Alla fine degli anni novanta mi sono trovato in ukraina a dirigere la Skyryanik un’azienda nel settore conciario. Il Paese stava uscendo con grande difficoltà dall’arretratezza culturale e materiale che il regime sovietico gli aveva lasciato in eredità, le tracce di questae difficoltà, si trovavano anche negli aspetti più banali della vita quotidiana.
L’ufficio contabilità della Skyryanik era composto da una quindicina di persone che registravano la vita economica dell’azienda manualmente, usando dei moduli in carta copiativa in triplice copia, (la triplice copia, la madre di tutte le burocrazie!!!).
I fogli copiativi riempivano i cestini dei rifiuti, continue discussioni sull’interpretazione dei dati riportati, le mani imbrattate delle contabili tracciavano il loro passaggio,il disordine e l’incuria lasciavano senza fiato.
Per le comunicazioni interne usavano il ciclostile, vederlo girare, mi fece una certa tenerezza, mi riportò alla mia giovinezza e agli anni infuocati del 68, quando il ciclostile fu il veicolo delle “parole d’ordine” degli slogan che animarono quegli anni dissennati.
Informatizzando il sitema, cinque persone sarebbero state più che sufficenti, con un netto miglioramento dell’efficienza. Naturalmente bisognava trovare i computer (in cirillico) e chi li sapeva programmare… i sovietici nutrivano un forte sospetto verso i sistemi informatizzati in quanto rappresentavano un’idea di partecipazione orizzontale, antitetica al principio di verticalità su cui si fondava lo statalismo sovietico.
Alla fine tre pc fecero la loro apparizione negli uffici della Skyryanik, l’ostilità fu subito palpabile, neanche un moto di curiosità, le tre scatole di plastica erano il segno della diversità, del nuovo che arriva senza essere stato invitato.
Fu trovato anche un genialoide per farle funzionare, si mise in piedi un programma adatto al fabbisogno. E venne il gran giorno dell’istallazione
Il personale dell’ufficio schierato davanti ai nuovi totem, il tecnico schiaccia il pulsante dell’avviamento ma nulla succede, i monitor rimangono ciechi, il tecnico comincia ad affacendarsi, schiaccia tasti, toglie e mette spine, ma niente, i pc guardavano il loro pubblico facendo scena muta… Intanto dagli spettatori si levava un mormorio di scherno per l’insuccesso della rappresentazione tecnologica.
Accomiatato il pubblico i pc furono smontati e fu subito evidente che erano stati sabotati con un acido fortemente corrosivo.
Avevamo dei luddisti, anzi delle luddiste alla contabiltà della Skiryany, forse nel gesto c’era qualcosa di più di un senso di ribellione contro la tecnologia: dopo cinquant’anni di letargo sovietico un improvviso risveglio, con un futuro indecifrabile, la perdita di contatto con il cordone ombelicale che li aveva nutriti fino allora.
A vent’anni di distanza e per sentieri diversi , anch’ io, strattonato dal nuovo che avanza, sento il dolore del cordone che si stacca, la mia linfa era il mondo delle ideologie, quelle chiese ottocentesche, che ci riparavano, ci riempivano la bocca di parole, adesso siamo muti.
Tornando alle contabili della Skiryanyk, il progresso ha abbassato la sua scure, chissà dove sono finite le luddiste… qualcuna sarà con ogni probabilità in Italia a badare qualche vegliardo, lasciando figli e mariti al proprio destino.
In ogni parte del mondo l’informatica sta sostituendo l’uomo. Non è più il problema “luddista” di superamento da parte della macchina della professionalità umana, siamo alla realizzazione di funzioni che nascono già per un sistema inumano, in cui l’uomo non è calcolato. L’uomo sta in fondo a un processo che gli offre dei servizi molte volte non richiesti, ma utili al sistema delle macchine per giustificarsi.
Questo processo di alienazione, sostituzione, ci sta marginalizzando, sia sul piano sociale che economico.
Cosa ne sarà della società umana, se gli uomini non saranno più in grado di alimentare il sistema di sicurezza sociale su cui sono state fondate le società novecentesche? Se i mezzi che avremo saranno solo per la sopravvivenza? Con tutti questi nuovi contratti che si preoccupano di creare un’economia “sufficiente” per chi è disperato, ma non alimentano il patto di “sicurezza sociale“ essendo praticamente detassati.
Si tratta di palliativi del breve periodo, ma se ciò diventerà la quotidianità, non si vede il futuro della società per quello che la intendiamo oggi, si intravede una selva dove ognuno lotterà per la sua sopravvivenza.
Bisogna trovare le risorse per ridare il senso di “società” e “umanità” al nostro mondo.
Perché non tassiamo ”L’INFORMATICA” tutto quel mondo che va dall’hard al soft (sembra di parlare di film porno) alle app? È un universo di trilioni di dollari che sta risucchiando i consumi tradizionali, quelli legati alle produzioni umane, il vestire, il mangiare, lo svago ecc. Già tassiamo consumi vitali come quelli “energetici” paghiamo tasse su tutto ciò che compriamo “iva” .
Tassiamo computer, telefonini, internet e col ricavato finanziamo un fondo sociale di “umanità”.
Se qualcosa non verrà fatto succederà quello che gli scrittori di “fantascienza” hanno già predetto: la rivolta degli uomini contro le “macchine”, e d’altro canto per un uomo disperato (dopo aver tagliato teste ai re) cosa sarà mai tagliare un cavo!?!
Gli autori
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One Comment on “Difendersi dal ragno informatico”
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La lettura di questa narrazione porta, chi decide di leggerla, verso una conclusione [sul tema del suo titolo: Difendersi dal ragno informatico] che, pensando ai miei nipoti, non mi sento di condividere.
Come si potrebbe partire da una narrazione come questa per arrivare a un dialogo sulla possibilità di una diversa conclusione?
Sarebbero disponibili il narratore e la redazione di questo sito ad andare oltre la pubblicazione del commento di un lettore, intervenendo sul contenuto del commento?
Per me [sperando di non essere ancora solo] l’esperienza qui descritta è leggibile come la conseguenza di un errore di politica aziendale, verificatosi durante gli anni ottanta, che una politica governativa ha scelto di assecondare, all’inizio degli anni novanta.
Per dimostrarlo si potrebbe “risalire” – dal punto di vista di una risorsa umana – all’evidenziazione del come l’industria informatica europea non abbia potuto cogliere l’opportunità di appropiarsi di tutte le opportunità offerte dall’informatica degli anni ottanta, ignorando l’esistenza di una politica d’uso delle sue risorse che permette di prevenire il rischio di finire vittime di ragni informatici.
Non si può farlo con un racconto. Occorre un dialogo, finalizzato alla ricerca di una conclusione alternativa a quella qui suggerita: tassare l’informatica.