Anche questo Governo impoverisce il lavoro: lo denunciano gli ultimi dati sui working poors. Poveri nonostante lo stipendio. Secondo i dati Eurostat, circa 12 lavoratori italiani su 100 sono a rischio povertà nonostante percepiscano uno stipendio. Si tratta dell’11,7% della forza lavoro, una percentuale ben al di sopra della media Ue, che è del 9,6%.
Una vera e propria bomba sociale che va disinnescata e che rischia di determinare un conflitto intergenerazionale senza precedenti. Bisogna infatti mettere in campo risposte adeguate anche per quei 3 milioni di Neet (ragazzi disoccupati che non studiano, non fanno formazione e non cercano il lavoro) che rappresentano una vergogna inaccettabile per un paese che vuole definirsi libero e democratico, e una priorità ineludibile per chiunque voglia governare con l’obiettivo di migliorare le condizioni sociali e lavorative del paese. Offrire un lavoro dignitoso e condizioni di lavoro adeguate richiede un cambio di rotta sulle politiche lavorative, industriali, energetiche e sociali.
I dati Istat sbandierati in questi giorni che parlano di un aumento degli occupati e del calo di uno 0,2 della disoccupazione sono sicuramente sul piano contabile un fatto positivo. Però, a ben guardare i dati, incrociandoli con quanto emerge da studi e ricerche sulla qualità del nostro lavoro, sull’aumento senza precedenti dei working poors e dei Neet, scopriamo che la situazione è ben diversa da quella descritta dal due volte ministro e capo politico del M5S, Luigi Di Maio. Nonostante i toni trionfalistici del ministro, le disuguaglianze nel nostro Paese continuano a crescere e il lavoro è di pessima qualità, intermittente e precario, con pochissime garanzie e con salari tra i peggiori d’Europa. Due decimali in più di occupati non corrispondono a due decimali in più di lavoratori che ricevono finalmente un giusto salario e adeguate garanzie come prevedono leggi e trattati internazionali. Proprio quelle leggi continuamente ignorate dagli stessi ministri che fanno della legalità securitaria la loro stella polare quando si tratta di applicare banalmente la legge del più forte ma che si girano invece dall’altra parte quando le leggi garantiscono la giustizia sociale e ambientale.
I tagli ai servizi sociali, alla sanità, all’istruzione, l’assenza di investimenti del Governo su una nuova base produttiva, la mancanza di politiche industriali ed energetiche che rispondano alla necessità di mettere insieme il diritto al lavoro con il diritto alla salute, i limiti del cosiddetto reddito di cittadinanza varato dal governo ben lontano da una vera misura di sostegno al reddito come prevista dall’Europa nei cosiddetti “Social Pillar” – pilastri sociali ‒, le politiche fiscali regressive, la forza crescente delle mafie e i loro legami sempre più stretti con il potere economico e finanziario, spiegano la crescita del numero dei lavoratori poveri in Italia, con buona pace di quanti ancora una volta festeggiano alla faccia di chi sta male e non riesce ad arrivare a fine mese.
Il decreto “antiprocedura Ue” velocemente varato dal Governo, con il quale vengono bloccati 7,5 miliardi per far calare di qualche decimale il nostro deficit, dimostra infatti come il Governo non stia confliggendo con l’Europa dell’austerità e delle banche, non stia lavorando per un cambio delle regole e delle politiche di austerità, ma nella realtà vi si adegui pienamente.
Ministro Di Maio, eviti brutte figure come ha fatto in passato affacciandosi dal balcone per dirci che la povertà è stata abolita. Ma soprattutto la smetta di umiliare con i suoi toni semplicistici, paternalistici e trionfalistici quanti continuano a essere sfruttati, precari e costretti a una vita di stenti da politiche sbagliate ed escludenti fondate sul liberismo economico e l’austerità che il suo Governo, purtroppo, ben rappresentano.
Un ultimo appello lo rivolgiamo ai padri di famiglia impegnati ad augurarsi lo stupro per quelli che, come la comandante della Sea Watch, decidono di far prevalere la legge del diritto della vita alla vita. In questi giorni il Governo ha tagliato 4 miliardi all’istruzione pubblica, tra questi sicuramente ad essere colpiti ci saranno anche i vostri figli. Cooperare tra chi è in difficoltà è l’unica strada che abbiamo per individuare i veri responsabili della crisi e cambiare la nostra condizione. La pancia usatela per mangiare e digerire. Torniamo a usare la testa e il cuore per pensare e per capire chi davvero ci rappresenta.
L’articolo è stato pubblicato anche su “Il Manifesto” del 6 luglio
Direi che questo articolo si potrebbe intitolare:”Quando il pre-giudizio ideologico rende ciechi”.
Ed è proprio questo il difetto e il problema enorme della cosiddetta “sinistra” odierna italiana.
De Marzo dov’era quando i governi di centrosinistra guidati da Prodi, Amato ecc., già negli anni 90, destrutturavano, deregolamentavano e precarizzavano il mercato del lavoro con i contratti co.co.co, co.co.pro.?
De Marzo dov’era quando i governi di centrosinistra, sempre negli anni 90, distruggevano il collocamento pubblico con l’istituzione delle agenzie private?
De Marzo dov’era quando il centrosinistra fece passare la legge Biagi che aumentò a dismisura i contratti precari atipici istituendo perfino i contratti a chiamata?
E dov’era quando i governi di centrosinistra distruggevano il sistema pensionistico pubblico a vantaggio delle assicurazioni private per poi arrivare alla Fornero?
Dov’era quando i governi di centrosinistra distruggevano il servizio sanitario pubblico a vantaggio di quello privato?
Dov’era quando il centrosinistra privatizzava e svendeva tutto quello che si poteva privatizzare o svendere di pubblico in nome di un fanatico e ideologico iperliberismo ?
Certo, rimediare a tutte queste nefandezze perpetrate dal centrosinistra negli ultimi 25 anni è un impresa non da poco…
Ma attaccare questo governo che, invece, a fatica sta cercando di mettere qualche toppa a questo immane disastro sociale della “sinistra” mi sembra un’operazione meschina e indegna.
Sapere poi che tale articolo sia stato pubblicato dal Manifesto “quotidiano comunista” mi fa solo vomitare.
E’ proprio il caso di parafrasare Primo Levi e chiedersi “Se questa è la sinistra?”.
Saluti comunisti