La follia di non avere un’imposta patrimoniale

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1.

Prima della pandemia eravamo sottoposti alle regole del Patto di Stabilità europeo. Senza entrare in dettagli, esso ci imponeva di usare ogni anno il 3% (circa) del PIL per rimborsare il debito pubblico, in aggiunta a un altro 3% (circa) per pagare gli interessi relativi. Dal momento che ciò era impossibile, ogni anno veniva concessa un’esenzione, con varie giustificazioni. Vi ricordate le Clausole di Salvaguardia sull’IVA, che scattavano sempre l’anno prossimo?

A molti economisti, me incluso, sembra chiaro che non si può tornare alle politiche follemente recessive di prima dell’epidemia. Ma se è vero che c’era della follia nel far calare il PIL per far calare il rapporto debito/PIL ‒ essendo il PIL il denominatore ‒ è anche vero che c’era della logica in quella follia, e non poca. Infatti con la nascita dell’euro si era creato un incentivo a emettere debito a dismisura, dato che la solidità cui guardavano i mercati finanziari non era più quella della moneta nazionale ma quella dell’euro, e che l’inflazione attesa era più bassa, essendo scomparso il rischio di svalutazioni competitive; e quindi gli interessi da pagare erano più bassi. C’era il pericolo di una corsa all’emissione di debito che avrebbe danneggiato tutti. La logica del Patto di Stabilità era allora «se un paese vuole espandere la sua spesa, deve ricorrere al debito solo entro certi limiti; e se va oltre questi limiti deve rientrarci, operando sui suoi cittadini. Come, è affar suo». E venivano previste sanzioni in caso di inadempienza. Si può discutere, e molto si è discusso, sul modo (spesso molto balordo) in cui tutto ciò è stato implementato, ma di per sé l’idea era sensata. Il guaio è che un po’ in tutti i paesi, ma soprattutto in Italia (e in Grecia: si legga cosa scrive Varoufakis in Adulti nella stanza, o si guardi il film che ne ha tratto Costa Gavras, che in Italia non è uscito nelle sale), alla frase precedente è stato aggiunto «fermo restando, naturalmente, che non si possono tassare i ricchi».

Personalmente sono convinto che buona parte del debito andrebbe cancellata. Per fare un esempio (ma non è il solo), andrebbero cancellate le varie centinaia di miliardi di debito detenute dalla Banca d’Italia, che sono un debito che i cittadini hanno con sé stessi. Ma non è di questo che voglio parlare. Come dicevo, c’è una logica nel patto di stabilità. Per motivi economici sarebbe giusto cancellare i debiti, ma la logica che sta alla base del Patto di Stabilità è appunto logica, e come tale viene presentata agli elettori di altri paesi, in particolare a quelli tedeschi; ed è sostenuta dai regolamenti europei, per dissennati che siano. È probabile quindi che ci verrà chiesto, sperabilmente in forma attenuata, di contribuire alla riduzione del nostro debito; ed è praticamente certo che dovremo comunque pagare interessi più alti di quelli attuali.

2.

Vengo allora al punto fondamentale. Sarebbe bene che queste spese venissero pagate in accordo con l’art. 53 della Costituzione, anziché in contrasto con esso, come finora è avvenuto. L’art. 53 stabilisce che «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva». Qualsiasi studente di legge vi potrà dire che la “capacità contributiva” è costituita dal reddito e dalla ricchezza, e qualsiasi studioso di storia del diritto (per esempio Francesco Pallante, nel suo ottimo Elogio delle tasse) vi potrà dire che usando quella espressione i Padri Costituenti intendevano proprio dire che bisogna adottare un mix di imposte sul reddito e sulla ricchezza tale da garantire (secondo comma dell’art. 53) che «il sistema tributario sia informato a criteri di progressività».

I grandi patrimoni finanziari (ma anche immobiliari) si sono formati perlopiù con redditi da capitale, che non sono tassati in modo progressivo ma in modo proporzionale, e con un’aliquota molto inferiore a quella massima dell’imposta sui redditi non da capitale (26% contro 43%). Quindi non c’è nessun motivo per cui i patrimoni dei ricchi non debbano essere tassati. Tassare i ricchi con un’imposta patrimoniale non solo non è ingiusto, è addirittura quanto ci viene chiesto dalla nostra Costituzione.

Ma è sensato dal punto di vista economico? Assolutamente sì. Come dicevo più sopra, è auspicabile che non si debba pagare ogni anno il 6% del Pil come rimborso e servizio del debito. Ma quand’anche si dovesse farlo, quel 6% del PIL equivale all’1% circa ‒ avete letto bene, uno percento ‒ della ricchezza degli italiani, e a poco più del 2% della sola ricchezza finanziaria. Entrambe sono molto concentrate, e quindi il gettito potrebbe essere ottenuto con aliquote appena leggermente più alte di quelle citate per i ricchi e una quota esente, tale da esonerare completamente il 60-70% delle famiglie. Uno dei motivi per cui si è ritenuto di abbassare le imposte sul reddito è che i redditi possono fuggire all’estero, e quindi tassare di più i redditi più elevati sarebbe impossibile. Si può dubitare che sia davvero così; ma comunque la ricchezza finanziaria non può farlo, a meno che non si cambi cittadinanza, e quella immobiliare nemmeno in tal caso.

Il 6% del PIL sono circa 100 miliardi (al 2019). Come abbiamo visto, l’Europa non ci ha obbligati a pagarli. Ci ha solo obbligati a qualcosa di meno grave, ma di più grottesco: fare comunque delle politiche di austerità in modo da potere giustificare l’assenza di sanzioni. Non abbiamo quindi risparmiato 100 miliardi, ma “soltanto” 70-80 circa. Pensate a quante cose si sarebbero potute fare negli anni scorsi con questa somma in più ogni anno. E pensate a quante cose si potranno fare dopo l’epidemia se si deciderà di introdurre un’imposta patrimoniale. Anche solo del 5 per mille: sarebbero già 50 miliardi. Sembra folle che invece di ricorrere a un’imposta patrimoniale, che darebbe un gettito elevato anche esentando la famosa “classe media” e con aliquote molto basse per i più ricchi, si sia preferito ridurre il numero di dipendenti pubblici (che oggi sono scandalosamente pochi), ridurre le spese per il welfare e per l’istruzione eccetera. E sembra ancora più folle pensare che a ciò si tornerà quando l’Europa ci chiederà di pagare qualche conto. Talmente folle che non può trattarsi di un errore. È una follia in cui c’è molta logica.

Quale è questa logica? Ci sono molti fattori implicati. Ma credo che il principale non sia la volontà di non pagare le tasse. Forse Ebenezer Scrooge si rifiuterebbe di pagare lo 0.5% della sua ricchezza finanziaria per avere in cambio servizi migliori per il popolo e in generale un paese più civile, ma non credo che questo sia il caso di Del Vecchio o Ferrero. Penso che i veri ostacoli nascano da chi preferisce che l’economia italiana vada male. Se bisogna usare i soldi per pagare i debiti non ce ne saranno per le scuole e gli ospedali, che “bisognerà” privatizzare ulteriormente. Se l’economia va male i lavoratori sono più ricattabili. Se le imprese sono in difficoltà si aprono praterie per la corruzione e per l’usura.

La conclusione che traggo da tutto ciò è che oggi la questione dell’imposta patrimoniale (che a mio avviso dovrebbe riguardare la sola ricchezza finanziaria, ma questo è un aspetto tecnico) è la vera discriminante fra sinistra e destra. La scusa addotta da molti che si dicono di sinistra per avallare le politiche recessive degli ultimi anni è stata: «i soldi non ci sono, perché ce lo chiede l’Europa». Invece ci sono, basta volerli prendere. Se vogliamo evitare che a furia di dare la colpa all’Europa (che peraltro ne ha molta) Salvini ci porti fuori dalla medesima, bisogna cominciare da qui.

Gli autori

Guido Ortona

Guido Ortona, economista, è stato professore di Politica economica presso l’Università del Piemonte orientale. Le sue ricerche hanno riguardato soprattutto le economie di tipo sovietico, l’economia del lavoro e l’economia comportamentale. Tra i suoi libri, da ultimo, I buoni del tesoro contro i cattivi del tesoro (Robin, 2016)

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4 Comments on “La follia di non avere un’imposta patrimoniale”

  1. fin quando i capitali sono liberi di circolare indisturbati in tutto il mondo é difficile una
    patrimoniale. basta un click e i capitali sono dall altra parte del mondo.

    in questo paese perfino gli immobili che per definizione sono immobili e quindi facilmente individuabili e difficile nasconderli, in realta sfuggono al fisco.

    l imu, introdotta in altra situazione di emergenza per salvare l italia dal baratro – questo ci fu raccontato per convincerci della bontá dei tagli e delle nuove tasse e dei pesanti tagli pensionistici – in realta colpisce solo le classi medie e le attivita produttive. la progressivita della tassazione rimane lettera morta e si trasforma in tassazione regressiva: oltre un certo livello non paghi nemmeno un euro.

    perche? pochi sanno che un comma del decreto che istituisce l imu seconde case (firmato dalla stessa persona che voleva risanare l italia…) ESENTA gli immobili di proprieta di societa di diritto estero. quindi chi ha tanti immobili li intesta a una societa lussemburghese e l imu non la paga. poi non paghera nemmeno le imposte di successione, ovvio.

    inoltre, grazie allo stesso decreto, per gli immobili situati all estero, l imu si calcola sul costo di acquisto (non rivalutato!): per assurdo se ho un castello acquistato dai miei antenati per 10.000 dollari, l imu si calcola su questo importo. se il valore adesso é cento volte volte di piu non importa: grazie a questa norma chi ha un castello paga meno tasse di chi ha un posto macchina in periferia.

    questa é la progressivita delle imposte sugli immobili in italia.

    basterebbe cancellare questi commi “salva italia” per ristabilire un minimo di giustizia fiscale.

  2. QUALE BASE IMPONIBILE PER LA PATRIMONIALE ?
    Sull’ultimo numero del Giornale dell’Ingegnere (n.2-2021, edizione Torino, pag. 34) viene affrontata una questione propedeutica all’imposizione di un’eventuale patrimoniale alla ricchezza posseduta dalle famiglie italiane.
    https://www.ording.torino.it/area-media/il-giornale-dellingegnere
    In sintesi. La ricchezza delle famiglie italiane ammonta a circa 10 mila miliardi di euro, dove oltre il 50% è costituito da immobili per uso residenziale. Il valore del patrimonio immobiliare è però stimato sulla base dei valori di mercato, che statisticamente nel 2019 equivale ad una plusvalenza di 3402 miliardi di euro rispetto al valore catastale di 2883 miliardi. La questione fondamentale è che questa plusvalenza mercato-catasto del 118% non vale dappertutto e per tutte le unità abitative.
    Ad esempio, per i comuni capoluogo delle 14 città metropolitane italiane, la plusvalenza media più alta è uguale al 203%, la più bassa è quella di Torino pari al 22,7%. Se poi si passa dalla media comunale alle micro zone omogenee, istituite alla fine del secolo scorso, si scopre che ad esempio che a Torino esistono più zone in minusvalenza e una zona con una plusvalenza superiore alla media nazionale.
    Bisognerebbe infine riflettere sul fatto che l’iniquita degli attuali valori catastali ha un impatto sui tributi già esistenti, cosi come sul calcolo dell’ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente), ossia del principale parametro parametro che consente alle famiglie l’accesso a bonus e/o agevolazioni.

  3. Premetto che sono d’accordo ad una tassazione patrimoniale ma osservo in questo articolo tanta approssimazione e sciatteria. Lo scrivente è stato per tutta la vita Professore, va bene (si fa per dire…).”E pensate a quante cose si potranno fare dopo l’epidemia se si deciderà di introdurre un’imposta patrimoniale. Anche solo del 5 per mille: sarebbero già 50 miliardi”.
    Dimentica che ce n’è già una del 2 per mille, dunque la proposta è alzarla al 7 per mille? Tanto per chiarezza e per non buttare cifre a casaccio.”… la questione dell’imposta patrimoniale (che a mio avviso dovrebbe riguardare la sola ricchezza finanziaria, ma questo è un aspetto tecnico)”
    Perchè deve riguardare la sola ricchezza finanziaria? In ogni caso sulla ricchezza immobiliare c’è l’Imu al 10,6 per mille. Senza voli pindarici o visioni ideologiche e tenendo conto della difficoltà di “aggredire” tutti i patrimoni, ritengo che sarebbe auspicabile reintrodurre l’Imu sulla prima casa (con franchigia per immobili popolari ed economici e per immobili gravati ancora del mutuo e quindi non di proprietà piena). Inoltre sarebbe equo introdurre una sorta di progressività: alleggerire il 10,6 per mille su seconde case “uniche” magari invendibili e alzare l’aliquota per chi di case ne ha 5/10/20/30 e, tra l’altro, usufruisce della cedolare secca per il reddito di locazione. E, ovviamente, riordinare le Rendite catastali.Sui patrimoni finanziari si potrebbe rendere progressivo l’attuale 2 per mille e/o prevedere una patrimoniale “una tantum” volta all’abbattimento del debito. Altro che non pagare il debito, occorre ridurlo (attraverso la crescita) per pagare meno interessi e dunque disporre di più risorse. Vi sono dunque varie azioni fattibili e concrete, raccomandate anche dall’Europa (sì, i cattivi…).La prima parte dell’articolo, infine, è illeggibile e imbarazzante, very Varoufakis style. Segnalo solo che i dipendenti pubblici sono mal distribuiti, vi sono carenze di organico drammatiche in alcuni ambiti e esuberi in altri. E un deficit clamoroso di produttività e competenze. A Torino, città in tremendo declino i  miseri  800 mila abitanti (calo di quasi il 30% in 40 anni)  si devono far carico degli stessi chilometri di vie pubbliche di prima, dello stesso verde pubblico etc. e  quindi, ineluttabilmente, la città andrà in dissesto. A Torino, dicevo, la prima azienda è il nostro amato Municipio, quasi 8 mila dipendenti. Escluse le partecipate, la pro-quota di dipendenti Regionali e Statali etc. Sempre a Torino,in Barriera di Milano, vi sono alloggi che hanno subìto pesanti minusvalenze tanto per rimanere nel tema. Ma cosa vi parlo di Barriera di Milano, lei e Revelli non ci passate neanche per sbaglio. 

  4. Difficile fare una disamina precisa ed equilibrata su come quanto debbano essere tassati i patrimoni. Tante le variabili e tante le considerazioni, compreso il sempreverde discorso che chi ha un patrimonio nel proprio portafogli è perché ha guadagnato e su quello che ha guadagnato ci ha pagato le tasse (in teoria, almeno). Una cosa ceh invece condivido in pieno è che un’eventuale patrimoniale dovrebbe tarttare solo ed esclusivamente la ricchezza finanziaria, ovvero quella che non produce gettito fiscale già per il solo fatto di esistere. Il nodo al pettine è che la ricchezza finanziaria potrebbe scappare facilmente all’estero ed è quella che più piace agli straricchi delal terra ed alle istituzioni finanziarie per eccellenza, le intoccabili (intoccabili non come i paria, bensì pittosto come le divinità). I patrimoni non finanziari infatti, ovvero aziende e soprattutto gli immobili, già pagano per il fatto di esistere. Le prime inoltre, ricaricano i costi di aggiuntivi (anche quell fiscali) o sul costo del prodotto o del servizio finito o irsparmiando da qualche altra parte, come ad esempio sul costo dei lavoratori o sulla sicurezza. Gli esempi non mancano. Non è così che si migliora la situazione. Gli immobili invece, soprattutto le case di abitazione, sono i più grandi produttori di reddito e di gettito fiscale tra tutti i patrimoni. Pagano imposte per essere costruiti (progettisti, costruttori e fornitori con irpef, previdenza e IVA, oneri di urbanizzazione), pagano imposte e tasse sulal loro manutenzione straordinaria e ordinaria, pagano imposte e IVA per i loro consumi. Se lo compri poi ci sono anche mediazione e imposta di registro (spesso salatissima). Basta fare due conti con carta e penna e vedere quanto incassa l’erario se si ristruttura una casa (non parlo di nuove costruzioni, ce ne sono già troppe) con 100mila euro: geometra, materiali edili, tecnici, operai… Più o meno la metà si trasforma da sterile denaro liquido in produzione materiali, lavoro, previdenza e imposte. Chi compra un titolo di stato, azioni o obbligazioni quanto contribuisce alle entrate dell’erario e a dare lavoro? Anzi, un titolo di stato aumenta il debito pubblico ed è premiato. Quindi esorto a dimenticarsi una volta per sempre la folle idea di infierire ancora su di un settore che per decenni ha rappresentato non solo il risparmio per eccellenza delgi italiani, ma anche un produttore principe di gettito fiscale per l’erario. A maggior ragione oggi, dove avere un appartamento sfitto può rappresentare un costo insostenibile e un cespite inalienabile soprattutto nelle città come Torino e Genova dove in 40 anni la popolazione è scesa drasticamente, nelle zone di ex vileggiatura con più case che abitanti e nelle aree ex industrializzate abbandonate. Restano le finanziarie che investono nel mattone, quelle che non sono fallite trascinando i risparmiatori nel post 2007-2008: tassiamo le loro proprietà? Nessun problema, aumenteranno gli affitti. Ho fatto per dieci anni il mediatore immobiliare e ho visto una continua crescita degli immobili da demolire, soprattutto produttivi, ma anche alberghi regalati al comune pur di liberarsene, capannoni scoperchiati, condomini abbandonati passati a collabente… Stiamoci attenti alle case: se una volta colpendo una casa colpivi un ricco, ora non è più sempre così. Anzi, sempre più raramente. Ed in più mortifichi il gettito fiscale intrinseco di un settore che ne produce molto.

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