritto una lettera. Ma ci ho pensato solo all’ultimo e così ti è arrivata quando Natale era ormai passato. Forse per questo è rimasta inascoltata. Dunque ci riprovo, e lo faccio per tempo. Facilitato dal fatto che devo cambiare solo pochi passaggi per ragioni di contesto mentre la sostanza, nonostante le apparenze, è rimasta immodificata e in alcuni punti è addirittura peggiorata.

Vivo in uno strano Paese nel quale più di un cittadino su cinque è in situazione di povertà e le diseguaglianze aumentano in maniera vertiginosa. In un Paese in cui si approvano leggi contro i poveri, considerati alla stregua di scarti da cui – in forza di un pensiero che ha ridisegnato i sistemi istituzionali, i rapporti sociali, il concetto stesso di cittadinanza e di democrazia – la società deve difendersi con ogni mezzo. In un Paese in cui ci si fa vanto di respingere in mare bambini, donne e uomini condannandoli a morire o a subire violenze e torture.

Contemporaneamente, in questo strano Paese, le città sono piene delle luci di Natale, i telegiornali fanno a gara nel dire che tutto sommato non possiamo lamentarci e i politici di governo – esattamente come quelli che li hanno preceduti – mostrano soddisfazione per “il roseo futuro che ci aspetta”. Ormai quasi solo il Papa di Roma, che abita vicino a noi e che tu forse conosci, dice, inascoltato, che la situazione è insostenibile: lo dice in generale, ma vale anche per il nostro Paese. Ebbene, tra pochi mesi saremo chiamati ad andare a votare (qualcuno per le regionali, tutti per le europee) e io non so proprio che cosa fare. A volte sono tentato, per la prima volta nella mia vita, di unirmi alla schiera di coloro che non voteranno.

Per questo, caro Babbo Natale, ho deciso di scriverti. So che tu hai molte cose da fare e che non puoi occuparti delle miserie del mio piccolo Paese, sostituendoti agli uomini e alle donne che dovrebbero farlo. Ma forse, se fossimo in tanti a scriverti, verrebbe fuori un bell’elenco di cose utili e possibili: non le troveremmo sotto l’albero ma servirebbero almeno per distinguere, nella politica, chi è interessato al bene comune e chi no e, dunque, ad aiutarci a capire per chi alla fine votare o se è meglio non farlo. Dunque provo a dare il mio contributo, indicando alcune delle cose che, secondo me, ci farebbero vivere un po’ meglio.

Ci vorrebbe un altro modello di sviluppo, costruito tenendo conto dei bisogni delle donne e degli uomini in carne e ossa. Siamo davvero sicuri che ciò richieda quella crescita economica continua, realizzata a qualunque costo, di cui parlano continuamente economisti e politici? A me sembra che la crescita serva se dà risposta a quei bisogni, altrimenti non sappiamo davvero cosa farcene. E poi, comunque, la crescita non può durare in eterno. Non sarebbe meglio un modello di sviluppo più frugale e attento all’uguaglianza e al senso di comunità? Un modello che, a ben guardare, diminuirebbe anche le differenze tra i popoli e sarebbe, forse, un antidoto contro guerre e terrorismo (che non nascono per caso, ma sono anche il frutto perverso di rapporti dominati dalla forza e dallo sfruttamento)?

Ci vorrebbe una cura diffusa del pianeta e del suo futuro. Il mondo è sempre meno vivibile; le materie prime si stanno esaurendo; la natura, stufa di essere sfruttata, si ribella. Nel grande. Ma anche nel piccolo. Per restare nello strano Paese in cui vivo, bastano pochi mesi di siccità a provocare incendi devastanti. E modeste piogge a seminare esondazioni di fiumi e decine di morti. Per non parlare dei terremoti. Eppure – non ci crederai, ma è così – i nostri governanti (anche quando hanno fatto grandi promesse in campagna elettorale) non si preoccupano di mettere in sicurezza il territorio, ma hanno varato, dalla Puglia al Piemonte, grandi opere inutili e devastanti e sembrano tuttora intenzionati, nonostante l’opposizione ultraventennale di una valle, a scavare un tunnel di 57 chilometri in una montagna con consistente presenza di amianto per farvi correre treni veloci destinati a viaggiare semivuoti trasportando quasi esclusivamente merci (scatolette di tonno, bottiglie di acqua minerale o auto, che pure non credo abbiano una smania particolare di arrivare a destinazione qualche ora prima). Il tutto dopo aver costruito un’autostrada in cui il traffico è così intenso che i ragazzi ci giocano a palla. E non sto a dirti dei rifiuti, che presto ci sommergeranno, e del loro smaltimento, che ogni giorno ci avvelena, mentre non puoi comprare un dentifricio o un litro di latte senza doverti portare a casa il tuo carico giornaliero di plastica e affini.

Ci vorrebbe un lavoro per tutti, magari diminuendone un poco la durata così lasciando a ciascuno il tempo di coltivare i propri interessi e di curare i rapporti con i propri figli e i propri vicini. Se poi il lavoro non c’è, ci vorrebbe un intervento pubblico che consenta a tutti una vita dignitosa anche se si è vecchi o malati, senza umiliazioni e ricatti e soprattutto senza considerare chi è povero un potenziale truffatore che vuole vivere alle spalle del prossimo. Sai, caro Babbo Natale, cosa dicono quelli che governano il mondo? Dicono che questo si chiama utopia ed è irrealizzabile. Io non lo so. Ma quando vedo che questo mondo è in balia della finanza più spregiudicata, che accumula e brucia cifre incalcolabili di denaro pubblico e di risparmi individuali, mi chiedo: chi ha deciso di chiamare utopia l’uguaglianza e la dignità delle persone?

Caro Babbo Natale, avrei tante altre cose da aggiungere, ma non ho più spazio. E allora mi fermo.

Prima però ti chiedo una cosa: è una ingenuità o un diritto pretendere da chi ci governa (o si propone di governarci) indicazioni e impegni chiari su questi punti?

Gli autori

Livio Pepino

Livio Pepino, già magistrato e presidente di Magistratura democratica, dirige attualmente le Edizioni Gruppo Abele. Da tempo studia e cerca di sperimentare, pratiche di democrazia dal basso e in difesa dell’ambiente e della società dai guasti delle grandi opere. Ha scritto, tra l’altro, "Forti con i deboli" (Rizzoli, 2012), "Non solo un treno. La democrazia alla prova della Val Susa" (con Marco Revelli, Edizioni Gruppo Abele, 2012), "Prove di paura. Barbari, marginali, ribelli" (Edizioni Gruppo Abele, 2015) e "Il potere e la ribelle. Creonte o Antigone? Un dialogo" (con Nello Rossi, Edizioni Gruppo Abele, 2019).

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2 Comments on “Lettera a Babbo Natale”

  1. Grazie a Lei e anche a tutta la redazione di volere la luna
    Riesco ancora a credere a qualcosa DI BUONO quando vi leggo.
    Auguri

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