Di nuovo, questa volta vicino a Palermo, l’abusivismo edilizio ha ucciso.
Ogni giorno è più chiaro che si tratta di un crimine “contro la società”. Contro la società perché quasi sempre l’abuso si realizza su terreni privati (talvolta anche pubblici come il lido del mare) consumando territorio, in un Paese dove il consumo raggiunge vertici da capogiro, come ammonisce l’Ispra, e non accenna a fermarsi. Con un danno per la collettività in termini di perdita secca di quei servizi ecosistemici essenziali per la vita.
Eppure, nonostante sia uno dei crimini più odiosi e più ingiustificati (ammesso che un reato possa essere “giustificato”), tutte le forze politiche dell’arco parlamentare lo hanno sempre colpevolmente tollerato. Come dimostra la cronologia dei condoni, reali e mancati, che si sono succeduti dalla famosa legge n. 47 del 1985 (Governo Craxi), fino all’ultimo goffo tentativo con il disegno di legge Falanga del 2017. E come non ricordare addirittura il sindaco comunista di Vittoria a guidare la marcia degli abusivi della sua città?
Sarebbe interessante comprendere le cause che rendono l’abusivismo edilizio un fenomeno tipicamente italiano (in Europa il reato è pressoché sconosciuto). Chissà se per aiutare la comprensione può essere utile un richiamo a quello ius aedificandi di latina memoria (del resto forse non è un caso che dal termine “concessione edilizia” si transiti al “permesso a costruire” in cui la presenza della mano pubblica risulta attenuata) o alla scarsa propensione per gli italiani, al Sud in particolare, per il rispetto delle regole e la tutela dei beni comuni. Il punto è che oggi come oggi non esiste una seria motivazione a sostegno dell’abusivismo e della tolleranza da parte delle pubbliche amministrazioni nei confronti degli abusivi.
L’unica motivazione per i privati è che una casa abusiva può costare anche la metà di una costruzione in regola. Basti pensare che tutta la filiera ha un prezzo ridotto: i materiali acquistati in nero, la manodopera pagata in nero, zero spese alla voce sicurezza del cantiere.
L’unica motivazione per la mano pubblica per il non facere è che una rigida politica nei confronti degli abusivi (smaltire le pratiche inevase, demolire, controllare il territorio al fine di evitare il ripetersi del crimine) costa in termini di voti. Basta ricordare il caso del sindaco di Licata, prima costretto a girare sotto scorta perché demoliva gli immobili abusivi e poi sfiduciato perché troppo impopolare.
È così che l’abusivismo è oramai diventato una immensa, maleodorante palude in cui si mescolano responsabilità private e pubbliche. Si va dal privato che ha chiesto la sanatoria del proprio abuso sulla scorta dei condoni succedutisi negli anni (l’ultimo è del 2003, targato Berlusconi) e si è trovato di fronte l’inerzia della pubblica amministrazione (si parla di cinque milioni di pratiche da smaltire per un introito mancato di ben 21,7 miliardi di euro); a coloro che neppure lo hanno richiesto; a quelle pubbliche amministrazioni che non abbattono gli immobili accertati abusivi (secondo il recente rapporto di Legambiente “Abbatti l’abuso” sono ben 71.450 gli immobili colpiti da ordinanze di demolizione, ma più dell’80 per cento delle ordinanze non è ancora stato eseguito e soltanto il tre per cento degli immobili abusivi è stato acquisito al patrimonio comunale, come previsto in via residuale dalla legge); a quelli che, approfittando dell’inerzia della mano pubblica, continuano a costruire. Secondo un recente, bel servizio RAI realizzato da Igor Staglianò su cento case realizzate oggi, in Campania e Calabria ce ne sono 64 abusive; in Sicilia 57; in Puglia 39; in Sardegna 30; nel Lazio 24.
In testa la Campania, ed è comprensibile, visto che la guida un personaggio come il governatore De Luca che è arrivato, in modo sfacciato ed arrogante, a far approvare una legge grazie alla quale gli immobili abusivi non si abbattevano più. De Luca ha giustificato il provvedimento con i costi che le demolizioni comportano, dimenticando che le demolizioni sono a carico del delinquente che ha costruito. La Corte costituzionale ha dichiarato illegittima la norma, ma il risultato è il persistente primato campano nell’abusivismo.
Il PD, a cui De Luca appartiene, sarà quel che sarà come partito ma, se guardiamo al nuovo governo, il contratto stipulato fra M5S e Lega nulla dice né sull’abusivismo edilizio né sul consumo di suolo. Cambiano i governi ma l’inerzia resta: tutto cambia perché nulla cambi.
I privati si capisce che continuino a delinquere; i vari governi sia locali che centrali si capisce che tollerino la delinquenza; ma gli enti di servizio? Sì, gli enti di servizio o enti gestori, tipo soprattutto Enel Distribuzione per quanto riguarda l’energia elettrica, e Italgas, per quanto riguarda il gas? Come è possibile che un alloggio abusivo goda delle forniture essenziali quando è stato accertato che è abusivo, posto che l’art. 48 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 prevede l’espresso divieto di somministrazione di servizi essenziali agli alloggi privi di permesso a costruire? Questo è un altro dei misteri italiani. Gli enti gestori vengono a conoscenza del fatto che un immobile è stato dichiarato abusivo? E se sì, perché non interrompono la fornitura e non asportano i gruppi di misura? Prima ancora di giungere alla demolizione, rendere l’alloggio abusivo inabitabile sarebbe comunque un piccolo risultato. Ma andrebbe in direzione esattamente opposta rispetto alla tolleranza generalizzata di cui il fenomeno dell’abusivismo gode.
Possiamo in conclusione affermare in tutta tranquillità ed altrettanta tristezza che nulla cambia e nulla cambierà.
Per quanto mi riguarda, avevo chiesto di nascere in Norvegia, ma purtroppo non sono stato accontentato.
Con un condono tutti gli edifici abusivi , diventano come quelli a norma , e quindi se succederà qualcosa di dannoso ( speriamo mai) dovremo pagare tutti noi regolari con tasse nuove . Ma è giusto???ma vale la pena stare in regola ???
almeno se la casa non è abusiva sarà ben fatta: antisismica e forse anche assicurata