Mele marce o crimini di sistema?

image_pdfimage_print

Il rischio che dalla pandemia non si uscisse con l’imperativo di un cambio di paradigma bensì di un’accelerazione del modello business as usual si sta concretizzando (https://volerelaluna.it/in-primo-piano/2020/10/20/il-covid-19-il-partito-della-crescita-e-il-nostro-futuro/). Lo si vede – come già sottolineato da Marco Revelli (https://volerelaluna.it/commenti/2021/06/01/una-ripartenza-senza-freni/) – dalle prime pagine dei giornali che riportano la notizia che a causare l’incidente della funivia del Mottarone è stata l’avidità. Perché si è voluto risparmiare in manutenzione, temendo di aggravare le perdite di incassi dovute al blocco del turismo a causa della crisi sanitaria. Sempre per una questione di guadagni criminosi, e negli stessi giorni, apprendiamo che è stato inquinato il terreno di larghe zone della pianura padana. In questo caso non c’è rimorso in chi era consapevole che il mais inquinato sarebbe stato mangiato dai bambini, come è emerso dalle intercettazioni delle telefonate intercorse tra i responsabili del disastro ecoalimentare. E, in questo caso, la pandemia non c’entra nulla. Centocinquantamila tonnellate di fanghi tossici sono stati versati nei terreni agricoli del nord Italia tra il 2018 e il 2019. Fanghi spacciati per fertilizzanti e venduti ai contadini per oltre 12 milioni di euro, guadagni cui si devono aggiungere i risparmi ottenuti dal mancato trattamento dei fanghi.

Sono due delle tante vicende di un’Italia balorda che annovera nella sua storia un lungo elenco di crimini eseguiti non da sistemi mafiosi ma da una borghesia cialtrona che sull’altare del dio denaro sacrifica tutto, ambiente e salute delle persone. In fondo, il male è più banale di quanto si pensi. Dalla “terra dei fuochi” campana, che non è solo una questione di camorra dato che vede la connivenza degli industriali del nord felici di risparmiare sui costi di smaltimento, allo scandalo dell’Ecolibarna, che, nei primi anni Ottanta, ha avvelenato le campagne del comune di Serravalle Scrivia dando vita a una terra dei fuochi piemontese, passando per il ponte Morandi (https://volerelaluna.it/in-primo-piano/2019/08/14/genova-un-ferragosto-fa-e-qualche-considerazione-per-loggi/). Queste sono vicende che, insieme alle morti sul lavoro e allo sfruttamento dei migranti in agricoltura, sono salite alla ribalta grazie a un’eco mediatica. Ma molte altre se ne verificano nel silenzio dei media.

Occorre fare alcune riflessioni su una così massiva diffusione del crimine dei colletti bianchi: industriali, imprenditori, tecnici conniventi, controllori corrotti.

La prima è che sarebbe fuorviante interpretare tale prassi criminale come caratteristica del nostro paese, poco votato a coltivare l’interesse collettivo e molto votato al perseguimento degli utili individuali. Sarebbe un errore di prospettiva perché, in realtà, il nostro paese non detiene il monopolio di una così poco lusinghiera prassi. Federico Caffè, nell’introduzione alla seconda edizione del celebre libro di James O’Connor La crisi fiscale dello Stato, notava come quell’analisi critica, sebbene calibrata sulla realtà americana, fosse esportabile anche ad altri paesi a capitalismo avanzato. O’Connor porta parecchie frecce all’arco della tesi secondo cui il welfare state era funzionale all’accumulazione capitalistica privata. Ad esempio, l’elenco di comportamenti truffaldini perpetrati a discapito del programma sanitario per i più disagiati, tenuti da strutture private che dovevano erogare servizi sanitari e che gonfiavano parcelle, effettuavano interventi chirurgici e ricoveri inutili o prescrivevano farmaci altrettanto inutili, potrebbe benissimo adattarsi alla disfunzione del sistema sanitario italiano ma, in realtà, descriveva la realtà americana.

Esclusa una tipicità italiana, la seconda riflessione impone di chiedersi se si tratti di singole azioni di mele marce in un contesto comunque sano o se, al contrario, siamo in presenza di un tessuto truffaldino legittimato da una cultura che è quella degli spiriti animali del capitalismo e della competitività spinta che impone la legge del più forte. Nonostante il welfare state, che si fondava sul compromesso keynesiano, fosse comunque basato sulla socializzazione dei costi e la privatizzazione dei profitti, come dimostra O’Connor, quella forma di Stato non era comunque più ritenuta idonea a garantire una soddisfacente accumulazione di capitale privato, per cui quel compromesso saltò. Il nuovo contratto sociale fu scritto dalla classe capitalista e sappiamo cosa ciò ha significato. L’ideologia del mercato quale entità in grado di garantire una migliore distribuzione delle risorse ha caratterizzato gli ultimi quarant’anni dei paesi a capitalismo avanzato e non solo. I risultati più eclatanti sono stati un’accelerazione della devastazione ambientale e della disuguaglianza, all’interno e tra i paesi, e della concentrazione dei capitali. Il che significa che è stata intrapresa una direzione non proprio nel senso di una realizzazione di un libero mercato concorrenziale. Ciononostante, una vera e propria acculturazione, a favore dello spirito concorrenziale come mantra per uno sviluppo progressivo portatore di benessere, è stata subita dalla società nel suo complesso, sia a livello individuale che istituzionale.

Persino per far ripartire il paese dopo la pandemia si inneggia alla concorrenza e alla competitività, termini ricorrenti nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (https://volerelaluna.it/in-primo-piano/2021/04/30/primo-maggio-2021-la-solitudine-dei-lavoratori/). Non si riflette che la competizione, mutuata dal modello delle gare sportive, non fa crescere il collettivo ma solo gli individui, sacrificando la maggioranza per premiare una piccola minoranza di fortunati o capaci o ben inseriti nel sistema relazionale (https://volerelaluna.it/commenti/2021/04/28/piano-di-ripresa-e-resilienza-una-nuova-fregatura/). Quello che non si considera nelle riflessioni politico economiche è che tra le gare sportive e la competizione sociale c’è la stessa differenza che c’è tra il gioco del Risiko e un conflitto bellico reale. La competizione sfrenata non fa prigionieri e richiede un atteggiamento aggressivo e impavido, che spinge a ignorare leggi che per molti imprenditori costituiscono solo lacci che frenano la libera impresa, anche se concernono la salvaguardia delle vite umane. E non si può ignorare che da un clima culturale egemonico discendono poi azioni che di quel clima rappresentano il portato.

Chissà se coloro che hanno ideato i titoli dei giornali, il giorno dopo la notizia della manomissione dolosa del freno della funivia, titoli che additavano la causa della tragedia alla sete di profitto e all’avidità, si sono resi conto del messaggio che stavano veicolando. Ad ogni modo se ne sono accorti quelli del il Foglio che, il giorno successivo, hanno schierato una serie di articoli in difesa del capitalismo e contro gli sciacalli dell’anticapitalismo. Una riflessione a sangue freddo tesa a correggere l’impulsività che invece, dettata dall’indignazione, ha fatto gridare che il re è nudo. E chissà se a qualcuno è venuta in mente quella frase di Boris Johnson che, riferita ai vaccini, esaltava l’avidità capitalistica: in fondo il successo nella campagna di vaccinazione, secondo il premier inglese, è dovuta al capitalismo, è dovuta all’avidità, amici miei (https://volerelaluna.it/commenti/2021/04/18/da-johnson-a-draghi-il-trionfo-dellavidita/).

Gli autori

Fabrizio Venafro

Fabrizio Venafro, laureato in scienze politiche, studia la società contemporanea sotto il profilo socio economico, con taglio interdisciplinare.

Guarda gli altri post di:

4 Comments on “Mele marce o crimini di sistema?”

  1. Solo una piccola correzione sui fanghi tossici che non vengono venduti ai contadini, bensì questi ultimi vengono pagati per consentire lo spargimento sui campi, ovviamente molto meno di quanto costerebbe il reale trattamento.

  2. Commento: Siamo veramente nei guai perché i cittadini di questa società hanno sviluppato al massimo grado lo spirito di adattamento e il capitalismo catastrofico si giova oltremodo dell’andazzo che consegue. Alle gerarchie del potere corrispondono modalità diverse ma tutti ci adattiamo alla situazione e non ci accorgiamo nemmeno di aver perduto quel libero arbitrio che unito alla coscienza avrebbe dovuto portarci al progresso. Stiamo regredendo paurosamente. Riporto le conclusioni di From scritte quando imperversava la guerra fredda fra Stati Uniti e Unione Sovietica.
    “L’uomo d’oggi è posto di fronte alla scelta più decisiva: non quella tra capitalismo o comunismo, ma quella tra robotismo (sia del tipo capitalistico sia di quello comunista) o socialismo umanista comunitario. Molti fatti sembrano indicare che egli sta scegliendo il robotismo e ciò a lungo andare, significa pazzia e distruzione. Ma tutti questi fatti non sono abbastanza forti da distruggere la fede nella ragione, nella buona volontà e nella sanità dell’uomo. Fino a che possiamo pensare ad altre alternative non siamo perduti; fino a che possiamo consultarci assieme e decidere assieme, possiamo sperare. Ma in realtà le ombre si allungano e le voci della pazzia stanno diventando più forti. Siamo prossimi a porre in atto un tipo di umanità che corrisponde alla visione dei nostri grandi maestri e tuttavia ci sovrasta il pericolo della distruzione di tutta la civiltà o della robotizzazione. Questa tragica alternativa può essere evitata solamente istaurando il socialismo umanistico, vale a dire l’inserimento dell’umanesimo nella società industriale.”
    Quale scelta terribile abbiamo fatto! Quanto male abbiamo vissuto e quanto peggio continuiamo a vivere! Ci siamo adattati troppo a questa società per sperare di poterla cambiare. E ci illudiamo di accorgimenti di adattamento perché oramai abbiamo perso le capacità che una volta ci rendevano uomini. Secondo me alla radice di questo terribile problema sta anche la verità inoppugnabile che tutte le espressioni di vita sono naturalmente predisposte all’adattamento all’ambiente in cui vivono ma gli uomini invece di adattarsi all’ambiente naturale mentre da una parte cercano in tutti i modi di adattare l’ambiente alle proprie comodità invece che alle proprie necessità dall’altra parte si sono costituiti in una società di con potere diseguale per cui la élite dei privilegiati spinge ad ottenere per se sempre maggiori comodità a discapito sia dell’ambiente naturale che delle classi meno potenti.

  3. Secondo me alla radice di questo terribile problema sta anche la verità inoppugnabile che tutte le espressioni di vita sono naturalmente predisposte all’adattamento all’ambiente in cui vivono ma gli uomini invece di adattarsi all’ambiente naturale mentre da una parte cercano in tutti i modi di adattare l’ambiente alle proprie comodità invece che alle proprie necessità dall’altra parte si sono costituiti in una società di con potere diseguale per cui la élite dei privilegiati spinge ad ottenere per se sempre maggiori comodità a discapito sia dell’ambiente naturale che delle classi meno potenti.

  4. l individualismo sfrenato é diventato il leit motiv di questa italia sgangherata.

    maleducazione imperante, insofferenza verso qualsiasi regola o legge. l evasione fiscale diventa quasi un diritto, ne é la prova la richiesta a gran voce della rottamazione delle cartelle esattoriali, considerate quasi un crimine di stato, quando in realta si riferiscono ad accertamenti di tasse evase e dunque dovute. incompetenza, superficialitá, tuttologi ovunque.

    il codice della strada, le distanze di sicurezza un assurditá.
    portare la mascherina, per caritá! non serve (e il virus non esiste).
    mettere il guinzaglio al cane? a che serve, é bravissimo (il doberman).
    mettere a posto i freni della funivia? ma va la, “non succede nulla”, e poi mica possiamo tener fermo tutto 3 giorni.

    sembrera un accostamento forzato, eppure il background culturale é esattamente lo stesso. l insofferenza, la totale indifferenza verso gli altri, i loro diritti (fra cui la sicurezza), e i rischi che altri corrono (il cane che puo mordere un bambino), la massimizzazione dei propri egoismi, dei propri utili.

    la tragedia della funivia non é una tragedia isolata, é la punta di un iceberg che si continua a ingigantirsi sotto il pelo dell acqua.

    il ponte morandi era la stessa cosa, controllori che pur sapendo si sono girati dall altra parte per anni.
    le operazioni in cliniche private per interventi inventati tanto per vendere protesi.
    le mascherine non filtranti vendute comunque, pur sapendo di mettere a rischio la vita di milioni di persone.
    e si potrebbe fare un elenco lungo pagine.

    il vero dramma nel dramma é che le persone che fanno il proprio dovere, che fanno i controlli con serieta e applicano le leggi, sono sistematicamente allontanate, demansionate, svantaggiate o peggio.

    fanno un errore imperdonabile che in italia non é permesso: dar fastidio, rovinare i giochi.

    compreso chi fa la multa per un eccesso di velocita, un rompiscatole. se poi per eccesso di velocita ci scappa il morto per eccesso di velocita, tutti a piangere, una disgrazia. una fatalitá.

Comments are closed.