Per una moneta “bene comune”

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A partire dall’ultima grande crisi finanziaria del 2007-2008 è cresciuto, sia dentro che fuori l’ambito accademico, l’interesse per la moneta e la sua fenomenologia moderna, e ovviamente per il ruolo delle banche centrali, il cui protagonismo, attualmente, è dato soprattutto dalla cosiddetta “lotta all’inflazione”, a sua volta concepita, dogmaticamente, come un fenomeno monetario. Ma la moneta, oggi, da dove viene? Sono tanti, tra gli economisti accademici e non, quelli che hanno cercato di dare risposte esaustive a questa domanda negli ultimi anni. Ci prova, riuscendovi bene, anche Enrico Grazzini nel suo Il fallimento della moneta. Banche, debito e crisi. Perché bisogna emettere una moneta pubblica libera dal debito (Fazi, 2023), indicando per di più una via d’uscita per il superamento delle attuali criticità del sistema.

Intanto, ricorda l’autore, bisogna distinguere tra banconote, riserve e moneta bancaria. Le prime due sono emesse dalle banche centrali, mentre la terza, che costituisce l’80% del denaro in circolazione, è costituito da depositi che le banche private creano erogando prestiti a cittadini e imprese. La quasi totalità del denaro in circolazione, creato dal nulla, è dunque credito delle banche e debito per chi lo riceve. Ma se il denaro può essere creato all’infinito, come mai «milioni di persone soffrono la fame perché non hanno abbastanza denaro per acquistare cibo»? Perché la distribuzione della moneta è una questione politica: attraverso di essa si cerca di regolare i conflitti sociali.

E le banche centrali? Sono essenzialmente banche delle banche commerciali. Queste ultime, in competizione tra loro, fanno credito per fare profitti, non per sostenere l’economia e finanziare valori d’uso sociali. «Non allocano nella maniera migliore le risorse monetarie, né tendono all’equilibrio», sottolinea Grazzini. Fino a quando il giocattolo non si rompe, come è accaduto con la crisi dei mutui americani. Le banche non sono di aiuto per uscire dalle crisi, piuttosto «ne costituiscono il principale fattore». Ma il money-for-profit, è la conclusione dell’autore, «comporta strutturalmente l’inasprimento delle diseguaglianze e la concentrazione della ricchezza presso l’1% della popolazione, il finanziamento delle industrie fossili oligopoliste, la pro-ciclicità del credito privato (boom and burst, prosperità e depressione), e spinge le banche – a causa della competizione spasmodica e della ricerca del massimo profitto nel più breve tempo possibile –, a finanziare soprattutto attività immobiliari e finanziarie che promettono di procurare grandi plusvalenze in tempi brevi. Da qui la tendenziale trasformazione degli istituti di credito in società finanziarie, e quindi la creazione di enormi quantità di moneta-scommessa, di capitale fittizio, ovvero la creazione di mercati puramente speculativi e fondati sul debito che mandano in rovina l’economia reale (come i derivati, le criptovalute e gli eurodollari)».

Le periodiche crisi finanziarie «sono dunque endogene» al sistema. Anche per questo è necessario cambiare la missione delle banche centrali. È il momento di ripensare alla loro “indipendenza” (che è “dipendenza” dai mercati e dagli interessi della speculazione), restituendo alla moneta una sua funzione, per così dire, “sociale”, in quanto “bene comune”.

L’ultima parte del lavoro di Enrico Grazzini è un programma di riforma del sistema monetario. Limitare i movimenti di capitale e deglobalizzare la finanza, innanzitutto. Ma il sistema monetario non dovrebbe essere monopolio dello Stato, che pure dovrebbe liberarsi dall’abbraccio mortale con i mercati, monetizzando il proprio debito (finanziamento della spesa pubblica con moneta libera dal debito). La soluzione prospettata ricalca quella del cosiddetto Chicago Plan, il piano elaborato negli anni Trenta da un gruppo di economisti dell’omonima città statunitense, tra cui Irving Fisher. Separare l’attività creditizia dalla creazione ex nihilo di moneta. Le banche per prestare il denaro devono averlo, la riserva deve essere del 100%. Mentre la creazione di moneta, libera dal debito, dovrebbe avvenire democraticamente. Le banche centrali dovrebbero essere controllate dalle associazioni dei lavoratori, degli imprenditori, dei consumatori e delle parti sociali. Dovrebbe essere la società civile a stabilire, in base ai suoi bisogni reali, la produzione e la distribuzione di moneta. Utopia? Grazzini è consapevole che qualsiasi riforma del sistema monetario è destinata a incontrare una resistenza durissima da parte dei “padroni della moneta”. Troppo alta è la posta in gioco, ci sono di mezzo interessi colossali. Ma l’alternativa è un mondo sempre sull’orlo di crisi che sfociano in catastrofi sociali. Le banche e il sistema bancario “ombra” (shadow banking) provocano le crisi, che vengono sanate dalle banche centrali portando il conto ai cittadini. È quello, ad esempio, che è accaduto in Europa con la cosiddetta “crisi dei debiti sovrani” nel 2011-2012.

Resta, nondimeno, un interrogativo. Il sistema capitalistico è, come ci hanno insegnato da Marx a Keynes, un’economia monetaria. Nondimeno, è sufficiente cambiare l’architettura del sistema monetario per rovesciarne radicalmente il segno? Le questioni affrontate nel libro di Enrico Grazzini sono di fondamentale importanza. Ma una società diversa da quella capitalistica presuppone soprattutto un cambiamento nei rapporti di produzione e la fine della separazione tra chi detiene i mezzi di produzione e chi vende la sua forza-lavoro, intellettuale o manuale che sia. E Grazzini questo aspetto non lo trascura: «Karl Marx aveva ragione: la radice delle disuguaglianze nasce dalla struttura dei rapporti produttivi e sociali e deriva essenzialmente dalla disparità di potere economico, e quindi dalla diseguaglianza crescente tra redditi di lavoro e redditi da capitale», ma «non vi è alcun dubbio che le disuguaglianze originate nell’economia reale siano enormemente amplificate dal sistema bancario e finanziario».

Gli autori

Luigi Pandolfi

Luigi Pandolfi, laureato in scienze politiche, giornalista pubblicista, scrive di politica ed economia su vari giornali, riviste e web magazine, tra cui "Il Manifesto", "Micromega", "Economia e Politica". Tra i suoi libri più recenti: "Metamorfosi del denaro" (manifestolibri, 2020).

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